Italia

Ue-Chiese, sulla strada del dialogo

Le conseguenze sociali della crisi, il necessario sostegno alla famiglia, le prospettive occupazionali per i giovani, la caduta demografica e i flussi migratori, il rafforzamento dei sistemi educativi, la solidarietà, le diversità culturali e il pluralismo delle fedi: un ampio ventaglio di temi è stato affrontato nel corso della quindicesima edizione del dialogo fra Istituzioni comunitarie e chiese, promosso dal Partito popolare europeo a Firenze nei giorni 7-8 settembre. Non è mancata una sessione dedicata all’applicazione dell’articolo 17 del Trattato di Lisbona, che conferisce un preciso profilo giuridico ai rapporti tra la stessa Ue e le comunità religiose del vecchio continente.

Impegno “sul campo”. A fare gli onori di casa è l’eurodeputato italiano Carlo Casini, giurista, presidente della commissione Affari costituzionali dell’Europarlamento, da lunghi anni impegnato sul fronte della difesa della vita, “dal concepimento alla sua fine naturale”, tiene sempre a precisare. “Il confronto tra la politica e le chiese è ancora più importante oggi – rileva Casini -, quando la crisi economica ci ha posto dinanzi problemi enormi, spesso inediti”, segnando nel profondo la vita dei cittadini e delle realtà sociali. Casini ricorda l’impegno concreto, “sul campo”, di molti credenti nei settori del volontariato, della cultura, dell’educazione giovanile. E sottolinea le innumerevoli e differenti opportunità che si aprono – e che possono vedere i cristiani in un ruolo “da protagonisti” – per azioni a favore della vita umana. Tra quelle che gli stanno più a cuore c’è l’Iniziativa dei cittadini “Uno di noi”, per la tutela giuridica dell’embrione umano. La convergenza su questo, come su altri temi di fondo, appare marcata, sia tra i rappresentanti politici sia tra gli esponenti religiosi intervenuti, cattolici, riformati, ortodossi e di altre fedi (ebrei, musulmani).

La dimensione umana. “Un’Europa unificata solo dalla moneta comune, come ben vediamo in questi tempi, non ha molte prospettive”. Occorre dunque, anche mediante il dialogo tra Ue e comunità religiose, “restituire all’Europa la sua anima autentica e originale”. Mons. Claudio Maniago, vicario generale della diocesi di Firenze, intervenendo all’incontro, sottolinea: “Ci troviamo in una stagione problematica”, “non solo a livello economico, ma anche culturale e spirituale”; per questo “bisogna che l’Europa ritrovi la sua originalità, le sue radici, quelle radici che le hanno dato il suo inconfondibile volto”. Il vescovo ausiliare cita più volte la “Caritas in veritate” e indica il dovere di considerare la “dimensione trascendente dell’uomo”, per evitare il rischio di riferirsi a “un modello di uomo a una dimensione”. “Solo una visione integrale dell’uomo” consente di comprenderne appieno le esigenze e le attese. Interrogarsi “sull’essenza e l’identità della persona umana” consentirà di “affrontare in un quadro completo anche l’aspetto economico. Allora troveremo la terapia adatta per curare l’economia malata di oggi”.

Quali obiettivi? Il segretario generale della Comece, Commissione degli episcopati della Comunità europea, mons. Piotr Mazurkiewicz, con una riflessione molto articolata, sostiene che la crisi ha portato allo scoperto una serie di nodi, di atteggiamenti, di carenze culturali e politiche, che domandano chiarimenti. E cita la solidarietà (“che significa farsi carico del benessere altrui” e che richiama “un’attenzione che va oltre i confini dell’Unione europea”), la democrazia (“è possibile organizzare una democrazia a livello sovranazionale?”), i poveri, la famiglia (“da difendere sia sul piano legislativo che concreto”, con politiche favorevoli, ad esempio, alla conciliazione tra lavoro e vita domestica). La crisi economica, dunque, andrebbe colta anche come “opportunità”, ovvero come momento per chiarire quali sono gli obiettivi comuni e reali dell’integrazione europea, come perseguirli efficacemente sul piano politico, senza rinunciare – da cristiani – alla “speranza”, che, a differenza di un ingenuo e generico ottimismo, spinge “all’impegno, ad agire nel mondo, affidando comunque il disegno finale” sulla storia “alle mani di Dio”: “non potremmo avere – conclude – una speranza più solida”.

Progetti e sogni. “Oggi abbiamo bisogno di visioni, di idee, di progetti, di sogni. E questi possono provenire anche dalle religioni”: mons. Gino Battaglia, dell’ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana, riprende il filo di alcuni interventi e afferma: “I valori e le risorse spirituali provenienti dalle chiese costituiscono una grande forza” per la costruzione europea. Il dialogo – aperto, trasparente, strutturato, come recita l’articolo 17 del Trattato di Lisbona – tra istituzioni dei 27 e comunità religiose è quindi di “primaria importanza”. Soffermandosi sulle conseguenze della crisi in termini sociali, Battaglia cita le “pesanti ricadute” sui cittadini, sulle famiglie, sui lavoratori. “Eppure – aggiunge – non sono stati messi in discussione il nostro modello di sviluppo, i consumi, l’accumulazione delle ricchezze… Occorre individuare soluzioni che vadano oltre l’economia, perché la crisi è anche valoriale e antropologica”. 

a cura di Gianni Borsa, inviato Sir Europa a Firenze