Toscana

50 anni d’Europa

di Gianni Borsa Un rischio si profila attorno alla Dichiarazione di Berlino, che sarà solennemente proclamata domenica 25 marzo nella capitale tedesca al termine di un summit straordinario voluto dalla presidente di turno dell’Unione, Angela Merkel. La cancelliera, sin dal suo esordio alla guida dei 27, aveva assegnato particolare enfasi a tale documento, ritenuto un passaggio intermedio per capire la reale volontà d’integrazione dei capi di Stato e di governo dei Paesi membri e inchiodarli così di fronte alla realtà: se l’Ue non riceve una scossa – ha affermato più volte la Merkel –, si mette a repentaglio l’intero edificio comunitario, costruito tra successi e passi indietro, in mezzo secolo di cammino. La tappa successiva sarebbe stata, nelle intenzioni della presidenza semestrale, la definizione di una «road map», ossia un calendario preciso per giungere all’entrata in vigore della Costituzione prima delle elezioni per il Parlamento europeo, che si svolgeranno nel giugno 2009.

Dinanzi all’Eurocamera la Merkel aveva definito un «errore storico» il fallimento di questa prospettiva. Ebbene, il pericolo incombente sul testo di Berlino riguarda non tanto le affermazioni che conterrà, bensì i silenzi che ormai vengono dati per scontati. Il primo relativo alle «radici» dell’Europa, il secondo proprio sul Trattato costituzionale. A Strasburgo la scorsa settimana, spiegando agli europarlamentari l’«indice» della Dichiarazione, il presidente Hans-Gert Poettering ha parlato di quattro capitoli, comprendenti i successi storici ottenuti prima dalla Cee poi dall’Ue, i valori oggi condivisi, i campi di azione (ossia le politiche «comunitarizzate») e i prossimi impegni. Nessun accenno al profilo – storico, culturale, etico, religioso – del Continente. Sempre la Merkel aveva precedentemente chiarito che non ci sarà riferimento né a Dio né alle radici cristiane del Continente nella Dichiarazione di Berlino. Altrettanto sorprendente sarebbe l’omissione di un esplicito e convinto riferimento alla Costituzione e alla improrogabile necessità di un accordo fra gli Stati per farla giungere in porto.

Certo, l’Europa comunitaria ha marciato, bene o male, per mezzo secolo senza una Carta fondamentale, regolandosi mediante Trattati validi tra i contraenti: ma è altrettanto vero che ormai tutte le voci esenti da euroscetticismo preconcetto affermano che per proseguire la marcia un Trattato costituzionale è irrinunciabile. Un testo che «certifichi» principi condivisi e obiettivi futuri, che sancisca la cittadinanza europea, che riformi l’architettura istituzionale dell’Ue e renda possibile il funzionamento di una comunità passata da sei Stati fondatori agli attuali 27. Le «radici» e la Costituzione rappresentano in realtà la «carta d’identità» dell’Ue del terzo Millennio. La storia non fa sconti: oggi, esattamente come 50 anni fa, è il momento delle grandi decisioni. Intervista a -Gert PötteringUna bella realtà ma ancora troppo lontana dai cittadini Da quando è stato eletto, lo scorso mese di gennaio, alla carica di presidente del Parlamento europeo, Hans-Gert Pöttering insiste sulla rilevanza di due appuntamenti per il futuro dell’Ue: le celebrazioni del cinquantesimo anniversario dei Trattati istitutivi, con la Dichiarazione di Berlino del 25 marzo, e il summit di giugno, «per mettere a fuoco i prossimi passaggi politici e istituzionali sulla Costituzione». Giurista tedesco, 61 anni, politico di lungo corso, Pöttering siede in emiciclo dal 1979; è stato per molti anni capogruppo dei Popolari, che gli riconoscono leadership autorevole ma anche grande capacità di mediazione. Giovedì era a Firenze per il seminario interparlamentare all’Università Europea. Ne ha approfittato per rendere omaggio ad un grande «europeista» come Giorgio La Pira, con una visita prima alla omonima Fondazione e poi al cimitero di Rifredi dove è sepolto il sindaco santo. Lo abbiamo intervistato alla vigilia del «compleanno» comunitario e in occasione dell’incontro con Benedetto XVI fissato per venerdì 23.

L’Unione europea festeggia i suoi primi 50 anni di vita. Alle spalle ci sono successi evidenti ma anche errori e passi falsi. Quali sono, a suo avviso, le principali conquiste di mezzo secolo di integrazione?

