Si può portare il cappello in chiesa? Cosa dice la tradizione
Una domanda che può sembrare futile, ma è una mia curiosità. È consentito in Chiesa tenere il cappello durante la Messa? Ci sono prescrizioni che lo vietano? C’è una differenza in questo tra uomini e donne? Più in generale, ci sono accorgimenti particolari da rispettare nell’abbigliamento?
Fiammetta Fiori
Risponde padre Francesco Romano, docente di Diritto canonico
La pratica di coprirsi il capo per pregare e profetizzare delle donne cristiane ha il suo fondamento nella Prima lettera ai Corinzi di san Paolo: «voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo, e capo di Cristo è Dio. Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra. […] Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso lasciarsi crescere i capelli, mentre è una gloria per la donna lasciarli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo» (1 Cor. 2-15).
Quando san Paolo dispose che le donne portassero il velo nella Prima lettera ai Corinzi, che fu indirizzata a tutti i Cristiani ovunque si trovassero, le donne greche pagane del luogo non indossavano coperture del capo; in questo modo, la pratica cristiana della copertura del capo era considerata anticulturale al tempo degli Apostoli, essendo una disposizione biblica piuttosto che una tradizione culturale.
Nella Chiesa primitiva, secondo il costante insegnamento dei Padri della Chiesa, le donne abitualmente coprivano il capo con un velo di tessuto e questa pratica si è protratta per secoli.
A questo riguardo Tertulliano scrive: «le Chiese che erano state fondate dagli Apostoli insistevano che sia le donne sposate che quelle vergini portassero il velo. In tutta la Grecia e in alcune delle province barbare, la maggior parte delle Chiese volevano che le loro vergini si coprissero il capo. In effetti, questa pratica era seguita in alcuni paesi africani. Quindi non attribuiamo questo costume solo ai Gentili greci e ai barbari. Per di più, io desidero sottolineare che i modelli di queste Chiese erano stati fondati o da apostoli o da uomini apostolici. […] Gli stessi Corinzi lo [San Paolo] capivano parlare in questo modo. Da questo preciso giorno i Corinzi velarono le loro vergini. Quello che gli apostoli insegnavano, i discepoli degli apostoli confermavano». (Tertulliano, La velatura delle vergini dei Padri Ante-Nicene, Vol. 4, pp. 27-29, 33).
I primi cristiani in Europa, Medio Oriente, Nordafrica o Estremo Oriente praticavano le disposizioni della Prima lettera ai Corinzi, gli uomini pregavano a capo scoperto e le donne a capo velato. I reperti archeologici, i dipinti del secondo e del terzo secolo rinvenuti nelle catacombe e in altri luoghi rappresentano donne cristiane che pregano con un velo di tessuto in testa.
Anche le Costituzioni Apostoliche del IV secolo disponevano espressamente che le donne dovessero avere il capo coperto in chiesa.
Le evidenze storiche rivelano che le prime generazioni di credenti compresero che la copertura del capo delle donne doveva essere un velo di tessuto e non lunghi capelli. Le donne che non volevano seguire gli insegnamenti di Paolo non ritenevano che questi parlasse di capelli lunghi, come indicava Tertulliano. Esse si limitavano a indossare un piccolo copricapo come minimo gesto di obbedienza ai suoi insegnamenti. Nessuno, nella Chiesa primitiva, sostenne che le istruzioni di Paolo fossero delle mere concessioni alla cultura greca. Le istruzioni di Paolo erano anti culturali e dimostrano che furono una prova del coraggio e dell’onestà dell’Apostolo delle Genti. Paolo insegna che per una donna andare senza la copertura del capo significa una perdita di dignità, potere e grazia, che Dio ha dato alle donne. L’idea che una donna che getta via la copertura del proprio capo, getta via la propria dignità, esprime in san Paolo una verità morale.
Nella maggior parte delle religioni, per l’uomo è consuetudine togliersi il cappello in chiesa come segno di umiltà e rispetto verso Dio e per il luogo di culto.
Dopo la riforma conciliare non troviamo, almeno in modo esplicito, regole di comportamento, anche se in numerosi luoghi sacri è frequente il richiamo a un atteggiamento decoroso soprattutto nell’abbigliamento. Di solito si tratta di norme emanate dal vescovo diocesano per la sua circoscrizione a seconda delle esigenze del luogo.
San Paolo esorta le donne a vestirsi «in modo decoroso», con «verecondia e modestia» e a contrastare il modo di vestire indecoroso con le buone opere dei veri adoratori di Dio (cf. 1 Tim 2, 9-10). Il senso del decoro dovrebbe essere avvertito non solo quando si entra in chiesa e vale per tutti, uomini e donne.
Una persona devota, e non solo una donna, dovrebbe cercare di orientare il proprio comportamento secondo una prospettiva divina, attenta alla sua gloria. Se una persona, soprattutto se donna, si professa cristiana, ma usa un abbigliamento da attrarre in modo provocatorio l’attenzione sul suo corpo, non rende una buona testimonianza del Signore, dimenticando che il suo corpo è stato redento da Cristo e adesso è il tempio dello Spirito Santo (cf. 1 Cor 6, 19-20) fino a essere occasione di peccato da parte di coloro che con bramosia ne restano attratti, come insegna l’evangelista Matteo (Mt 5, 27-29) e il libro dei Proverbi (Pr 7, 10). Il decoro nel vestirsi rivela la modestia e la devozione del cuore di chi vive per compiacere e onorare Dio e non esaltare il proprio ego.