Cultura & Società

Tv 2000 L’emittente che sarà fatta dagli spettatori

di Lorella Pellis

Tv2000 contro Sky, quasi come Davide contro Golia. Una lotta impari, all’apparenza, ma come nell’episodio biblico potrebbe anche riservare sorprese. Con le grandi novità annunciate, l’emittente voluta dai vescovi italiani – già nota in passato come Sat2000 –appare finalmente pronta a sfidare gli altri network sul piano dei contenuti e della qualità. Una bella scommessa, che sembra partire con il piede giusto. Ne abbiamo parlato con il direttore Dino Boffo, primo artefice di questa vera e propria rivoluzione.

Direttore, l’annuncio della nuova Tv2000 rappresenta senz’altro una bella sorpresa. Inutile negare che finora era apparsa un po’ ingessata, per non dire almeno talvolta addirittura «inguardabile». Qual è l’idea di fondo che sta alla base del rinnovamento?

«Apprezzo la sincerità, e tuttavia trovo il giudizio un tantino impietoso. Tv2000 (ieri Sat2000) è stata, in ogni sua stagione, ciò che poteva essere nella situazione data. Oggi ci sono condizioni nuove, soprattutto a livello di visibilità immediata, con l’ingresso del 65% d’Italia nel sistema digitale, e dunque ci si è posti l’obiettivo di un profondo rinnovamento, il terzo per la verità nei dodici anni di vita della nostra televisione. Si tratta di interpretare a pieno che cosa significa televisione di flusso, cioè una tv che non accosta programmi freddi uno dopo l’altro senza una lievitazione successiva, ma li vive in diretta e li propone in maniera coinvolgente. Questa settimana cambieremo il palinsesto che accoglie i telespettatori durante il giorno, a fine settembre completeremo la rivoluzione modificando anche il palinsesto serale. Come mai rinnoviamo in luglio, quando tutti vanno in vacanza? Per differenziarci, e approfittare del fatto che le grandi reti d’estate riposano. Inoltre, vogliamo arrivare perfettamente rodati all’appuntamento della Giornata mondiale della gioventù che avrà luogo a Madrid dopo la metà di agosto. Sarà l’occasione per molte famiglie giovani di seguire i loro ragazzi in un evento che segnerà la vita: può darsi che incontrando un canale sorprendente e accattivante poi non ci abbandonino più».

Hai parlato di tv di compagnia a 360 gradi e di vera tv di flusso. L’obiettivo, sembra di capire, è quello di coinvolgere il più possibile la gente, quindi uscire del tutto dal cliché degli spettatori passivi. Ma come riuscirà a diventare una vera e propria tv interattiva?

«I modi sono diversi: c’è quello più tradizionale, delle lettere al direttore: l’esperienza fatta ad “Avvenire”, ma anche al settimanale della mia diocesi (“La vita del popolo” di Treviso), mi fa avvertito che i cittadini reputano molto importante il colloquio con la testata di riferimento. Per questo, desidero aprire la rubrica delle lettere al direttore anche in tv. Poi ci sono le email e gli sms, utili per dare peso ad una posizione o l’altra, ad una idea o al suo contrario. Infine, ed è la novità più rilevante, ci sono le webcam, cioè le telecamerine che attraverso internet (costano qualche decina di euro) consentono di collegarsi in audio e video con gli interlocutori più diversi, e grazie alle quali si può direttamente da casa entrare in tv. Noi vogliamo essere la prima tv fatta dai telespettatori, i quali devono essere invogliati a mettere in circolo la loro fantasia, la loro creatività, la loro esperienza. Si tratta, quest’ultimo, di un esperimento provato nell’ultimo anno, mediante il quale ci siamo collegati con testimoni e missionari di tutto il mondo, a costo irrisorio, ma con un effetto prodigioso. Infine c’è una lettera (newsletter) che inviamo settimanalmente a tutti i nostri telespettatori, con la quale comunichiamo il palinsesto della settimana, perché fatto circolare possa essere giudicato e dunque potenzialmente anche modificato da ogni telespettatore. È la tv del futuro, questa, la tv che fa comunità, che crea identificazione e assicura compagnia».

Punto di forza dell’emittente sarà il contenitore «Nel cuore dei giorni». Ci vuoi descrivere in breve come sarà articolato?