«L’idea di Europa unita è stata portata al successo soprattutto a partire dal Trattato di Roma firmato 50 anni fa. Essa è divenuta l’espressione esteriore di uno dei periodi più felici della nostra storia continentale. Quest’anno ha un particolare significato per tutti noi: commemoriamo mezzo secolo di destino condiviso, di pace e prosperità. Cose come il mercato comune, la moneta unica, la cittadinanza europea, lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia o anche il fatto di aver superato la divisione dell’Europa erano praticamente inimmaginabili solo fino a qualche anno fa». Quali sono invece i principali errori commessi e gli insuccessi registrati?

«L’Ue è avvertita come qualcosa di lontano dalla vita quotidiana: dobbiamo avvicinare l’Europa ai cittadini. La gente spesso crede che l’Unione corra troppo e che le decisioni vengano assunte senza tener conto del parere dell’opinione pubblica. È necessario agire in maniera trasparente e raggiungere risultati concreti, utili per i cittadini».

In un mondo globalizzato l’integrazione tra i popoli e gli Stati europei è ritenuto un processo necessario, irreversibile. Quali sono le decisioni e le azioni più urgenti per superare l’attuale impasse e rilanciare l’Ue?

«L’Ue oggi, con 27 Stati membri e quasi 500 milioni di cittadini, ha bisogno di una riforma. Dobbiamo fare dei passi avanti perché non possiamo procedere con i Trattati attuali. Il Trattato costituzionale renderebbe possibile il funzionamento dell’Unione europea: ecco perché il Parlamento sostiene l’attuale presidenza del Consiglio Ue nel suo intento di preservare la sostanza del Costituzione, cioè la Parte prima sulle riforme e la Parte seconda sui valori». Quale significato conferisce alla Dichiarazione di Berlino? «Il 25 marzo firmeremo un documento solenne per riaffermare i nostri valori e tracciare un percorso per il futuro: nel mondo in cui viviamo ci sono nuove sfide come il cambiamento climatico, il terrorismo, l’immigrazione, la globalizzazione, che possono essere affrontate solo dagli europei tutti insieme. Questo deve affermare la Dichiarazione». Tra i «padri» dell’Europa riconosciamo diversi politici cristiani, che hanno impresso alla Comunità alcuni valori irrinunciabili. Lei ritiene che ancora oggi ci sia bisogno del contributo dei credenti per costruire l’Europa unita? «I padri fondatori del progetto europeo, come Robert Schuman, trassero chiaramente ispirazione dal cristianesimo. Tale eredità ha avuto un’influenza decisiva sulla storia che abbiamo alle spalle e ne ritroviamo l’essenza nella Carta che è in fase di ratifica; principi come la dignità della persona, il rispetto per i diritti umani, la solidarietà e la sussidiarietà si rispecchiamo nella Costituzione. Pensiamo inoltre alla Carta dei diritti fondamentali, anch’essa recepita nella Costituzione, con la sua specifica attenzione alla protezione della famiglia, dei bambini e degli anziani… Sono esempi concreti nei quali i valori cristiani vengono riaffermati. Anche in questo constato che il ruolo del cristianesimo è stato determinante nella vicenda comunitaria e debba rimanere tale anche in futuro». Quale può essere il ruolo del dialogo interculturale e interreligioso per l’Ue di domani? «Il dialogo tra le culture è una delle più grandi sfide che abbiamo dinanzi. Del resto viviamo nel continente dove convivono le tre grandi culture e religioni: cristiana, ebraica e islamica. Abbiamo inoltre bisogno di stabilità e dialogo con i nostri vicini, specialmente con il mondo arabo; ciò significa costruire un ponte intellettuale e culturale attraverso il Mediterraneo. Negli ultimi anni ho visitato parecchi paesi arabi e mi sono convinto della necessità di questo dialogo. Vogliamo cooperazione, partnership e amicizia e il confronto si deve fondare sulla tolleranza e la verità: per me questo significa rispetto delle convinzioni degli altri pur mantenendo le rispettive identità e così coesistere in pace». Intervista a mons. Aldo GiordanoOccidente e Oriente uniti dalla fede cristiana Qual è il contributo delle Chiese cristiane al cammino europeo? Lo abbiamo chiesto a mons. Aldo Giordano, segretario generale del Ccee, il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa.

