Cultura & Società

Transizione ecologica tra buone e cattive notizie

Il cammino della transizione ecologica in Italia e nel mondo inizia nel 2024 tra buone e cattive notizie

Il cammino della transizione ecologica in Italia e nel mondo inizia nel 2024 tra buone e cattive notizie. La cattiva notizia è che siamo in ritardo rispetto all’obiettivo del mantenimento della temperatura del pianeta entro il grado e mezzo per fine secolo che richiede l’azzeramento delle emissioni entro il 2050 ma soprattutto una prima decisiva riduzione entro il 2030. Una prima buona notizia è che il progresso tecnologico ci fornisce ogni giorno soluzioni nuove e migliori per risolvere il problema.

Anche le conclusioni di Cop28 sono una buona notizia. Se è vero che i vertici internazionali non possono produrre soluzioni giuridiche vincolanti per gli stati che partecipano è anche vero che vedere un paese petrolifero ospitante che guida il percorso verso una dichiarazione comune sottoscritta da tutti i paesi del mondo dove si concorda sull’obiettivo di uscire gradualmente dalle fonti fossili («transitioning away from fossil fuels») è una gran buona notizia perché vuol dire che non c’è più spazio per il negazionismo, per gli scettici che mettono le mani avanti dicendo che è tutto inutile se Cina e India non si muovono perchè tutto il pianeta concorda sulla direzione da prendere (ed è proprio da Cina e India che vedremo nei prossimi anni i progressi più spettacolari).

Quello che ora diventa urgente è che il cammino sia spedito e che si superi dopo il negazionismo il rischio del «disperazionismo» (tanto non possiamo fare nulla).

Altro elemento di ottimismo è che siamo entrati nell’era della crescita nonlineare dell’installazione di nuova capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili semplicemente per motivi di mercato (sono di gran lunga le fonti meno care). Dobbiamo essere concreti e non ci sono da inseguire chimere per un problema che va risolto rapidamente nel prossimo decennio o poco oltre. Non ci sono confronti tra una tecnologia matura prodotta su scala globale i cui prezzi continuano a calare sensibilmente (cellule fotovoltaiche, pannelli, batterie) e idee per il futuro come il nucleare tascabile e la fusione.

La nonlinearità nella crescita delle rinnovabili è evidente anche nel percorso del nostro paese. Nel 2021 avevamo installato 1.3 giga, nel 2022 poco più di 3 giga, quest’anno lo chiudiamo con quasi 5 giga, ancora sotto l’obiettivo di 8 all’anno, ma con la possibilità di superarlo presto a una serie di condizioni. È infatti fondamentale che la ricchezza degli spiriti imprenditoriali del paese sia accompagnata da una buona politica. Esistono nel paese progetti in attesa di approvazione per un ammontare di capacità da installare ben superiore a quella obiettivo, progetti non tutti validi e realizzabili ma che aspettano di essere valutati rapidamente.

Un esempio lampante del problema della politica è stato quello dell’iter dei decreti attuativi sulle comunità energetiche che ha raggiunto il traguardo con circa un anno e mezzo di ritardo bloccando molti progetti di imprese e famiglie.

Nonostante questo abbiamo oggi circa un milione di italiani che anche con piccolissimi impianti autoproducono e immettono energia in rete. Due impulsi fondamentali per aumentare la velocità del percorso potrebbero arrivare dall’accelerazione sui progetti di eolico offshore e da provvedimenti come quello francese che ha reso obbligatori i pannelli sui parcheggi (cosa che aggiungiamo andrebbe estesa alle barriere antirumore sulle autostrade).

In questo cammino si fa una gran fatica a discutere con l’opinione pubblica di ciò che appare ovvio a chi osserva il percorso. Non c’è bisogno di rovinare il paesaggio italiano, grande risorsa, per installare le rinnovabili e l’impatto sociale della transizione ecologica è il contrario di quello che alcuni immaginano perché il bagno di sangue sta nel rallentarla non nell’accelerarla.

La storia del nostro paese insegna che i due shock più importanti (esclusa la crisi finanziaria globale) del secondo dopoguerra sono arrivati da aumenti esplosivi del prezzo delle fonti fossili, petrolio a fine anni ‘70, gas lo scorso anno quando l’impatto negativo sui bilanci di famiglie e imprese sarebbe stato molto minore se il cammino verso l’indipendenza energetica fosse stato più veloce e la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili maggiori.

Saper affrontare in modo appropriato e tempestivo la sfida drammatica del riscaldamento globale è in realtà una grande opportunità.

Speriamo nel 2024 di porre le basi per riuscire a farlo.