Lettere in redazione

Se nella vita a parte l’auto tutto il resto può aspettare

Gentile direttore, vi seguo con stima e affetto da diversi anni e credo sia per questo che mi è venuto naturale chiederle di condividere con gli amici lettori una riflessione sulla pubblicità della Renault in onda in questo periodo. Non è certo una novità che il corpo della donna venga utilizzato in pubblicità di automobili e in atmosfere più o meno sensuali. Qualche tempo fa ne circolava una nella quale solo per aver dato un piccolo calcetto alla ruota, quasi uno buffetto di apprezzamento, l’amico si vedeva restituito dal proprietario-donna un sonoro calcio negli stinchi. I commenti sono superflui.

Mi pare, però, che la recente pubblicità della Renault sia andata ancora oltre, aggredendo un altro valore importantissimo. Dopo il valore del corpo, e del corpo della donna in particolare, e quello del rapporto con le persone e con le cose, siamo arrivati a sconfinare nel valore dell’accoglienza della vita. Una coppia giovane, ma non giovanissima, sta visitando un appartamento per farne la propria abitazione. Lei introduce la sua idea circa una certa cameretta; momento di panico di lui (reazione «tipica»); esternazione di lei che propone di buttare giù il muro per realizzare non certo una camera più grande, bensì (udite, udite!) una grande cabina armadio; sospiro di sollievo di lui e partenza insieme su di un’auto nuova di zecca con slogan che recita «tutto il resto può aspettare». Beh, mi pare che il messaggio sia chiaro. Se prima almeno la donna richiamava a quel sano senso di responsabilità che quanto meno lo scorrere della vita ci impone, adesso anche lei si abbandona al desiderio di una cabina armadio anziché un normale armadio, senz’altro sufficiente a un normale ricambio stagionale. Dopo un bel po’ di vestiti ben conservati bisogna avere una bella auto frizzante. I due devono avere un buon lavoro stabile per permettersi di mettere su casa, avere un guardaroba ben fornito e un’auto nuova, tutte cose con le quali magari fare una vita non proprio casalinga. Tutto il resto, ovvero sostanzialmente solo il diventare genitori, può aspettare. Anche qui i commenti sono superflui. Mi si dirà che sono un po’ esagerata, che si voleva sdrammatizzare, smitizzare. Forse. O forse stiamo perseverando su una strada che ci ha già lasciato molto più tristi?

Maria Domenica CirielloFirenze

Carissima Maria Domenica, innanzitutto grazie per la stima e l’affetto. Ci fa davvero piacere. Per il resto non posso che condividere tutto quello che scrive a proposito della pubblicità e in particolare di questa della Renault, che non è la prima volta che picchia su questo tasto. Noi cattolici passiamo spesso per bacchettoni, seriosi, noiosi, incapaci di capire l’ironia…. In realtà noi ci preoccupiamo perché alla fine tutto fa mentalità. Batti e ribatti sul possesso di beni come fonte di felicità (e più sono lussuosi più si è felici), batti e ribatti sui figli come accessorio secondario si arriva dove siamo arrivati, compresa la drammatica crisi demografica. Certamente non c’è solo la pubblicità: c’è molto altro. Ma per dirla con Totò (visto che ci chiedono di essere ironici): «È la somma che fa il totale!».

Andrea Fagioli