Italia

CARITAS/MIGRANTES: MEZZO MILIONE DI IRREGOLARI IN ITALIA; NO A ESPULSIONI E CPT; QUOTE PIÙ ADEGUATE E CONTROLLI SUL LAVORO NERO

Sono circa mezzo milione gli immigrati irregolari in Italia, 5 milioni in Europa, tra le cause vi è “l’inefficienza dei meccanismi di ingresso”. L’antidoto è “riuscire a contrastare l’irregolarità in maniera promozionale”, ossia con “quote più adeguate”, un ripensamento delle espulsioni e dei Centri di permanenza temporanei (Cpt), la modifica del Regolamento di applicazione “e se necessario, anche della legge”, controlli nelle aziende per contrastare il lavoro nero. Sono le indicazioni emerse oggi a Roma durante la presentazione del volume “Immigrazione irregolare in Italia” curata dai redattori del Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes riuniti nel centro studi Idos. Dal volume si rileva che “si rendono sempre più necessarie politiche più realistiche di ammissione e integrazione degli immigrati”, come ha spiegato Franco Pittau, coordinatore del Dossier.

Nel 2005 i respingimenti sono stati 23.878, gli sbarchi 22.939, i rimpatri 26.985, i transitati nei cpt 16.163 (516 in più dell’anno precedente) e i non ottemperanti all’obbligo di lasciare l’Italia 65.617. Il trattenimento presso i Cpt, ha detto Pittau, “non ha efficacia risolutiva e un quinto dei trattenuti viene dimesso dai centri per scadenza dei 60 giorni autorizzati”. Inoltre gli sbarchi, soprattutto dopo le restrizioni spagnole a Ceuta e Melilla, sono raddoppiati, passando dai 13.635 del 2004 a 22.939 nel 2005. Tra i rimpatriati il 53% viene dai Paesi dell’est, soprattutto Romania, Albania e Bulgaria. La media dei rimpatri è stata di 45 ogni 100 intercettati.

E’ il collegamento con il mercato del lavoro a dare la misura della presenza irregolare, vista la “discrepanza tra le quote ufficialmente stabilite e le effettive esigenze del mercato del lavoro”. Nel 2006 le domande non soddisfatte, a fronte di 170.000 posti disponibili, sono state 314.000 con una domanda di forza lavoro aggiuntiva addirittura tripla rispetto alle opportunità stabilite. L’anno precedente le domande non soddisfatte erano state 150.000. La Lombardia registra quasi un quinto delle domande (18,8% pari a 90.000 unità), mentre detengono una quota di domande superiore al 10% del totale il Lazio (62.000 domande), il Veneto (59.000), l’Emilia Romagna (56.000).

Da questi dati si evidenzia quanto sia “fondamentale”, secondo Caritas e Migrantes, “il superamento dei ritardi nella gestione del mercato occupazionale quanto alla determinazione delle quote, ai meccanismi di inserimento e alla gestione della disponibilità degli immigrati dopo che si sono stabiliti in Italia”, soprattutto nel settore della collaborazione familiare, “quello che ha maggiormente bisogno di una gestione più innovativa”, anche con “l’incentivazione delle forme associative” e “la calmierazione dei costi” attraverso “ulteriori incentivi da parte degli enti locali e del Governo”. Secondo Pittau “l’irregolarità è, nello stesso tempo, una patologia del fenomeno migratorio e un indicatore dei rimedi da esperire”.

Mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana, ha poi messo in guardia sulla “tentazione semplicistica di mitizzare il controlli alle frontiere”, “necessari ma non determinanti per il superamento dell’immigrazione irregolare”. Ma se il respingimento alla frontiera non comporta spese, ha fatto notare, i rimpatri e i trattenimenti presso i Cpt costano molto allo Stato: nel 2004 la cifra di 115,5 milioni di euro, circa 316.000 euro al giorno.

Mons. Nozza ha invitato a porre l’attenzione soprattutto sulle “frontiere interne”, ossia quelle “aziendali”, “nell’interesse sia degli stessi immigrati e della società che li accoglie e sia a detrimento di datori di lavoro senza scrupoli”, per evitare la forte diffusione del lavoro nero. L’auspicio finale è di “riuscire a contrastare l’irregolarità in maniera promozionale”, senza “trascurare il ruolo di controllo”. In che modo? “Quote più adeguate”, “ripensamento delle espulsioni”, che sono “parzialmente efficaci ma anche molto costose”, incentivazione dei “rientri assistiti, che costerebbero molto meno di quelli coatti e non pregiudicherebbero un eventuale ritorno in Italia”. Infine, per la Caritas, urge un ripensamento dei Cpt “attraverso un lavoro congiunto che porti a tutelare maggiormente le persone ivi trattenute” e l’apertura degli stessi “al monitoraggio della società”.

“Una programmazione seria delle quote è indice di un Paese aperto che cerca di gestire i flussi migratori razionalmente, in base alla propria capacità di accoglienza”. Lo ha detto Giorgio Alessandrini, presidente vicario del Consiglio nazionale del lavoro (Cnl), durante la presentazione del Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes. “Le sole politiche di contrasto, che in ogni caso vanno intese come di contrasto al lavoro nero e alla criminalità organizzata e non contro i clandestini, – ha osservato Alessandrini – non bastano. L’impegno dei prossimi anni deve essere orientato in primis verso una programmazione dei flussi che corrisponda alla effettiva domanda del mercato del lavoro e che affronti il problema dell’immigrazione sul terreno della regolarità”. Oltre a un nuovo decreto sui flussi, varie le proposte del governo, portate all’attenzione dal sottosegretario alla Solidarietà sociale, Cristina De Luca: “un’azione di sensibilizzazione culturale orientata a parlare dell’immigrazione non come un problema ma come una risorsa”, l’avvio di “una politica di integrazione” da affrontarsi con un lavoro sinergico che coinvolga più ministeri, i sindacati, le associazioni, i centri studi e gli enti locali, la “revisione della legge sulla cittadinanza”, “una legge sul diritto di asilo”. Sir