Cultura & Società

San Francesco, il più italiano dei santi

Il 4 ottobre festeggiamo la festa di san Francesco di Assisi, patrono d’Italia dal 1939.

Papa Pio XII riconobbe al poverello di Assisi di essere il più italiano dei santi, in quanto uno dei padri della nostra lingua, e il più santo degli italiani, per via della devozione che gli è rivolta. Guardando questo santo popolare e la sua esperienza di vita, può essere ancora attuale il messaggio dell’assisiate? Può aiutarci a vivere e non sopravvivere in questo mondo, in questi tempi? Sì, direi di sì! Dalle biografie raccolte (il libro si chiama Fonti Francescane = FF) sulla vita e gli scritti di Francesco d’Assisi si può dire che egli fu fratello di tutti, soprattutto per le persone in difficoltà, cioè i poveri. «Egli venerava i prelati e i sacerdoti della santa Chiesa, rendeva onore ai signori, ai nobili e ai ricchi, ma amava profondamente i poveri, partecipando con tenerezza alle loro sofferenze e mostrandosi soggetto a tutti». (FF 1467) E lo faceva perché voleva imitare in tutto il Signore Gesù, che lo aveva chiamato a vivere e a costruire il Regno dei Cieli. Un Regno che è fatto di relazioni (non materialità), di affetto verso il prossimo (rimuovendo la mentalità dell’utile), di fraternità (tutti insieme, fratelli di un unico Padre). Nella società di Francesco, la guerra tra la Chiesa e l’Impero aveva diviso gli uomini, pochi erano i ricchi e moltissimi erano i poveri: chi viveva nella ricchezza scendeva a compromessi e accettava scandali, pur di rimanere ricco, invece i poveri cercavano solo di vivere per «andare avanti» quanto potevano.
Francesco d’Assisi, contrariamente, fece una scelta di diversa: capì che essere poveri è essere liberi! Lui voleva vivere con la mente e col cuore libero: libero da compromessi, scandali, arrivismi, schiavitù, carriere, soldi, dalla vanità. Libero dal mondo per guardarne la sua bellezza, per vivere bene il proprio tempo, la propria vita. Da ricco che era ebbe «un cambiamento miracoloso (…) quanto perfettamente ormai Francesco si era spogliato dell’uomo vecchio e si era trasformato nell’uomo nuovo». (FF 1099) Aveva scelto… non si era fatto scegliere! Non ha vissuto la sua esperienza isolandosi dal mondo, o mettendosi a criticare e giudicare le persone e le proprie realtà; non ha cercato un’altra Chiesa, non ha fondato un altro cristianesimo. Lui si è fatto guidare dallo Spirito del Dio Altissimo: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli». (Mt 11,25)
Papa Francesco, ispirandosi al Poverello di Assisi, ha scritto nel 2015 un’enciclica, la Laudato Si’, per evidenziare i problemi che abbiamo creato nella natura, dono di Dio per gli uomini, e invita a camminare insieme nelle soluzioni ai problemi ambientali che viviamo, senza abbandonare le persone che sempre di più si impoveriscono a causa dei disastri ambientali. È un’enciclica che chiede a tutti gli uomini di questa terra, di curare questo mondo (senza cercarne o costruirne un altro): «non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto». (Laudato si’ 205) In un’altra enciclica, la «Fratelli tutti» (del 2020) il Papa ha detto che Francesco d’Assisi estese la fraternità non solamente agli esseri umani – e in particolare agli abbandonati, ai malati, agli scarti, agli ultimi, andando oltre le distanze di origine, nazionalità, colore o religione – ma anche al sole, al mare e al vento. (cfr nn. 1-3)
Lo sguardo del santo era globale, universale. Occorre riscoprire questa capacità di sguardo globale nello spirito di fraternità evangelica. Scrive il direttore di Civiltà Cattolica, Antonio Spadaro: «La fraternità fu ripresa nel motto della Rivoluzione Francese, ma l’ordine postrivoluzionario ha poi abbandonato fino alla sua cancellazione dal lessico politico-economico. Ed è stata sostituita con quella più debole di solidarietà. Ha scritto papa Francesco in un suo messaggio: «Mentre la solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare eguali, la fraternità è quello che consente agli eguali di essere persone diverse. Il riconoscimento della fratellanza cambia la prospettiva, la capovolge e diventa un forte messaggio dal valore politico: tutti siamo fratelli, e quindi tutti siamo cittadini con uguali diritti e doveri, sotto la cui ombra tutti godono della giustizia» (Quaderno 4088/2020).
Francesco è un santo che mette tutti d’accordo, parla una lingua universale e che vive la sua avventura terrena in un periodo fatto di libertà e di rinnovamento. Francesco è un rivoluzionario. Cambia l’Italia e il mondo con le armi dell’amore e dell’umiltà. Molla tutto per essere coerente con il Vangelo di Cristo. E oggi ci insegna a essere uomini di coesione, di unità partendo proprio dalle peculiarità di ciascuno di noi. Francesco d’Assisi è rimasto nel Vangelo della vita, fu «araldo-messaggero» di Cristo e la sua libertà interiore e la sua povertà sono diventate ricchezza per tutti. La più potente rivoluzione è sempre quella interiore: egli ha vissuto per conquistare sé stesso, non il mondo e la sua vanità, senza armi e compromessi; solo con la Parola di Dio e il soffio dello Spirito Santo. Pace e bene!