Lettere in redazione

Ma a cosa servono le gite scolastiche?

Firenze, Piazza San Giovanni. È mercoledì pomeriggio, saranno circa le 16.30. Un allegro strepitare di giovani voci segnala che proprio accanto al Battistero, il «bel San Giovanni» di Dante, è in corso un avvincente gioco a palla. Saranno una ventina, sono tutti maschi, avranno più o meno quindici anni ed è evidente che sono in gita scolastica. Nei pressi non si scorge neanche l’ombra di un insegnante… Forse c’è già da ringraziare il Cielo che un eventuale accompagnatore non sia lì in mezzo a divertirsi con loro. In una scuola in cui il modello pedagogico che sembra essere maggiormente influente per i nostri ragazzi risulta quello dell’insegnante-amicone che, per compiacere i propri studenti, si rolla e fuma una sigaretta in classe, ci sarebbe da aspettarsi anche questo. Il gioco si interrompe repentinamente dopo una ventina di minuti al materializzarsi un po’ tardivo di una vettura della Polizia Municipale. C’è davvero da chiedersi a quale insignificante fine culturale rispondano queste visite.

Stefano Dommi Scandicci (Firenze)

Alle sue perplessità, che sono sotto gli occhi di tutti, ne aggiungo anche altre. Spesso queste gite sono occasione per atti di bullismo o per esperienze negative (droga e sesso). Poi c’è l’aspetto economico, che non è secondario. Già alle scuole medie si arriva a chiedere ai genitori 300-400 euro per una gita. E sono cifre ingiustificate che creano disagio in non poche famiglie e talvolta discriminano gli studenti, che magari sono costretti a rimanere a casa accampando delle scuse. Eppure, anche per la mia esperienza di insegnante, mi sento di difendere – almeno in linea di principio – le gite scolastiche. Sono fortemente positive quando gli insegnanti riescono ad instaurare un rapporto educativo con la classe e quando sono inserite nella normale programmazione. In quel caso permettono agli studenti di conoscersi meglio e agli insegnanti di scoprire dei loro alunni aspetti che altrimenti rimarrebbero nascosti, oltre naturalmente a far crescere le loro conoscenze. Ma se mancano questi presupposti – e molto spesso è così – allora diventano solo una pericolosa perdita di tempo (scolastico).

Claudio Turrini