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TRATTA: L’IMPEGNO DI FRONTIERA DI CENTINAIA DI RELIGIOSE IN TUTTO IL MONDO

Un impegno di frontiera delicato e coraggioso, quello delle religiose “anti-tratta”. Sono centinaia in tutto il mondo, e dal 2001 ad oggi hanno partecipato a dieci corsi di formazione per imparare ad ascoltare ed accompagnare centinaia di donne (ma anche minori) nel percorso di liberazione dalla schiavitù a scopo di sfruttamento sessuale. Il punto della situazione, con l’obiettivo di rafforzare la rete internazionale allargando le collaborazioni, verrà fatto dal 2 al 6 giugno prossimo a Roma, durante il congresso “Religiose in rete contro la tratta di persone”, organizzato dall’Unione internazionale superiore generali (Uisg) e dall’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni). L’evento è stato presentato oggi a Roma. “Nell’ultimo decennio – ha detto suor Victoria Gonzales de Castejon, segretaria Uisg – c’è stato un impegno forte in questo campo da parte della vita religiosa femminile. Ora vorremmo coinvolgere anche i religiosi, soprattutto nel lavoro sui ‘clienti’ perché anche la prevenzione è molto importante”. Fu infatti nel 2001, con una dichiarazione finale durante la plenaria dell’Uisg, che le superiori generali di tutto il mondo decisero di assumere la sfida di lavorare per “la dignità della donna”. Da allora l’impegno è stato rinnovato con nuove collaborazioni, tra cui quella con l’Oim, con la quale si stipula ogni anno un contratto per il sostegno delle ragazze, anche nei “rimpatri assistiti”. “E’ un bell’esempio di partnership pubblico/privato”, ha dichiarato Peter Schatzer, capo delegazione dell’Oim in Italia. Gli ha fatto eco il collega Stefano Volpicelli, che ha spiegato come l’Oim eserciti “una pressione presso i governi perché istituiscano normative per punire i trafficanti e tutelare le vittime di tratta. L’Italia è uno dei Paesi con le normative più avanzate, ma anche gli altri Paesi Ue hanno buone leggi, come pure la Repubblica Dominicana e le Filippine. Alcuni Paesi con molta corruzione fanno ancora resistenza, perché significherebbe riconoscere che qualcuno che favorisce la tratta”. La collaborazione tra Uisg e Oim dura da 5 anni, con un progetto finanziato dal governo Usa e in parte da quello italiano. Prevede, tra l’altro, corsi di formazione per le religiose in diverse zone del mondo, divisi in due fasi: i contenuti “per creare tra le religiose consapevolezza dell’entità del fenomeno – ha spiegato suor Bernadette Sangma, coordinatrice del convegno – e la fase della creazione della rete. Ne esistono molte a livello nazionale. Ora a Roma cercheremo di unire le forze per contrastare al meglio, a livello internazionale, un fenomeno così vasto e complesso”.Una esperienza concreta è stata raccontata da suor Aurelia Agredano, spagnola, delle Adoratrici Ancelle del SS.mo Sacramento e della Carità, 1300 religiose sparse in 21 Paesi impegnate nell’assistenza alle donne socialmente escluse. Nelle tre case di accoglienza spagnole sono passate una cinquantina di donne, ma sono circa 300 quelle con cui sono in contatto. “Il percorso di liberazione delle ragazze dura circa 2 anni – ha detto suor Aurelia – e non è semplice. All’inizio facciamo sensibilizzazione nelle questure, nei centri per immigrati, per donne, nelle ambasciate. Dopo averle avvicinate seguiamo un protocollo che prevede interviste, accompagnamento nella denuncia degli sfruttatori(ma non è obbligatorio), quindi offriamo un appoggio familiare o sociale a chi ne è privo. Nelle case di accoglienza viviamo insieme a loro, cercando di creare un clima di famiglia, con tutte le difficoltà che derivano dalla diversità di lingua e dalle dinamiche psicologiche derivanti dalle sofferenze che hanno patito”. Non mancano minacce e rischi di ritorsioni da parte della criminalità che gestisce il traffico.“Cerchiamo di essere molto prudenti – ha ammesso suor Aurelia – e agili nel cambiare abitazione da un posto all’altro. In Belgio abbiamo dovuto chiudere una casa perché eravamo minacciate”. Al termine del percorso le ragazze possono decidere se rientrare in patria – e qui entrano in azione i “rimpatri assistiti”, con volo, accompagnamento e un assegno di 400 euro per il primo reinserimento – o se restare nel Paese d’accoglienza. “In questo caso diamo opportunità per studiare la lingua, formarsi e cercare un lavoro”, ha precisato la religiosa. I finanziamenti dei progetti provengono in genere dalle congregazioni stesse o da fondazioni collegate, talvolta da sovvenzioni pubbliche e private. Al convegno, che si terrà in via Aurelia 476, è prevista una conferenza stampa finale il 6 giugno, alle ore 13.30.Sir