Toscana

Sanità toscana/9: Nascere in Toscana? «Sicuro». Ma le piccole maternità rischiano

Nascere in Toscana? «È sempre più sicuro» ha sottolineato recentemente l’assessore regionale al diritto alla salute Daniela Scaramuccia. «Negli ultimi dieci anni – ha continuato – il rapporto di nati-mortalità (il numero di nati morti su 1.000 nati vivi) si è ridotto dal 3,6 al 2,5 per mille. Tanto è stato fatto per migliorare il percorso nascita, ma tanto ancora si può fare per migliorare qualità e sicurezza dei punti nascita».

Daniela Scaramuccia ha indicato i settori su cui ancora si può e si deve lavorare: partoanalgesia, diagnosi perinatale, rete della specialistica pediatrica, consultori. «Per la partoanalgesia – ha detto – ci sono possibilità che allargano le risposte rispetto all’approccio tradizionale. Ci sono esperienze, attualmente in sperimentazione nella nostra regione, che sembrano offrire opportunità interessanti e sicuramente meno impegnative per la donna e per le organizzazioni, sia di tipo farmacologico che nell’ambito della medicina non convenzionale. Questo può consentirci di raggiungere un obiettivo sicuramente ambizioso come quello di offrire la possibilità del parto senza dolore, con diverse modalità, in tutti i punti nascita. Quanto alla diagnosi prenatale – ha proseguito l’assessore – la Toscana si sta muovendo come avanguardia nazionale per la sperimentazione di nuovi protocolli, che prevedono l’integrazione degli screening ecografici con la diagnosi citogenetica, tutto questo rispettando logiche di qualità e affidabilità, attraverso l’integrazione tra servizi di diagnosi prenatale e genetica medica».

Tutto ciò deve però fare i conti con la razionalizzione della spesa. E poi c’è anche un problema di sicurezza. Sempre più spesso le mamme preferiscono rivolgersi alle grandi maternità, quelle di livello 2 avanzato o 3 (le aziende ospedaliere), dove esistono attrezzature ed equipe in grado di affrontare ogni emergenza. Il centro nascite di Pontremoli ne ha già fatto le spese: nel febbraio scorso è stato chiuso. Ma in Toscana, secondo il piano nazionale di riorganizzazione, sarebbero altri 5 (su 26) i centri interessati secondo i dati sulle nascite (sotto 500) del 2009: Volterra, Portoferraio, Bibbiena, Piombino, Barga.

Proprio pochi giorni fa l’aula del Consiglio regionale ha respinto la mozione presentata da Jacopo Ferri (Pdl) per riaprire il punto nascita di Pontremoli. Hanno votato contro Pd, Idv e Fed.Sinistra-Verdi. La mozione, illustrata dallo stesso consigliere, era stata presentata prima della chiusura. Ferri ha illustrato all’aula gli emendamenti con i quali si è attualizzato il testo, che ha chiesto all’assessore Scaramuccia di dare «precise disposizioni perché il punto nascite dell’ospedale di Pontremoli sia riaperto, mantenuto e potenziato, così come sia mantenuto e potenziato quello di Bibbiena e con esso altri punti nascita ad oggi operativi in Toscana». «Continueremo a lottare – ha assicurato Ferri -: le difficoltà ci sono davvero ed è impossibile accettare una decisione che tiene conto del diverso peso politico di Bibbiena rispetto a Pontremoli».

Dal consigliere quindi l’invito al Consiglio per dare «un indirizzo alla Giunta» contro «una decisione che penalizza pesantemente un territorio, a differenza di quanto si è deciso per altri luoghi dove pure, ugualmente, c’è un numero di nascite inferiore ai parametri definiti in sede di conferenza Stato Regioni». Loris Rossetti (Pd) ha ricordato che il reparto, a Pontremoli, «non aveva le caratteristiche di sicurezza richieste dai protocolli». Vincenzo Ceccarelli (Pd) ha ricordato la differenza tra il punto nascita di Bibbiena e quello di Pontremoli, denunciando «un parallelo che non ha ragione di essere». A distinguere le due situazioni, secondo il consigliere, i numeri delle nascite (le fughe da Pontremoli), le condizioni di sicurezza e anche i problemi legati al territorio, primo tra tutti le condizioni di viabilità.

Per Paolo Marini (Fed.Sin-Verdi) «c’è un problema vero, e riguarda i piccoli ospedali. Bisogna che la commissione sanità se ne occupi» e i consiglieri di Massa Carrara «si devono far carico dell’insufficienza della rete ospedaliera in Garfagnana». Dario Locci (Gruppo Misto) ha ricordato i casi della Val di Chiana e Val Tiberina, dove si è deciso di chiudere i punti nascita, per sottolineare come «ne vada dell’identità della popolazione» e come «si debba discutere dei principi su cui basare l’assetto della sanità».

Il presidente della commissione sanità, Marco Remaschi (Pd), ha chiarito che «quando si fanno delle scelte ci sono sempre delle valutazioni da fare». Quelle in sanità debbono essere legate anche «a costi, risorse e sicurezza. Si devono fare scelte coraggiose ma di buon senso, non si può fare tutto da tutte le parti».

S.P.

La schedaPunto nascita di 1° livello – Unità di assistenza per gravidanze e neonati fisiologici, nelle quali avvengono non meno di 500 parti per anno, organicamente collegate con unità di 2° e 3° livello

Punto nascita di 2° livello – Unità funzionali perinatale con un numero di parti superiore a 1000/anno, in grado di assistere gravidanze e parti a rischio, nonché tutti i nati con patologia, che non richiedono ricovero presso il 3° livello di cura. Nel 2° livello si configurano le cosiddette cure intermedie o subintensive.

Punto nascita di 3° livello – Centri che espletano, oltre alle attività di 1° e di 2° livello, funzioni regionali di cure intensive per un bacino di utenza di circa 6000 parti/anno. Sono presidi accreditati secondo criteri di disponibilità di alta tecnologia, elevata specialità organizzativa e professionale medico-infermieristica, dove dovranno essere previste unità di terapia intensiva e subintensiva ostetrico-ginecologica ed unità di terapia intensiva e subintensiva neonatale in numero razionalmente individuato tenendo conto degli standard italiani ed europei, pubblicati da varie agenzie ministeriali e società scientifiche ufficialmente riconosciute.

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