Toscana

Vittime di tratta: staffetta Firenze-Viareggio, perché «Un’altra strada è possibile»

L’evento, che è stato presentato oggi nel corso di una conferenza stampa, in Palazzo Vecchio, a Firenze, vuole sensibilizzare sul tema della tratta degli esseri umani nel suo aspetto più evidente, la prostituzione. La staffetta parte da Firenze, in piazza Dalmazia, alle ore 18 di venerdì 5 maggio per arrivare a Viareggio il giorno dopo. All’organizzazione partecipano anche Azione Cattolica, associazione Nuovi Orizzonti, Movimento dei Focolari, Agesci. L’evento fa parte della campagna «Questo è il mio corpo», lanciata lo scorso luglio dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Nell’esperienza delle unità di strada, operatori, volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII, si è visto che «l’unico modo che si ha per combattere questa schiavitù è colpire la domanda, ovvero il comportamento del cliente». Molte legislazioni europee già lo fanno (è il cosiddetto «modello nordico»): le leggi più recenti sono quella francese di aprile 2016 e quella irlandese dello scorso marzo. La campagna propone delle azioni per chiedere al Parlamento e al governo italiani una legge che sanzioni il cliente, in particolare con il sostegno alla proposta di legge Bini per l’introduzione di «sanzioni per chi si avvale delle prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione».

Annabelle viene dalla Nigeria, è in Italia da sei anni. È una delle giovani donne che la Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) è riuscita, in trent’anni di attività, a portare via dalla strada liberandola dalla schiavitù. Ha raccontato la sua storia questa mattina, a Firenze, durante la conferenza stampa. Un giorno, ha spiegato, una donna del suo paese le propose di andare in Italia: una signora cerca ragazze per cucire vestiti, le disse. «Abbiamo fatto un rito vudù – racconta – e sono partita». Pochi mesi dopo era sulla strada, costretta a prostituirsi. Fino a quando una volontaria della Comunità Papa Giovanni XXIII la convinse a cercare un’altra vita. «Avevo paura: per tanto tempo le ho detto ‘ci penso’. Poi un giorno ho detto al capo: vado da un cliente. Sono andata alla stazione, l’ho chiamata, e lei è venuta a prendermi». Oggi Annabelle vive con altre sei ragazze come lei in una casa della Comunità Papa Giovanni XXIII. Alla conferenza stampa è intervenuto anche Giovanni Ramonda, successore di don Oreste Benzi alla guida dell’associazione: «Don Oreste diceva sempre – ha affermato – che nessuna donna nasce prostituta: qualcuno ce la fa diventare». Tra i responsabili della tratta, secondo Ramonda ci sono anche i clienti, il silenzio, l’indifferenza: «Ci sono molte complicità. Per questo dobbiamo tenere alta l’attenzione sul dramma di tante ragazze, anche minorenni, a volte costrette a prostituirsi anche durante la gravidanza».

«Guardavo a queste donne, lungo le strade, con aria di superiorità. Poi l’anno scorso ho partecipato alla Via Crucis contro la tratta organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e ho conosciuto le loro storie, mi sono commossa, ho aperto gli occhi. Mi sono sentita peggiore di loro». Così l’attrice Beatrice Fazi ha raccontato questa mattina, incontrando la stampa, la sua adesione all’iniziativa della staffetta podistica . Alla conferenza stampa sono intervenuti anche Giovanni Pieroni per l’Azione Cattolica, Romano Tiraboschi per il Movimento dei Focolari e Nicola Rizzello, dell’associazione Nuovi Orizzonti, che ha raccontato i suoi trascorsi di ex cliente: «Posso dire che come per la tossicodipendenza, anche nel cliente della prostituzione c’è una forma di dipendenza che fa perdere di vista la persona che si ha davanti: non ci si accorge che la donna è costretta a prostituirsi. Io sono stato aiutato da Nuovi Orizzonti a trovare la vera libertà».

Quello della tratta delle donne è «un cliché uguale e ripetitivo, non solo Italia ma anche all’estero: giovani donne illuse con promessa di un posto di lavoro, si trovano ben presto a scoprire che chi le illudeva era solo un aguzzino», ha detto il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo, intervenendo alla conferenza stampa. Anche «il vudù e le credenze religiose ataviche», ha affermato, vengono impiegati come forma di condizionamento delle donne vittima di tratta internazionale: «Così – ha aggiunto – deve passare solitamente molto tempo prima che queste persone riescano a liberarsi anche solo di questo condizionamento». Per affrontare tali fenomeni, ha concluso, «la repressione da sola non basta: bisogna fare opera di prevenzione. Per questo iniziative come queste meritano sostegno, perché sono di stimolo per le istituzioni».