Europa

Terra Santa e Mar Rosso: la politica estera europea alla prova

Medio Oriente e Mar Rosso: l’Unione europea cerca linee comuni sulla scena internazionale e i ministri degli esteri dei 27 ne discutono oggi in sede di Consiglio Ue.

Sul tavolo possibili convergenze politiche e “azioni sul campo” che lasciano intravvedere un rinnovato percorso verso una “difesa comune europea”, come sostenuto dal titolare della Farnesina Antonio Tajani.
Lo scenario ucraino già da due anni sollecita – e in parte ottiene – che i 27 parlino (e agiscano) a una sola voce. Aiuti umanitari, economici e militari vengono forniti a Kiev, nonostante le crescenti obiezioni del premier ungherese Orban.

Ma ora le sfide si moltiplicano.Per quanto riguarda la Terra Santa, dopo i tentennamenti iniziali sta prevalendo la linea indicata dal Josep Borrell, Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza comune: legittima difesa di Israele, lotta al terrorismo di Hamas, tregua immediata e stop alla carneficina cui è sottoposta la popolazione inerme della Striscia di Gaza. E soluzione di lungo termine affidata finalmente alla formula “due popoli, due Stati”, nonostante le irragionevoli obiezioni del premier israeliano Netanyahu.

Il più recente banco di prova è invece quello delle acque comprese tra Mar Rosso e Golfo Persico,in un’area del pianeta già carica di tensioni e di conflitti latenti o dichiarati (fra cui la terribile guerra civile tra governo yemenita e “ribelli” Houthi, che dura da anni). In questo caso sta prendendo corpo la missione militare Aspides, promossa da Germania, Francia e Italia, allo scopo di assicurare la libera navigazione e tutelare gli interessi commerciali nel Mar Rosso, contrastando gli attacchi delle imbarcazioni degli Houthi. Occorre ricordare che contro questi gruppi armati fuori controllo sono già in atto pesanti bombardamenti dagli aerei della coalizione Usa-Regno Unito.

Una missione navale Ue con esclusivi compiti difensivi può essere legittima nell’area,soprattutto per assicurare il transito in quei mari e non lasciare campo libero al terrorismo. Bisogna del resto essere certi che si tratti di una azione nel rispetto del diritto internazionale, e che sappia comunque rispettare le popolazioni civili dell’area estranee alla lotta armata contro le navi europee e di altri Stati. Occorre d’altro costruire un consenso generale in seno all’Ue, per evitare “fughe in avanti” da parte di alcuni Paesi, che metterebbero a rischio, ancora una volta, l’unità europea.

Una vera politica estera e di sicurezza comune avrebbe soprattutto necessità di una più ampia ed esplicita convergenza sul piano delle regole (i Trattati) e dei valori (pace, cooperazione internazionale) di cui la stessa Unione europea è portatrice.