Lettere in redazione

Perché il crocifisso interessa solo i cattolici?

Ascoltando i vari interventi che la tv ha mandato in onda sul «caso Crocifisso», ho notato che gli oppositori si rivolgono usando: «Voi cattolici…». Il Crocifisso non è solo un simbolo cattolico, ma di tutte le Chiese cristiane, allora mi domando: perché nessuno di tali Chiese è intervenuto per difendere questa assurda richiesta? Non sono cittadini che frequentano luoghi pubblici anche loro?

Anna Boniindirizzo email

Credo che la sua lettera si riferisca alla sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo (3 settembre 2009), che aveva ritenuto lesiva della libertà religiosa e della libertà di educazione la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche. Adesso, dopo il ricorso presentato dal Governo italiano e accolto dalla Corte europea il 2 marzo, la questione passa nelle mani dei 17 giudici della Grande Camera di Strasburgo, che emetteranno la sentenza definitiva entro qualche mese.

Questa prima sentenza – che come abbiamo spiegato sul settimanale è stata emanata da un organo giurisdizionale che ha sede a Strasburgo ma che non fa parte dell’Unione Europea (che ha una sua Corte di giustizia) – aveva sollevato forti perplessità in tutto il continente, soprattutto nei paesi a tradizione ortodossa. Anche se riguarda solo l’Italia, avrebbe infatti ripercussioni anche per gli altri 46 Stati membri che nel tempo hanno aderito alla «Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali». «Non sono solo le minoranze ad avere diritti; i diritti sono anche delle maggioranze», ha protestato – ad esempio – l’arcivescovo di Atene, Ieronymos II, primate della Chiesa ortodossa autocefala di Grecia. Totale solidarietà ai cattolici è arrivata anche dal Patriarcato Ortodosso di Mosca per bocca dell’arcivescovo Ilarion.

Di tutt’altro segno le reazioni delle Chiese evangeliche e riformate, soprattutto quelle italiane. Se per il decano della Chiesa Luterana, Holger Milkau, la scuola non è «luogo per esprimere prepotenze», per la moderatrice della Tavola Valdese, Maria Bonafede, «il crocefisso nei luoghi pubblici» rimanda «all’Italia di un tempo antico e dello stato confessionale» e per Anna Maffei, presidente dell’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia, «Cristo si affidò ad una parola nuda da annunciare, non a simboli nazionali da preservare». Sono dichiarazioni un po’ sorprendenti per noi cattolici. Bisogna però capire che queste comunità, oltre ad essere molto sensibili sul tema della laicità delle istituzioni, hanno anche alle spalle secoli di storia come piccole «minoranze» tollerate in un paese totalmente cattolico.

Claudio Turrini