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Ucraina: piccoli passi, nuovi dubbi. Pace lontana
L'incontro fra Trump e Zelensky, con l'apparizione di una "delegazione" europea, aiuta a chiarire le questioni sul tavolo: dalla sicurezza di Kiev e dell'Ue al futuro dell'Ucraina

Un piccolo, auspicabile, passo verso la pace, benché rimangano sul tavolo interrogativi di peso. Il vertice di Washington fra Trump e Zelensky, con l’apparizione di alcuni leader europei, segna una ennesima tappa del percorso per porre termine all’aggressione russa all’Ucraina. La politica cerca vie d’uscita percorribili, mentre rimangono sul campo terribili verità: decine di migliaia di morti, vite spezzate e famiglie divise, città distrutte e una barriera di odio fra i due ex popoli fratelli, imputabile a Putin e che rimarrà lì per generazioni.
Comunque, l’incontro di lunedì 18 agosto ha aperto spiragli. O quanto meno ha consentito di mettere in fila i nodi da sciogliere. Il primo è la tregua, un cessate il fuoco necessario per interrompere la scia di morte innescata tre anni e mezzo fa con l’invasione russa: purtroppo non emergono rassicurazioni di alcun genere su questo fronte.
Poi ci sono i “criteri” per la pace. Il primo riguarda la sicurezza.
Trump sembra aver rassicurato Zelensky che l’Ucraina potrà ancora godere della protezione Usa, assieme a quella europea: in questo caso vale la proposta italiana – tutta da verificare nella sua fattibilità – di una estensione a Kiev dell’art. 5 del Trattato Nato (intervento a protezione di uno Stato sotto attacco militare).
Il secondo criterio concerne l’integrità territoriale dell’Ucraina, oppure l’eventuale, imposta cessione di territori ucraini alla Russia. Questione scottante sulla quale per ora non ci sono risposte e tutto è rimandato a prossimi summit (già si parla di un trilaterale fra Trump, Putin e Zelensky). Vi sarà a suo tempo da definire chi e con quali regole amministrerà territori contesi e come sarà garantita la convivenza tra ucraini e russofoni nelle regioni di frontiera (la Crimea è data per persa e definitivamente in mano russa).(Foto Commissione europea)
(Foto Commissione europea)
Dal vertice di Washington emerge quantomeno una ritrovata serenità e reciproco rispetto fra il Presidente americano e quello ucraino, dopo l’agguato teso da Trump a Zelensky mesi fa nello Studio Ovale. E finalmente era presente una “delegazione europea” – Von de Leyen, Meloni, Macron, Starmer, Merz, Stubb e Rutte (Nato) –, pur costretta a fare anticamera. Pesante, invece, l’assenza del premier polacco Tusk, leader del Paese più vicino alla minaccia dell’esercito di Mosca.
Oggi, per fare il punto, si svolge un Consiglio europeo on line che dovrebbe vedere la partecipazione dei Ventisette convocati dal presidente Antonio Costa. L’Europa prova affannosamente ad assegnarsi un ruolo, tenuto conto che finora ha fornito un sostegno determinante a Kiev ed essendo la terra più esposta a nuovi colpi di testa di Putin (Polonia e Stati baltici ne sanno qualcosa).
È possibile che questa calda estate porti delle novità rispetto alla guerra su territorio europeo.
Molto dipende dagli “stati d’animo” di Donald Trump, dal peso e dall’unità d’intenti che l’Ue e i suoi Paesi membri sapranno mostrare, dalla volontà di Putin di fermare l’offensiva militare. Poi, finalmente, si potrà – anzi si dovrà – parlare di ricostruzione ucraina.
Intanto sullo sfondo rimangono tutti gli altri conflitti oggi combattuti nel mondo (quello in Terra Santa è solo il più noto) che necessiterebbero di eguale attenzione e di volontà politico-diplomatica per riportare la pace. Ma fino lì non si spingono, a quanto pare, gli occhi e gli interessi di Usa, Europa, Onu, Mosca o Pechino. Perché ci sono, questo è chiarissimo, guerre di serie A e altre di serie B.