Prato

Vita da badanti

Vivere con un’altra famiglia per mantenere la propria. Avere un tenore di vita medio nel proprio Paese, e sentirsi poveri in casa di un altro. Lasciare la terra d’origine a trenta, quaranta, cinquant’anni, perché i conti non tornano più: vivere altrove per farli tornare. La vita delle badanti è una vita di lavoro come tante, eppure, più di tante, faticosa. La quotidianità è serrata sui ritmi e le richieste di un anziano mai conosciuto prima, a cui si deve il rispetto dell’età ma a cui non si giustificano i capricci di una vecchiaia solitaria mai del tutto rassegnata. Di giorno, certo, ma anche di notte, quando i malanni dell’età rendono il sonno inquieto, l’umore suscettibile, e più incostante la pazienza di scoprirsi incapaci di gestirsi da soli e di doversi, invece, affidare a mani mai viste prima.È difficile per non dire impossibile fare una stima a Prato del numero delle badanti presenti. Non esiste ancora un registro ufficiale, se pure un paio di anni fa si parlò dell’eventualità di istituirne uno a livello comunale, previa istituzione di corsi di formazione da parte della Provincia, da cui passare per avere poi un accreditamento e una professionalizzazione per questo tipo di figura cui sono richieste spesso anche doti di prima assistenza sanitaria. Al momento, ancora, non si è fatto nulla, ma i fatti di cronaca recenti (l’uccisione di un’anziana a Montemurlo proprio per mano della badante) sembrano richiamare le istituzioni a riprendere in mano la questione in modo definitivo.Sui numeri dunque si possono solo fare delle previsioni arbitrarie, incrociando i dati dell’Inps – che registra i contributi delle badanti «messe in regola» – con quelli consultabili sul sito del Comune di Prato, nella sezione Statistiche: ce ne sono alcune – in particolare le donne con carta di identità di cittadine dei paesi dell’Est Europa, ma anche Filippine – che sono evidentemente legate come tipo di mansione a quella della badante, appunto. I numeri si aggirano sulle oltre 2000 presenze per le donne rumene; 360 le polacche e 240 le filippine; 290 le ucraine e 90 le moldave; 170 le georgiane e 80 le russe. In questi ultimi anni, la crisi economica ha fatto diminuire il numero delle famiglie che possono permettersi di prendere in casa una badante a tempo pieno: lo stipendio si aggira tra gli 800 e i 1000 euro al mese, con una domenica tendenzialmente libera ma che a volte viene in realtà dimenticata per sopraggiunte necessità dell’assistito o impossibilità dei familiari a prendersene cura per lasciare tempo alla badante di godere del suo giorno di riposo.«Ci incontriamo due giovedì al mese e tutte le domeniche nella cappella Migliorati adiacente alla chiesa di San Francesco», racconta padre Vladimiro Voloshin, che da anni ormai segue come padre spirituale la comunità delle ucraine cattoliche presenti a Prato e conosce bene lo spaccato di una realtà che potrebbe essere simile a tante altre tra le comunità cattoliche. «Queste persone fanno un lavoro molto stancante, certe volte accade che l’unico giorno libero della settimana sono costrette a lavorare, perché, come mi raccontano, se chiedono di uscire la domenica tutto il giorno o anche solo qualche ora, rischiano di perdere il lavoro». Proprio per quella mancanza di tempo libero, sottolinea il sacerdote, «queste donne faticano a lavorare, la loro quotidianità diventa più pesante. Lavorano senza risposo e anche la notte per assistere gli anziani, ma spesso anche loro hanno sui 55 anni e le risorse fisiche si esauriscono. Spesso si sfogano, mi raccontano che non sanno cosa fare: è difficile per loro mantenere un equilibrio strette tra la necessità di tenersi il lavoro e quella di ricavare uno spazio per sé. Bisogna che anche le famiglie italiane non fuggano, e le aiutino a uscire almeno un giorno a settimana. Tante di loro sono mamme e nonne, molto preoccupate per le loro figlie e famiglie in Ucraina, e questo si riflette nella loro vita quotidiana, spesso le vedo molto tristi e molto distratte nella loro vita, sono molto preoccupate e la mia raccomandazione è che le famiglie non si tirino indietro rispetto a una situazione delicata che richiede impegno doppio».