«L’idea dell’Unione europea – ci spiega – nasce come prospettiva di pace dalla tragedia della guerra e la Chiesa degli anni ’50 era molto preoccupata che l’Europa fosse capace di vivere in pace e di contribuire alla pace nel mondo. In seguito, la storia europea è stata condizionata dal Muro e anche la storia della Chiesa europea è stata segnata dalla divisione dell’Europa in due, ma in questo senso la Chiesa è stata profetica perché ha sempre considerato l’Europa tutta l’Europa. Basti pensare che dopo il Concilio è fondato il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, che è un organismo europeo che ha dentro di sé i Paesi dell’Ovest e dell’Est, del Nord e del Sud, comprendendo anche la Russia e la Turchia. In effetti, l’idea di unificazione europea si è sviluppata soprattutto nei Paesi occidentali. Dopo il crollo del Muro, l’Unione europea diventa un processo che va verso Est; la Chiesa, avendo considerato l’Europa sempre tutta l’Europa, sottolinea che il processo di unificazione europea non deve essere imposto dall’Occidente all’Oriente: è un processo da costruire insieme, ascoltando le voci, le esigenze, i contributi e le paure dell’Est».

Sono diverse le sensibilità delle Chiese dell’Est e dell’Ovest rispetto al processo di unificazione europea…

«I Paesi dell’Est, da una parte, sono ricchi di speranza che l’Ue possa portare un benessere economico, un fondamento e uno sviluppo delle democrazie, una stabilità politica. Dall’altra, hanno paura del confronto con il libero mercato e con l’economia dell’Occidente, che si gioca sulla concorrenza e sulla proprietà privata. Ma hanno anche timore che l’Occidente diffonda una visione della realtà e dei valori che non corrispondono alla propria tradizione: una certa mentalità sulla vita, aperta all’aborto o che non sostiene la famiglia. Le Chiese dell’Est esprimono in maniera più profonda questo sospetto rispetto alla cultura occidentale, tanto segnata dalla secolarizzazione e dalla crisi dei valori; anzi sentono un po’ la vocazione di arginare la deriva secolarista. Questo fa sì che le Chiese dell’Est di solito si sentano tra loro vicine e che la Chiesa ortodossa in particolare senta di avere come partner in questa difesa dei valori la Chiesa cattolica. Più problematica la situazione con le Chiese protestanti, che hanno una gran varietà all’interno e su certi problematiche etiche, sul tema della vita e della famiglia, hanno una visione più distante».

Quali sono le priorità che le Chiese pongono con più urgenza all’Europa?

«Nel nostro dialogo con le Istituzioni europee, un primo livello di problematiche riguarda le questioni etiche: la pace, la preoccupazione che l’Europa contribuisca alla giustizia nel mondo, i divari immensi segnati dalla fame nel mondo e dalle malattie. Un altro tema emergente è quello dell’ambiente e della responsabilità per il creato. La Chiesa ha, poi, molto a cuore le questioni legate alla persona, ai temi della vita, alla famiglia: un’Europa che non sostenga la famiglia si autocondanna perché viene a mancare una cellula alla base dell’Europa stessa, capace di offrire una prospettiva futura di socialità, di educazione, di comunione per l’umanità. Un altro livello è quello del senso della vita. Oggi in Europa, dove è altissima la percentuale dei suicidi, è forte tra i giovani, ma non solo, la domanda del trascendente, dell’eterno. La Chiesa è molto attenta a sentire questa domanda di senso e sente la responsabilità che l’Europa sia uno spazio di senso. Infine, le Chiese sono preoccupate che l’Europa sia uno spazio aperto a Dio, perché se non è aperta al trascendente, è senza un vero futuro. Uno spazio dove possiamo riscoprire l’essenziale del cristianesimo e dove è possibile testimoniarlo». Le radici cristiane, non inserite nel Trattato costituzionale europeo, saranno ancora una questione dell’Europa del prossimo futuro?

«Anche se sappiamo che la presidenza tedesca dell’Ue tenta di fare qualcosa in questa direzione, ci sono prospettive minime di trovare citato il cristianesimo nel preambolo del Trattato costituzionale. Questo indica che purtroppo in Europa c’è un’ignoranza profonda di cos’è il cristianesimo e anche nel dibattito intorno alle radici cristiane dell’Europa si usava la parola cristianesimo per indicare qualcosa che non è l’essenza del cristianesimo. Di qui l’urgenza di ridire e testimoniare cos’è autenticamente il cristianesimo. Sarebbe bello se potessimo discutere anche a livello di Istituzioni d’Europa sul cristianesimo, non c’è mai stato un dibattito vero su cos’è e cosa può donare davanti ai problemi che l’Europa oggi si trova ad affrontare».

Quali sono le grandi sfide del futuro?

