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Toscana: lavoro minorile in crescita tra luci e ombre
Secondo l’ultimo report Unicef, la nostra è tra le regioni italiane con l’incremento più alto di giovani lavoratori sotto i 19 anni. Se da un lato aumentano le assunzioni regolari e le denunce di infortunio, segno di maggiore tracciabilità e tutela, dall’altro emergono criticità come l’abbandono scolastico e il rischio di lavoro sommerso

Aumentano i lavoratori giovanissimi in Toscana. A dircelo è l’ultimo report sul lavoro minorile stilato da Unicef Italia, che mette nero su bianco quella che è la situazione per il settore a livello italiano. Entrando nello specifico dei dati, la nostra regione si pone ai piani più alti della classifica che censisce i lavoratori dipendenti entro i 19 anni: sulla base infatti dei numeri forniti dall’Osservatorio statistico dell’Inps per il quinquennio 2019 – 2023, la Toscana è una delle aree che ha visto uno degli incrementi più significativi passando dai 16.062 lavoratori nel 2019 ai 23.877 del 2023. Numeri che pongono la nostra regione al quarto posto, dietro a Valle d’Aosta, Liguria e Abruzzo. Volendo, però, è possibile avvicinare ulteriormente la lente e vedere qual è lo scenario per i lavoratori, dipendenti o indipendenti, che rientrano nella fascia di età tra i 15 e i 17 anni: in questo caso la Toscana scende di qualche posizione rispetto ad altre realtà e vede una percentuale del 3,36%, cioè il rapporto tra il numero complessivo di minori in Italia tra i 15 e i 17 anni al primo gennaio 2024 e il numero effettivo di lavoratori (103.778 minorenni per 3.483 che lavorano già). Pur parlando in questo caso specifico di dati bassi – siamo lontanissimi ad esempio dai numeri del Trentino Alto-Adige che vede una percentuale di lavoratori tra 15-17 anni del 21,63% e comunque sempre sotto quella che è la soglia nazionale del 4,5% – c’è da segnalare come Unicef riporti anche in questo preciso settore un aumento rispetto all’anno precedente del 2,71%.
Un altro aspetto messo in evidenza dal rapporto è quello delle denunce di infortuni sul lavoro. In questa categoria la Toscana si posiziona in alto nella classifica nazionale: si piazza infatti al quinto posto per i casi che riguardano i lavoratori entro i 19 anni con 19.060 denunce tra il 2019 e il 2023, per una percentuale del 5,76%. La Toscana si colloca così leggermente sopra la media nazionale, con un tasso di denunce di infortunio del 21,29% contro il 19,99% registrato in Italia nell’arco di cinque anni tra il 2019 e il 2023. Anche in questa precisa sezione possiamo però stringere ulteriormente il campo alla categoria dei lavoratori nella fascia di età 15-17 anni: la Toscana si conferma sempre ai piani più alti di questa particolare classifica nazionale con 4.039 denunce di infortunio nell’arco di cinque anni (sesto posto secondo i dati Inps). Stessa posizione anche per quanto riguarda il report annuale 2023, con un tasso di denunce al di sopra della media nazionale (31,52% contro il 23,97%; guidano la classica Piemonte con 50,89% e Lombardia con 44,01%).
Contestualizzati i numeri, questi incrementi registrati sono da considerarsi negativi? Non necessariamente, in quanto come si precisa nello stesso rapporto Unicef significa che la nostra regione è tra quelle che segnala maggiormente gli episodi di infortunio sul lavoro tra giovanissimi e minorenni nonché una tra quelle che tiene più traccia dei suoi lavoratori rispetto ad altre realtà italiane. «Ma parliamo comunque di quella che è una grande zona grigia – commenta Silvia Russo, segretaria regionale Cisl Toscana – È vero che da una parte parliamo di lavoro tutelato, quindi di situazioni di lavoro minorile o comunque di giovanissimi che sono regolarizzate, ma dall’altra vediamo come questi numeri coincidano con un tasso di abbandono scolastico in aumento». Secondo la segretaria regionale della Cisl questi dati dovrebbero servire per aprire una riflessione più ampia che riguardi l’attenzione alle politiche giovanili e lo sviluppo di percorsi professionalizzanti all’interno delle scuole. «Crediamo che serva incentivare tutte quelle politiche giovanili che consentano in qualche modo di recuperare questi ragazzi, permettendo loro di concludere almeno le scuole dell’obbligo, com’è giusto e doveroso che sia – commenta Russo -. Poi, nell’eventualità di un avviamento al lavoro, riteniamo che ci sia bisogno di ampliare l’offerta formativa da parte delle scuole per andare incontro alle diverse necessità di ogni ragazzo, con percorsi che li accompagnino alla maggiore età o nel caso in un orientamento vero lavori più professionalizzanti rispetto a quelli che prevedono una carriera scolastica che si conclude con il diploma o con una laurea»
Anche a livello sindacale parlare di lavoro minorile è piuttosto complesso, in quanto la sindacalizzazione di questi ragazzi, in generale, è molto bassa. «Nella maggior parte dei casi si tratta di lavori in agricoltura o in ambito artigianale o edile – prosegue Russo – Parlavamo di una zona grigia in quanto nella nostra regione purtroppo esistono dei coni d’ombra dove il lavoro non è tutelato e le persone non sono correttamente inserite nel mondo del lavoro, situazioni in cui i giovanissimi sono per forza di cose tenuti ancora di più in scacco sebbene siano lavoratori a tutti gli effetti. Per questo ribadiamo la necessità di porre ancora più attenzione sulle politiche giovanili: serve ridurre l’eventualità di abbandono della scuola, implementare il recupero scolastico e migliorare i percorsi professionalizzanti. Senza dimenticare l’attenzione verso il gioco d’azzardo o le dipendenze, temi che toccano da vicino l’universo dei nostri ragazzi e che comportano ricadute negative nella loro quotidianità. I numeri “positivi” del rapporto – conclude Russo – non devono rallentarci ma rappresentare uno stimolo in più per migliorare la situazione dei nostri ragazzi».