Cultura & Società

San Miniato: percorso teatrale alla riscoperta della fede attraverso i testimoni di ieri e di oggi

Era il luglio del 1947. La città di San Miniato mostrava ancora, scolpite nelle macerie delle abitazioni e dei monumenti, ma soprattutto nei cuori dei suoi abitanti, le ferite ancora aperte della guerra da poco terminata. Proprio in quell’estate, per la prima volta, la piazza del Duomo ospitò un’opera teatrale dedicata al patrono della città, San Genesio. Era l’inizio di un’avventura che nel tempo avrebbe consacrato San Miniato come «città del teatro».

Forse neanche gli ideatori, pur nella loro intelligenza e lungimiranza, potevano immaginare che da quella prima rappresentazione potesse nascere uno dei più importanti e significativi festival del teatro italiano, che da allora fino ad oggi è riuscito a portare a San Miniato le eccellenze del teatro internazionale e a mettere in scena i testi dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi. Il segreto di una così lunga storia è da ricercare innanzitutto nella passione con cui l’Istituto del Dramma è stato presieduto e diretto in questi anni, ma, non secondariamente, anche dalla tenacia con cui si è sempre cercato di rimanere fedeli all’ispirazione originaria, che ha voluto, fin dal suo nascere, che il Dramma avesse una ispirazione cristiana e fosse al contempo capace di dare voce alle domande e alle tensioni spirituali dell’uomo contemporaneo. In linea con questa vocazione spirituale, la settantesima edizione della «Festa del Teatro» propone quest’anno una serie di spettacoli che gravitano attorno al tema della «fede», analizzata da diverse angolature e approfondita attraverso l’incontro e il confronto con alcuni «testimoni» di ieri e di oggi.

Il vertice di questo percorso teatrale alla riscoperta della fede è costituito dal Dramma «Il martirio del pastore» che verrà rappresentato in prima assoluta dal 14 al 20 luglio prossimi. L’opera, scritta dal drammaturgo costaricense Samuel Rovisnski, ripercorre gli ultimi tre anni di vita di Oscar Romero, dalla sua nomina ad Arcivescovo di San Salvador fino al momento del suo brutale assassinio avvenuto mentre stava celebrando l’Eucarestia il 24 marzo 1980, ed offre uno spaccato sul dramma interiore del vescovo Romero che, pur consapevole del rischio a cui andava incontro, ha deciso senza esitazione di rimanere fedele a Cristo e di denunciare con parresia evangelica le ingiustizie che opprimevano il suo popolo. Fuori da ogni interpretazione politica o teologica, il testo di Rovinski, accuratamente tradotto e adattato al pubblico italiano da Eleonora Zacchi, intende presentare la straordinarietà della testimonianza del buon pastore «che dà la vita per le proprie pecore», perché possa essere per tutti, credenti o non credenti, motivo per riflettere su quanto ancora oggi la violenza e l’ingiustizia costringono un numero sempre maggiore di persone a vivere come «scarti della società». L’opera sarà diretta da un maestro di eccezione, il regista Maurizio Scaparro, e verrà interpretata da attori di comprovata bravura, tra cui Antonio Salines, nel ruolo del protagonista, ed Edoardo Siravo.

«Monsignor Romero – scriveva papa Francesco in occasione della beatificazione – c’invita al buon senso e alla riflessione, al rispetto per la vita e alla concordia. È necessario rinunciare alla violenza della spada, quella dell’odio e vivere la violenza dell’amore, quella che lasciò Cristo inchiodato a una croce, quella che si fa ognuno per vincere i propri egoismi e affinché non ci siano disuguaglianze tanto crudeli tra noi». Questo è il messaggio che speriamo quest’anno colgano tutti quelli che saliranno il colle di San Miniato per assistere alla rappresentazione de «Il martirio del pastore».

*direttore artistico dell’Istituto del Dramma popolare