Cultura & Società

Storia di Chiara, dal mostro dell’anoressia alla voglia di vivere

 Oggi Chiara ha 17 anni e frequenta il quarto anno del liceo classico, ma la sua battaglia non è ancora finita. «Tutto è iniziato due anni fa, nel gennaio 2020 – spiega –. Volevo perdere giusto qualche chilo, niente di particolare, e così ho iniziato una di quelle tante diete “fai da te”». Effettivamente quei pochi chili Chiara è riuscita a perderli, ma all’improvviso non le bastava più. «Mi sono resa conto velocemente che avevo un problema e che il mio rapporto con il cibo ormai non era più sano. Inizialmente avere il controllo su tutto ciò che mangiavo mi dava sicurezza e forza e non mi rendevo conto che mi stavo consumando dentro – continua –. A dire la verità, quel controllo che pensavo di avere era soltanto un’illusione perché in realtà mi stavo davvero autodistruggendo. Avevo sempre il pensiero fisso del cibo, contavo sistematicamente le calorie, cercavo di bruciare più grassi possibile facendo allenamenti stremanti, mi sentivo in colpa ad avere fame: questa è l’anoressia. E no, essere malati di anoressia non significa voler essere magri per avere un bell’aspetto, è qualcosa di molto più complesso che nasce da dentro. Piano piano, senza che me ne accorgessi, un mostro terribile si è insinuato nella mia mente. Se mi sono ammalata di anoressia è perché non stavo bene con me stessa, perché sentivo di non essere abbastanza, perché avere il controllo era l’unica cosa di cui avessi davvero bisogno». Poi la pandemia, il lockdown e le cose certo non sono andate a migliorare, anzi. «Chiedere aiuto non è stato facile – dice Chiara –, soprattutto perché i primi tempi tendevo sempre a sottovalutare la situazione in cui mi trovavo, credendo di potercela fare da sola». Passano i mesi e il mostro di Chiara si prende sempre più spazio nella sua vita, fino a che le condizioni diventano insostenibili. «Solamente a ottobre 2020, quando non solo io ma anche la mia famiglia si è resa conto della gravità della situazione, ho deciso di farmi aiutare da una struttura qualificata, il presidio ospedaliero Piero Palagi, nella parte di ambulatorio che si occupa dei disturbi del comportamento alimentare». La strada però è ancora lunga e il percorso molto in salita: per Chiara è necessario il ricovero. «È stato durante il ricovero che ho seriamente capito di dovermi fidare degli altri. In quei tre mesi in ospedale ho avuto alti e bassi, ma ho maturato la consapevolezza che non sarei riuscita a farcela da sola – racconta –. Ho accettato persino il sondino, pur di poter ritornare a vivere. Oggi ringrazio tanto quel reparto di neuropsichiatria infantile del Meyer, perché mi ha davvero restituito la speranza». Nella vita, ci sono cose che spesso non sono solo cose, ma sono luoghi e persone che spingono ognuno di noi a essere la versione migliore di se stesso. Chiara ha avuto la fortuna di incontrarle e la motivazione necessaria per zittire la malattia e far parlare quella vocina che le diceva “tu puoi farcela”. E Chiara ce la sta facendo, anche se non è stato per niente facile. «Quando sono tornata a scuola è stato molto difficile perché avevo una paura matta di essere giudicata. I Disturbi del comportamento alimentare purtroppo sono ancora molto spesso considerati nella mentalità comune dei capricci e non vere e proprie malattie. Durante questi due anni mi è capitato di venir giudicata per quello che ho passato e alcune persone mi hanno dimostrato di non capire o di sottovalutare il problema. A tutti coloro che stanno combattendo contro una malattia alimentare voglio dire questo: chiedete aiuto, fatelo sempre. Continuate a chiederlo anche quando vi sembrerà di star meglio perché si sa, prevenire è meglio che curare. Non abbiate paura, lasciatevi aiutare. Non c’è cosa più bella di tornare ad avere una speranza di vivere e non solo di sopravvivere». «Oggi, dopo due anni e un ricovero ospedaliero, sto ancora combattendo ogni giorno contro questo mostro. Ma finalmente posso dire di avere gli strumenti per poter lottare: non mi sento più sola perché ho accanto a me professionisti specializzati e una famiglia presente che mi ama. Oggi, nonostante sia difficile, nonostante abbia sempre la tentazione di mollare e scegliere la strada più semplice, io sono ancora qui che vado avanti. Oggi non ho ancora perso la forza e non ho intenzione di perderla mai. In questo momento ho solo un grande sogno nel cassetto, un grande desiderio che brucia ardentemente nel mio cuore e nella mia testa: guarire. Semplicemente guarire, per sempre».