«“Nel cuore dei giorni” è una trasmissione un po’ speciale, non da collocare però accanto ad altre, in quanto si distribuirà sull’intera giornata, nel senso che aprirà i battenti alle ore 8.00 con la rassegna stampa e li chiuderà alle 20.45 con il Tg dei tg. In mezzo ci saranno altri cinque segmenti di lunghezza varia più il telegiornale delle 19.40, per un totale di oltre tre ore di diretta da studio durante le quali, oltre a dare in tempo reale le notizie di prima grandezza (chi si collega con noi sarà collegato con il mondo), si perseguiranno una serie di interessi vitali, di vero coinvolgimento e con contributi provenienti dal territorio e dalla vita reale della gente normale. In mezzo ci saranno anche altri programmi di intrattenimento e di cultura, sui quali però sarà possibile intervenire e dire la propria. Una tv raccontata insomma, che riempie le ore in modo intelligente ed è un’alternativa sensata a programmi vuoti, gridati o stomachevoli».

Sono annunciate novità anche per il Tg2000?

«Sì, certo. Il progetto l’ha in testa il mio collega e direttore dell’informazione Stefano De Martis. Posso solo dire che poggia su una formidabile innovazione, che valorizza un’attesa espressa un’infinità di volte da quanti lamentano una televisione riversa solamente sul negativo, sul patologico, o sulla cronaca nera. C’è un altro mondo di scorgere e raccontare, per il quale servono occhi adatti e capacità di narrazione ficcante e per nulla ingenua. Ecco, nessuno potrà più dire: non se ne può più, la tv è inguardabile. C’è in Italia una tv diversa, che tenta quello che molti hanno ritenuto impossibile, ed invece è a portata di mano».

Una tv che vuole essere dalla parte della gente, parlare della Chiesa come popolo di Dio, che spazio riserverà alla gerarchia e come riuscirà a far passare il magistero del Papa e dei Vescovi?

«I nostri Vescovi non chiedono a Tv2000 di essere un’emittente che parla solamente ai super-convinti. Desiderano che, interloquendo con i credenti, parli a tutti. Questo è il punto, e su questo criterio vogliamo essere giudicati. Parleremo anche del Papa, certo, ci mancherebbe, ma il Papa fa notizia ovunque, potrebbe forse non farlo per noi? Ci sarà anche – udite, udite – la Messa e il Rosario in diretta tutti i giorni: sarebbe ben strano che in una offerta televisiva che presto comprenderà 150 canali, non ce ne fosse uno che garantisce alcuni servizi religiosi essenziali alla popolazione, in particolare, per i cittadini anziani o in qualunque modo inabili. Ma la Messa celebrata in un monastero di clausura, come la stiamo offrendo in queste settimane, o il Rosario dalla Grotta di Lourdes rappresentano dei segmenti televisivi di grande fascino. Non a caso in coincidenza con essi la nostra tv raggiunge un numero di contatti onestamente inimmaginabile. C’è un bisogno di Dio oggi che non si può più ignorare, e che va inserito in una visione della vita moderna e attraente. Guai a noi se ci lasciamo condizionare nei gusti e nei giudizi da visioni della vita giacobine e appiattite. L’apertura alla trascendenza ravviva non sola la vita ma anche la televisione, sottraendola alla noia e alla banalità».

Pensi che la nuova Tv2000 possa cambiare il modo con cui i cattolici guardano ai mezzi di comunicazione di massa? Avrà cioè anche una valenza educativa in generale?

«Forse non tutti ricordano che quando negli anni 50 si trattava di far nascere la tv in Italia, i governanti del tempo si rivolsero ai cattolici, anzi soprattutto a laici formati in Azione Cattolica, che avevano lì imparato a parlare attraverso i media del tempo. Da allora di strada se n’è fatta e la televisione da strumento eccezionale di educazione popolare è diventata strumento di massificazione che ha dato una spinta forte al degrado culturale e alla volgarizzazione della società. Domanda: noi cattolici dove eravamo? Perché ci limitiamo a brontolare e poi ci accodiamo per guardare quello che diciamo non ci piace. Tv2000 vuol essere un segno forte di innovazione e di capacità creativa, in grado di riallacciare legami di curiosità e di interesse nuovo con fette di popolazione che magari non frequentano molto la chiesa ma condividono preferenze e gusti di qualità. Sì, vorremmo essere un laboratorio nel quale la comunità cristiana si riconosce, di cui va fiera perché è un suo fiore all’occhiello che stimola sensibilità nuove e apre ai linguaggi moderni».