Vita Chiesa

Papa Francesco: ai confessori, attenti a diventare i «padroni delle coscienze»

«È necessario sempre riscoprire, come afferma san Tommaso d’Aquino, la dimensione strumentale del nostro ministero. Il sacerdote confessore non è la fonte della Misericordia né della Grazia: ne è certo l’indispensabile strumento, ma sempre solo strumento! Questa consapevolezza deve favorire un’attenta vigilanza sul rischio di diventare i ‘padroni delle coscienze’, soprattutto nel rapporto con i giovani, la cui personalità è ancora in formazione e, perciò, molto più facilmente influenzabile». È l’invito che ha rivolto stamattina Papa Francesco ai i partecipanti al XXIX corso sul foro interno, promosso dalla Penitenzieria apostolica a Roma, presso il Palazzo della Cancelleria, dal 5 al 9 marzo.

Per il Pontefice, «ricordare di essere, e dover essere, solo strumenti della Riconciliazione è il primo requisito per assumere un atteggiamento di umile ascolto dello Spirito Santo, che garantisce un autentico sforzo di discernimento». Infatti, «essere strumenti non è una diminuzione del ministero, ma, al contrario, ne è la piena realizzazione, poiché nella misura in cui scompare il sacerdote ed appare più chiaramente Cristo sommo ed eterno Sacerdote, si realizza la nostra vocazione di ‘servi inutili’». Parlando, poi, dei futuri confessori che hanno il «vantaggio – diciamo così – di essere giovani, e dunque di poter vivere il sacramento della Riconciliazione come ‘giovani tra i giovani’»; anche in considerazione del fatto che «non di rado, la vicinanza nell’età favorisce il dialogo anche sacramentale, per una naturale affinità di linguaggi», il Santo Padre ha sottolineato: «Questo può costituire una facilitazione ed è una circostanza da vivere adeguatamente, per l’edificazione di autentiche personalità cristiane. Tuttavia, è una condizione non priva di limiti e perfino di rischi, perché siete all’inizio del vostro ministero e dunque dovete ancora acquisire tutto quel bagaglio di esperienza che un ‘confessore consumato’ ha, dopo decenni di ascolto dei penitenti».

Una seconda attenzione che Papa Francesco ha indicato «nell’ascolto delle confessioni sacramentali, soprattutto dei giovani» è il «saper ascoltare le domande, prima di offrire le risposte. Dare risposte, senza essersi preoccupati di ascoltare le domande dei giovani e, laddove necessario, senza aver cercato di suscitare domande autentiche, sarebbe un atteggiamento sbagliato». Secondo il Pontefice, «il confessore è chiamato ad essere uomo dell’ascolto: ascolto umano del penitente e ascolto divino dello Spirito Santo. Ascoltando davvero il fratello nel colloquio sacramentale, noi ascoltiamo Gesù stesso, povero ed umile; ascoltando lo Spirito Santo ci poniamo in attenta obbedienza, diventiamo uditori della Parola e dunque offriamo il più grande servizio ai nostri giovani penitenti: li mettiamo in contatto con Gesù stesso». Quando ricorrono questi due elementi, «il colloquio sacramentale può aprirsi davvero a quel cammino prudente e orante che è il discernimento vocazionale. Ogni giovane dovrebbe poter udire la voce di Dio sia nella propria coscienza, sia attraverso l’ascolto della Parola». E in questo cammino «è importante che sia sostenuto dall’accompagnamento sapiente del confessore, che talvolta può anche diventare – su richiesta dei giovani stessi e mai autoproponendosi – padre spirituale». Il discernimento vocazionale, ha spiegato il Santo Padre, «è anzitutto una lettura dei segni, che Dio stesso ha già posto nella vita del giovane, attraverso le sue qualità e inclinazioni personali, attraverso gli incontri fatti, e attraverso la preghiera». Il colloquio della Confessione sacramentale diventa così «occasione privilegiata di incontro, per porsi entrambi, penitente e confessore, in ascolto della volontà di Dio, scoprendo quale possa essere il suo progetto, indipendentemente dalla forma della vocazione. Infatti, la vocazione non coincide, né può mai coincidere, con una forma! Questo porterebbe al formalismo! La vocazione è il rapporto stesso con Gesù: rapporto vitale e imprescindibile».

«Corrispondono alla realtà le categorie con le quali si definisce il confessore: ‘medico e giudice’, ‘pastore e padre’, ‘maestro ed educatore’. Ma specialmente per i più giovani, il confessore è chiamato ad essere soprattutto un testimone», ha affermato Papa Francesco. «Testimone nel senso di ‘martire’, chiamato a com-patire per i peccati dei fratelli, come il Signore Gesù; e poi testimone della misericordia, di quel cuore del Vangelo che è l’abbraccio del Padre al figlio prodigo che torna a casa – ha chiarito -. Il confessore-testimone rende più efficace l’esperienza della misericordia, spalancando ai fedeli un orizzonte nuovo e grande, che solo Dio può dare all’uomo». Di qui l’invito conclusivo a giovani sacerdoti, futuri sacerdoti e penitenzieri: «Siate testimoni della misericordia, siate umili ascoltatori dei giovani e della volontà di Dio per loro, siate sempre rispettosi della coscienza e della libertà di chi si accosta al confessionale, perché Dio stesso ama la loro libertà. E affidate i penitenti a colei che è Rifugio dei peccatori e Madre di misericordia».