Prato

Se la parrocchia non è autosufficiente

Gli obiettivi su cui puntare sono condivisi e chiari – missionarietà, carità, giovani, famiglie e anziani – ma il punto nodale del prossimo piano pastorale diocesano non sarà semplicemente il traguardo verso cui camminare, bensì lo stile che si deve avere nell’intraprendere questo percorso. «Collaborazione», è questa la parola più usata e invocata nel corso del Consiglio pastorale diocesano straordinario che si è tenuto lunedì scorso, 22 giugno, a Villa del Palco. L’incontro è stato convocato proprio per tracciare le rotte del nuovo anno pastorale che come sempre iniziarà a settembre con il Convegno diocesano, tradizionale appuntamento di presentazione del cammino chela Chiesapratese percorrerà fino al 2016, e anche oltre.

«L’anno che ci aspetta, secondo la tripartizione che ci siamo dati tre anni fa, – ha detto il vescovo Franco – sarà quello dell’agire, che arriva dopo le due fasi del vedere e del valutare». Andare, camminare, essere presenti in una società in continua trasformazione che nonostante tutto ha bisogno chela Chiesarappresenti un punto di riferimento per tutti, credenti e non credenti. Per essere al passo con i tempi, ma soprattutto per essere efficaci nella nostra azione, occorre «una maggiore collaborazione tra le parrocchie», hanno detto a gran voce i laici e i sacerdoti del Consiglio pastorale. Anche se sono stati espressi dubbi sulla validità di creare anche a Prato, come avviene ormai in molte grandi città del nord Italia, le cosiddette «unità pastorali», ovvero le unioni di più parrocchie vicine territorialmente guidate da uno o più parroci coordinatori. Perplessità che sono emerse anche nei questionari compilati nelle comunità parrocchiali pratesi nel corso dell’anno. Ma allo stesso tempo si è concordato su una frase pronunciata da mons. Santino Brunetti: «La parrocchia non è sufficiente a se stessa». Nessuna esclusa, comprese le più grandi e attrezzate. E allora come superare questa situazione? «In primis con gli uffici diocesani, – hanno detto in molti – che devono essere presenti e a supporto delle parrocchie, specialmente di quelle più deboli». E poi con la condivisione e l’apertura all’esterno di quelle esperienze positive che ci sono nelle varie realtà parrocchiali. «L’appartenenza territoriale è superata nei fatti», hanno detto altri, «non è un peccato mortale se qualcuno si sposta nella chiesa vicina se questa offre qualcosa di cui si ha bisogno ma che invece non c’è nella propria comunità di appartenenza». «A patto che – hanno ribadito altri interventi – non si entri nella logica della “parrocchia supermercato”, dove il fedele cerca la via più facile e conveniente». In questo caso serve uniformità tra le parrocchie, un primo passo, insieme a quello della collaborazione, per tentare la sfida delle unità pastorali, che comunque sono viste come una tappa obbligata in un futuro, più o meno prossimo, che dovrà fare i conti con la diminuzione del clero.

Tornando al ruolo degli uffici, da più parti è stato dichiarato che serve maggiore integrazione tra le varie azioni e attività pastorali a livello diocesano e anche una maggiore programmazione unitaria, anche grazie a riunioni periodiche tra i vari responsabili.

«Lavorare insieme è difficile ma necessario», ha affermato monsignor Agostinelli, che adesso insieme alla presidenza del Consiglio pastorale, avrà il compito di fare sintesi tra le varie proposte emerse. Infine il Vescovo ha puntato l’accento su un’altra esigenza – «che ho riscontrato anche nel corso della visita pastorale nelle varie parrocchie» – ovvero quella della «formazione permanente». «Una esigenza – ha osservato mons. Agostinelli – sentita da molti. Facciamo tesoro delle esperienze positive che già esistono, come i gruppi del Vangelo che ci sono in alcune delle nostre parrocchie, e allarghiamo queste possibilità. Prendiamo esempio anche dai movimenti, che offrono ai propri seguaci un cammino continuativo», ha concluso il Vescovo.