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Terra Santa: attacchi al villaggio cristiano di Taybeh
In una dichiarazione diffusa ieri, 8 luglio, i sacerdoti delle Chiese di Taybeh – latina, greco-cattolica melchita e greco-ortodossa – lanciano un forte appello alla comunità internazionale perché impedisca i crescenti e ripetuti attacchi condotti impunemente dai coloni israeliani contro terreni, i luoghi sacri e le proprietà della città

Una dura e ferma condanna dei ripetuti e gravi attacchi contro il villaggio cristiano di Taybeh arriva dai sacerdoti delle tre comunità cristiane locali, la greco-ortodossa, la greco-cattolica melchita e la latina. Padre Daoud Khoury, greco ortodosso, padre Jack-Nobel Abed, greco-cattolico melkita, e padre Bashar Fawadleh, latino, alzano la loro voce “a nome degli abitanti della nostra città e dei membri delle nostre parrocchie” e, in un comunicato congiunto, “condannano con la massima fermezza la ripetuta e grave serie di attacchi contro Taybeh. Questi attacchi minacciano la sicurezza e la stabilità della nostra comunità e, inoltre, minano la dignità dei suoi residenti e la sacralità della sua terra santa”. Il riferimento chiaro è all’attacco, avvenuto il 7 luglio scorso, ad opera di alcuni coloni israeliani che hanno appiccato intenzionalmente un incendio nei pressi del cimitero del villaggio e della storica chiesa di San Giorgio (Al-Khadr) del V secolo, uno dei più antichi siti religiosi della Palestina. Già nella primavera dello scorso anno erano stati registrati casi di intrusione di coloni in proprietà agricole, episodi di vandalismo nelle piantagioni, spari in aria e costruzione illegale di avamposti, il tutto senza l’intervento delle forze di sicurezza israeliane.
Colono israeliano pascola le sue mucche sulla terra del villaggio di Taybeh (©Taybeh Collective)
Violazioni e provocazioni dei coloni. “Senza la vigilanza degli abitanti e il tempestivo intervento dei vigili del fuoco – si legge nel comunicato – le conseguenze avrebbero potuto essere ben più disastrose. In una scena provocatoria e quasi quotidiana, i coloni continuano a far pascolare le loro mandrie sui terreni agricoli di Taybeh, compresi i campi di proprietà delle famiglie del villaggio e vicino alle abitazioni, senza alcuna restrizione o intervento da parte delle autorità. Queste violazioni – denunciano i tre sacerdoti – non si limitano alla provocazione: causano danni diretti agli ulivi, fonte fondamentale di sostentamento e reddito per i residenti del villaggio, e impediscono agli agricoltori di accedere alle loro terre e di coltivarle”. La parte orientale di Taybeh, più della metà del territorio comunale, dove si concentra la maggior parte dell’attività agricola, riferisce la versione francese della rivista Terrasanta (www.terresainte.net) è diventata un bersaglio aperto per insediamenti illegali che si stanno espandendo sotto la protezione militare. “Questi avamposti servono come base per ulteriori attacchi alle nostre terre e ai nostri residenti” denunciano i tre sacerdoti che affermano di non poter “rimanere in silenzio di fronte a questi incessanti attacchi che minacciano la nostra esistenza nella nostra terra”. Taybeh, conosciuta nel Vangelo come “Efraim”, il luogo in cui Gesù si ritirò prima della Passione, è, ribadiscono, “l’ultima città interamente cristiana della Cisgiordania. La sua popolazione è una presenza unica nella regione, una testimonianza viva che risale ai tempi di Cristo”.
“Questo patrimonio spirituale e culturale, fedelmente preservato dagli abitanti di Taybeh attraverso le generazioni, è oggi seriamente minacciato di cancellazione e sfollamento a causa del sistematico attacco ai suoi territori, ai luoghi sacri e alla comunità locale”.
L’appello. Da qui l’appello agli “attori locali e internazionali, in particolare consoli, ambasciatori e rappresentanti ecclesiastici in tutto il mondo, ad aprire immediatamente un’indagine trasparente sugli incendi dolosi e sui continui e ripetuti attacchi a proprietà, terreni agricoli e luoghi di culto; a esercitare pressioni diplomatiche sulle autorità occupanti affinché pongano immediatamente fine alle azioni dei coloni e impediscano loro di entrare o pascolare le loro mandrie sui terreni di Taybeh; inviare delegazioni internazionali ed ecclesiastiche per effettuare visite sul campo, documentare i danni e testimoniare il deterioramento della situazione; sostenere gli abitanti di Taybeh con iniziative economiche e agricole, al fine di rafforzare la loro resilienza attraverso un’efficace assistenza legale”.
“La Terra Santa non può restare in vita senza la sua popolazione indigena”.
“L’espulsione dei contadini dalle loro terre, le minacce contro le loro chiese e l’accerchiamento dei loro villaggi – concludono i tre parroci – sono tutte ferite inflitte al cuore vivo di questa nazione. Nonostante tutto, rimaniamo saldi nella nostra fede e nella speranza che la verità e la giustizia trionferanno”.