Cultura & Società
Siena: è il giorno del Palio dell’Assunta
Rito civile e religioso, celebrazione storica e scontro contemporaneo, tutto è pronto per l’evento di oggi alle 19

Oggi è giorno del Palio dell’Assunta. Ma a Siena è Palio tutto l’anno. L’adagio, ripetuto a iosa, richiede un pizzico di spiegazione. In effetti le diatribe in tema di Palio danno luogo con strepitosa frequenza a discorsi, allusioni, aspettative, recriminazione, beffe che insorgono in ogni stagione. Il fatto è che il Palio, malgrado sia una festa inserita nel calendario degli appuntamenti mediatici più rovistati e discussi non è un evento – parolaccia ormai dilagante – racchiuso in una fase limitata di tempo. Il miracolo del Palio è che, pur non essendo più quello di una volta, con i suoi bizzarri misteri, i fantasiosi trucchi, le passioni smodate, scatena ricordi e disamine che le tecnologie spettacolarizzanti e le cadenze da agonismo sportivo non hanno cancellato. È un rito religioso e una celebrazione civica, evocazione storica e contesa attuale. Immerso in una selva di protocolli ministeriali e regolamenti comunali, affronta procedure di scelta dei cavalli sottoposti ad una protezione sempre più scrupolosa, problemi di sicurezza e litigiosa giuridicizzazione nel soppesare comportamenti e deliberare punizioni.
È diventato un rompicapo da amministrare, almeno per chi ha responsabilità organizzative e di oculata gestione. E il fulcro dell’imponente macchina – la carriera che si sfrena nel Campo: non dite giostra! – ha conquistato il primo piano assoluto. Nella ricezione di molti si identifica con il Palio, che è entrato nella Modernità , nell’ippica professionale, come era inevitabile, ma forse con spensierata disinvoltura. Mentre la sua bellezza è lo stridore fra antico e moderno, fra mutevole tradizione e accorte innovazioni, tra norme sancite e trasgressioni tollerate. Riflessioni queste che provengono soprattutto da chi ha vissuto il Palio fin da ragazzo e ora non può far a meno di avvertire nodi di nostalgia, di misurare i suoi anni con il Palio così com’è.
Oggi dunque si corre il Palio dedicato all’Assunta, come la Cattedrale. E anche all’Anno Santo in corso secondo un’annosa consuetudine che ne accresce le sacre risonanze. Leocorno, Onda, Civetta e Valdimontone son le quattro Contrade estratte a sorte che si disputeranno il Palio: ad esse vanno aggiunte Pantera, Tartuca, Drago, Bruco, Giraffa e Aquila, che corrono di diritto perché assenti nella corsa dall’anno passato. I Capitani che le guidano sono stati d’accordo nel confermare quale mossiere Renato Bircolotti, già impegnato nel difficile ruolo lo scorso 3 luglio. E non se la cavò magnificamente. Già tra queste smilze righe il lettore pignolo registrerà l’affiorare di interrogativi non banali. Le Contrade sorteggiate sono una in più del consueto, perché la Torre ha subito una squalifica di due Palii. Il Palio delle carte bollate è sempre più invadente: in questo assomiglia all’Italia di oggi. Le scorrettezze e gli screzi si moltiplicano.
Alla cosiddetta giustizia paliesca che sorveglia quanto accade nel dipanarsi della celebrazione ed eroga provvedimenti punitivi con l’ottica della “responsabilità oggettiva” – che chiama in causa la Contrada di appartenenza dei singoli – si è aggiunta da poco la giustizia ordinaria, che considera la festa senza chiudere un occhio davanti alla sua vitale eccezionalità. Un gruppo di contradaioli è stato punito perché negli “affrontamenti” tra schiere rivali sono stati ravvisati eccessi inaccettabili. È facile capire quanto sia complicato stabilire un netto confine tra forme di violenza: energia dimostrativa o aggressivi attacchi?
