Opinioni & Commenti

Un modo diverso di guardare allo sport, ma soprattutto alla propria esistenza

di Claudio Turrini

Le Paralimpiadi si tennero anche 4 anni fa a Pechino. E quattr’anni prima ad Atene. È dal 2001 che sono stabilmente collegate alle Olimpiadi. Ma solo questa edizione londinese è diventata un evento mondiale. 4.200 atleti di 166 paesi. 110 nuovi record mondiali battuti. Stadi e palazzetti sempre esauriti con 2,7 milioni di biglietti venduti. Un miliardo di telespettatori in tutto il mondo. Anche gli italiani, grazie a Raisport, ma soprattutto ai canali Sky, si sono commossi o entusiasmati per atleti senza gambe o senza mani, con difficoltà motorie o della vista. E i giornali si sono riempiti delle storie di Alex Zanardi o di Annalisa Minetti, due tipi davvero «tosti». Lui correva in Formula1 prima di quel maledetto incidente, ma non ha perso la voglia di vincere. Lei ha partecipato a Miss Italia, trionfato a Sanremo e, adesso che è completamente cieca, si è presa un bronzo nei 1500 metri. A chi le chiedeva se fosse contenta della medaglia appena conquistata, ha risposto, ancora madida di sudore, che la sua vera medaglia è Gesù che porta sempre con sé e le ha dato una guida come Andrea Giocondi, che l’ha saputa condurre al traguardo. In tutto gli italiani hanno portato a casa 9 medaglie d’oro, 8 d’argento e 11 di bronzo per un totale di 28. Tra queste c’è anche il bronzo del senese Matteo Betti, nella spada (categoria A).

Dietro a questi atleti ci sono migliaia di storie diverse. Un incidente in auto o sul lavoro. Una malattia invalidante. Un handicap congenito. Ma la stessa volontà di nascere «una seconda volta», di non rassegnarsi al limite imposto dalla natura o dal fato. Sarà per questo che sfoggiano un sorriso travolgente. Come quello dell’inglese Ellie Simmonds, 17 anni, affetta da nanismo, ma che in acqua nuota come un gigante. Il connazionale Jonnie Peacock è stato colpito dalla meningite quando aveva 5 anni. Il medico che l’operò disse che non avrebbe passato la notte. Ci ha lasciato una gamba, ma oggi si è tolto lo sfizio di correre i 100 metri in un tempo folle, 10 e 90, battendo anche Oscar Pistorius. Ma il mio eroe è il cinese Qing Xu, 19 anni. Al posto del braccio sinistro ha un moncherino di una decina di centimetri. Quello destro gli arriva poco prima del gomito. Lo fa girare come fosse l’elica di una nave. Ha vinto, o meglio stravinto, quattro medaglie d’oro nel nuoto realizzando anche tre primati del mondo: 50 e 100 metri stile libero, 50 farfalla e 200 misti. Se lui riesce a far questo, tutti noi, disabili o «normodotati» che siamo, abbiamo ancora delle chance.

«Le Paralimpiadi hanno avuto l’effetto di uno sciame sismico sulla vita dei cittadini britannici. E suppongo di tutto il mondo. Nessuno di noi guarderà più lo sport nello stesso modo», ha dichiarato nella cerimonia di chiusura Lord Sebastian Coe, Gran Maestro dei Giochi. L’augurio è che nessuno guardi più la vita nello stesso modo.