«La mobilità umana, l’emergere della Cina e dell’India, l’incontro tra popoli così diversi… Come Chiese siamo convinti che la convivenza pacifica tra popoli sarà possibile se ci sarà il lievito del cristianesimo per il quale siamo tutti fratelli perché figli dello stesso Padre, che ha a cuore dell’agire il comandamento dell’amore, una visione dell’uomo improntata sulla dignità di ciascuna persona, un sociale segnato dalla libertà e dall’uguaglianza. Senza il lievito di questo tipo di amore è difficile pensare che si riuscirà a superare gli egoismi nazionali e dei potentati economici». (Sir)

In breve I festeggiamenti iniziano a Firenze I Presidenti dei Parlamenti dei Paesi dell’Unione europea, del Parlamento europeo e dei Paesi candidati sono stati invitati da Fausto Bertinotti e Franco Marini ad un seminario, il 22 marzo a Firenze (all’Università Europea, sul tema: «Che cosa manca all’Europa?» e articolato in tre sessioni, politica, economica e sociale) e ad una celebrazione il 23 marzo, nell’Aula del Senato, a Roma, con l’intervento di autorevoli personalità europee. Al termine i partecipanti saranno ricevuti dal Presidente della Repubblica al Quirinale, dove potranno partecipare all’inaugurazione della Mostra di capolavori provenienti da tutti i Paesi dell’Unione europea. Sabato 24 aperti i «palazzi» della politica Un grande spettacolo di sbandieratori nel centro storico di Firenze, musei e sedi istituzionali e culturali aperti fino a mezzanotte, convegni e mostre. La Toscana festeggerà così, sabato prossimo, il 50ª anniversario dei Trattati di Roma, e per l’occasione a preparare le iniziative, sotto il titolo «Equinozio dell’Europa», saranno insieme la Regione, la Provincia, il Comune, l’Università, la prefettura e il Gabinetto Vieusseux. Il corteo di sbandieratori è previsto per il pomeriggio: partirà da Palazzo Vecchio e sfilerà in piazza Repubblica e piazza del Duomo. In occasione della giornata, inoltre, saranno straordinariamente aperti dalle 10 alle 24 Palazzo Vecchio (sede del Comune), Palazzo Medici Riccardi (Provincia) e Palazzo Panciatichi (Consiglio regionale). Dalle 19 a mezzanotte, inoltre, sarà possibile visitare gratuitamente i musei del Comune, di Santa Maria Novella, «Firenze com’era» e quello di storia naturale dell’Università. Nella mattina, dalle 9.30 alle 11, saranno aperti l’Istituto francese e quello britannico. Vertice a Berlino il 24 e 25 marzo I leader europei si riuniscono il 24 e 25 marzo a Berlino, al Deutsches Historisches Museum, per celebrare il 50° anniversario del trattato di Roma e sottoscrivere una dichiarazione comune sui valori e le ambizioni dell’Europa di domani. A Roma si incontrano anche gli episcopati Ue «L’Europa comunitaria ha bisogno, oggi più che mai, di una rinnovata e convinta testimonianza dei credenti. È quanto hanno più volte richiamato Paolo VI, Giovanni Paolo II e, di recente, Benedetto XVI». Mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi, rappresenta la Chiesa italiana nella Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea), che promuove in questi giorni a Roma il congresso «Valori e prospettive per l’Europa di domani». Nel corso dei lavori (sabato 24 marzo, ore 13) sarà proclamato «Il messaggio di Roma» che sarà accolto dal primo ministro italiano, Romano Prodi. Sempre sabato (ore 11) i partecipanti saranno ricevuti in udienza da Benedetto XVI. Ai lavori della Comece sono attesi, tra gli altri, mons. Dominique Mamberti, segretario della Santa Sede per le relazioni con gli Stati, il presidente del parlamento europeo, Hans-Gert Pöttering e il presidente della Cei, mons. Angelo Bagnasco. In mostra l’originale dei Trattati di Roma I Musei Capitolini ospitano fino al 30 marzo l’esposizione della copia originale dei Trattati di Roma, proprio nella prestigiosa Sala degli Orazi e dei Curiazi dove furono firmati. La mostra è accompagnata dalla proiezione di filmati d’epoca riguardanti la cerimonia della firma del 25 marzo 1957. Un forum telematico sul futuro dell’Unione Sul forum telematico dell’Unione europea dedicato al dibattito sul futuro dell’Europa (www.europa.eu/ debateeurope/index_it.htm ) i partecipanti sono invitati ad esprimersi su tre temi: lo sviluppo sociale ed economico; i sentimenti nei confronti dell’Ue e dei suoi compiti; i confini dell’Europa ed il suo ruolo nel mondo. Gli argomenti trattati con maggiore frequenza sono l’economia, le relazioni con gli Usa e la Cina, la Costituzione, il deficit democratico, le politiche dell’informazione, l’energia, le lingue, l’adesione della Turchia, e la questione tutt’altro che chiusa delle radici cristiane. La storia 1957 – Firma, da parte dei sei Paesi fondatori: Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, dei Trattati di Roma che istituiscono la Comunità Economica Europea (Cee) e la Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom). Nasce l’Europa composta da 6 Stati membri, primo passo per la realizzazione di una Comunità europea caldeggiata, tra gli altri, da esponenti cattolici: De Gasperi, Schuman e Adenauer. Nel 1951 i sei Stati avevano sottoscritto il trattato per l’istituzione della Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Nel 1952 è istituita a fini difensivi la Ced (Comunità europea di difesa), mai attivata a causa della mancata ratifica del parlamento francese. 1967 – Entra in vigore il Trattato di Bruxelles che prevede l’istituzione di un Consiglio unico e di una Commissione unica per tutte e tre le Comunità Europee. 1970 – Firma a Lussemburgo del Trattato che prevede una solida autonomia finanziaria della Comunità in sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri. 1973 – Ingresso nella Cee di Danimarca, Irlanda e Regno Unito. Salgono a 9 gli Stati membri. 1974 – Vertice di Parigi in cui i 9 Capi di Stato e di Governo propongono di eleggere il Parlamento europeo a suffragio universale. 1979 – Prime elezioni del Parlamento Europeo a suffragio universale diretto. Ingresso nella Cee della Grecia. 1984 – Consiglio europeo di Stoccarda: approvazione della Dichiarazione solenne dell’Unione europea. 1985 – Firma degli accordi di Schengen per la soppressione graduale delle frontiere. 1986 – Ingresso nella CEE della Spagna e Portogallo. L’Europa a 12 con 320 milioni di abitanti supera le altre entità del mondo industrializzato. 1987 – Entra in vigore l’Atto Unico Europeo che prevede la realizzazione del mercato unico entro il 31 dicembre 1992. 1989 – Approvazione della Carta sociale da parte di tutti gli Stati membri, tranne il Regno Unito. 1990 – Dopo l’unificazione tedesca entrano a far parte della Comunità Europea i cinque Laender dell’ex Germania Orientale. Firma della Convenzione di Schengen sulla libera circolazione nel mercato interno delle persone e delle merci. 1992 – Firma dell’accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo (See). 1993 – Entrata in vigore del Trattato di Maastricht che prevede l’istituzione dell’Unione Europea e la creazione di un’unione economica e monetaria (Uem). 1995 – Ingresso nell’Unione Europea di Austria, Finlandia e Svezia – Europa a 15. 1997 – -Presentazione del documento programmatico «Agenda 2000» contenente la nuova riforma dei Fondi strutturali e i criteri del futuro ampliamento dell’UE.

