Prato

Una «Casa» per ricominciare

C’è un lungo e luminoso corridoio che abbraccia e unisce la casa. Su di esso si affacciano le porte delle stanze che compongono i tre appartamenti pensati per ospitare donne e madri con i loro bambini. La «Casa comunale di accoglienza il Soccorso», conosciuta fino a qualche mese fa con il nome di «Casa della giovane», ha cominciato una nuova fase della propria storia, iniziata nel 1950 per volontà dell’allora vicario generale mons. Eugenio Fantaccini.Inizialmente il servizio, attivo nel complesso del monastero di San Vincenzo, era rivolto alle donne operaie che negli anni Cinquanta venivano a Prato dal sud Italia in cerca di lavoro, poi, nel 2007, le giovani trovarono casa nei locali della parrocchia di San Francesco. Due anni fa cambiò anche la tipologia di servizio: grazie a un accordo tra il Comune di Prato e la Diocesi, nacque l’accoglienza per donne sole e mamme con figli in emergenza alloggiativa. Quello della mancanza temporanea di un alloggio, in particolare per donne sole, è un problema sempre più frequente negli ultimi anni, acuito dal perdurante momento di crisi.Mercoledì scorso c’è stato il taglio del nastro e la benedizione dei locali della nuova «Casa» che adesso si trova al secondo piano del Palazzo della Pro Verbo, in via Roma, 133, lo stesso che ospita la redazione e gli studi di Tv Prato e di Toscana Oggi. Presenti alla festa per l’apertura dei locali, dopo i lavori di restauro durati quasi tre mesi, tutti i rappresentanti dei soggetti coinvolti: il vescovo Franco Agostinelli, il sindaco Matteo Biffoni, l’assessore al Sociale Luigi Biancalani, il presidente dell’Associazione Pro Verbo Silvio Buccassi e il presidente dell’Opera Santa Rita Roberto Macrì. Ma un po’ tutte le istituzioni e le autorità cittadine erano presenti, c’era anche l’ex assessore Dante Mondanelli che tanto ha fatto affinché si giungesse all’accordo che ha definito la nuova sistemazione e la nuova gestione del servizio. I soggetti coinvoltiLa «Casa» adesso è gestita dalla Cooperativa 22, braccio operativo del Santa Rita. La scelta di affidare questo incarico di accoglienza all’Opera presieduta da Macrì è stata dettata dalla competenza e professionalità che da anni il Santa Rita porta avanti nel campo dell’educazione e dell’assistenza, anche alle giovani donne e alle madri, con case famiglie e strutture dedicate.I locali sono di proprietà della Pro Verbo, che li ha risistemati e completamente rinnovati. Il Comune ha sottoscritto un protocollo di intesa attraverso il quale affida la gestione del servizio al Santa Rita per un impegno annuo di 195mila euro. La Diocesi, che ha fatto nascere la «Casa della giovane» e l’ha portata avanti per quasi sessant’anni, continuerà a collaborare. Ricordiamo che gli ambienti di San Francesco, dove fino pochi mesi fa, c’era la «Casa», diventeranno la nuova sede dell’Università americana di New Haven. Finisce, dopo sette anni, la gestione dell’associazione vincenziana «Al pozzo di Sichar», che ha deciso di non continuare il proprio impegno nella nuova struttura. La «Casa»Come detto, la nuova sistemazione prevede l’utilizzo dei locali al secondo piano del Palazzo, dove un tempo si trovava una casa di riposo. Qui ci sono 4 appartamenti, 3 sono a disposizione delle ospiti e dei loro figli e uno sarà per i volontari che garantiranno un servizio 24 ore su 24. Questa nuova soluzione va incontro alle esigenze delle donne ospiti perché si passa da un alloggio di tipo semi-alberghiero, come avveniva in piazza San Francesco (21 camere e una cucina in comune), alla possibilità di avere appartamenti ognuno con una propria cucina e una sala da pranzo. Questo agevolerà la convivenza tra le ospiti, che trovano così un ambiente accogliente e familiare. Il coordinamento è affidato a Elena Guasti, psicologa, che lavora anche alla struttura del Santa Rita «Madre Bimbi». Le ospiti e il servizioIn totale, nella struttura possono essere ospitate 40 persone. Attualmente ci sono 10 donne, di varia nazionalità (albanese, marocchina, senegalese, egiziana, romena e italiana) e 18 figli, dai 2 ai 21 anni. Non solo madri, ci sono anche donne senza figli, la loro età va dai 20 ai 64 anni. Le loro sono, per la maggior parte, storie di disagio economico e sociale derivate principalmente dalla perdita di un lavoro e, in alcuni casi, dalla mancanza di un marito o di un compagno. Molte sono state sfrattate e, prive di uno stipendio, non avrebbero saputo dove vivere senza questa opportunità.L’alloggio è di tipo temporaneo e serve a superare un periodo di emergenza. L’assistenza fornita dagli operatori e dai volontari (perché ci sono anche persone che prestano servizio gratuito) non è quella di sorveglianza o custodia, ma piuttosto l’impegno di aiutare le donne a ricominciare, a rimettersi in gioco attraverso percorsi di reinserimento.