Sulla carta le rivalità in questa edizione sono ridotte al minimo, tranne che per Pantera vs Aquila e Leocorno vs Civetta. Ma la diplomazia di una volta, accompagnata da leali alleanze o ruvidi contrasti, si è molo stemperata. Il gioco è in mano ai fantini che a loro volta scelgono il barbero che più loro aggrada o perché di una scuderia familiare o perché più adatto al proprio stile.
Son centosette, così per ridere, i soggetti ammessi alle previsite dai veterinari incaricati dal Comune: una cifra esorbitante. Ne saranno individuati una trentina, da mettere alla prova per poi disporre dei dieci da assegnare in sorte alle Contrade. Spiccano vecchie conoscenze: Anda e Bola, Benitos (di Dario Colagé, il Bufera), Diodoro, che ha trionfato a luglio per l’Oca. E i fantini che si son conquistati un potere crescente, da servi a padroni? Su tutti eccelle Giovanni Atzeni detto Tittia, un quarantenne di stupenda maestria, già vincitore di undici palii. Nato in Germania da padre sardo colà emigrato e da mamma tedesca impersona razionalità e eleganza. Poiché le rivalità tra fantini son divenute assai maliziose e puntute, quasi un sistema parallelo a quello dei “monti” – cioè di gruppi di Contrade alleate –, hanno circolato dicerie su patti tra fantini in barba alle accese ostilità dei rioni. Ora il mobile individualismo prevale, proprio come in politica. Tittia potrebbe contare – si dice – su Brigante, Grandine e Turbine, nomignoli che sono un programma. Jonatan Bartoletti (Scompiglio), Giuseppe Zedde (Gingillo), Dino Pes (Velluto) salvaguardano una mobile “indipendenza”. Il re è certo, sudditi smaccati non ne esistono. Tittia è lemma del dialetto sardo vagamente onomatopeico: vuol dire “che freddo!”, si battono i denti. Il calore della Contrada allontana i sacrifici di un mestiere duro: «Sono molto felice, ma non mi fermo».
Il Palio ha sprigionato e sprigiona un’attrazione calamitante. Nessuno tra chi ha assistito ai focosi duelli è restato indifferente. A Henry James, l’autore che più di ogni altro è penetrato nella mentalità senese, capitò di assistere ad un Palio dal balcone di palazzo Chigi-Zondadari, e percepì la focosità di una rappresentazione criard, cioè urlata, fragorosa: una «grande festa chiassosa, infiammata di un’allegria esuberante, che simula ferocia, se pure non la pratica, e che costituisce l’orgoglio annuale della città» (1909). Uno spettatore italiano dallo sguardo disincantato, Guido Piovene , ne privilegiò (1957) i fattori politici e civici: «Il Palio è una vera guerra simbolica, in cui alla vittoria concorrono la forza, la diplomazia e la ricchezza».
Ieri durante la prova della mattina, la contrada del Bruco – con il fantino Mattia Chiavassa detto Tambani sul cavallo Diamante Grigio – ha vinto la prova generale. Buona la partenza di Leocorno e Drago ma è stata l’Aquila a prendere la prima posizione all’altezza della curva di San Martino; all’inizio del secondo giro la Giraffa è andata in testa fino al sopraggiungere, all’inizio del terzo giro, del Bruco che ha poi concluso vittorioso la corsa.
Da registrare due cambi di monta nella Tartuca e nel Bruco: Antonio Siri detto Amsicora è salito al posto di Francesco Cersosimo su Entu de P. Ulpu e Mattia Chiavassa detto Tambani al posto di Carlo Sanna detto Brigante su Diamante Grigio. La prova generale, come da tradizione, è stato preceduto dalla sfilata di un drappello di carabinieri a cavallo.
Oggi, sabato 16 agosto, alle ore 19 è prevista l’uscita dei 10 fantini a cavallo che per le rispettive contrade si contenderanno il Palio dipinto da Francesco De Grandi.