1998 – Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna danno vita alla Banca Centrale Europea ed adottano la moneta unica.

1999 – Undici paesi dell’U.E. entrano nella terza fase dell’Unione monetaria e adottano l’euro. Investitura della nuova Commissione di Romano Prodi da parte del Parlamento europeo.

2002 – L’euro, moneta unica dell’Unione, entra in circolazione negli. L’introduzione delle banconote e monete in euro rappresenta una sfida senza precedenti che coinvolge tutte le strutture economiche degli Stati membri, con l’esclusione di Gran Bretagna, Svezia e Danimarca.

2003 – Si conclude ad Atene il negoziato con la firma del Trattato di adesione per dieci Stati dell’Europa centro-orientale e meridionale. Cipro, Malta, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia ed Ungheria.

2003. Nel preambolo non figura il riferimento alle «radici cristiane». Italia, Polonia e gli altri stati cattolici si sono dovuti accontentare di un generico riferimento all’«eredità culturale, religiosa e umanistica europea».

2004 – Il primo maggio l’Europa accoglie i dieci nuovi paesi nell’Unione. 2004 – Il 29 ottobre, a Roma, i capi di Stato o di governo dei 25 paesi europei adottano la «Costituzione per l’Europa», dopo mesi di negoziato sul progetto elaborato dalla Convenzione e presentato in occasione del Consiglio Europeo di Salonicco il 20 giugno. 2005 – Il 25 aprile, la Bulgaria e la Romania firmano i trattati di adesione. 2005 – In Francia (29 maggio) e nei Paesi Bassi (1° giugno) prevale il «no» nel referendum sulla Costituzione europea e il processo di ratifica si blocca.

2007 – Il 1° gennaio 2007, la Bulgaria e la Romania entrano a far parte dell’Unione europea che, attualmente, conta di 27 Stati membri. (ennio cicali)

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