Italia

È MORTO ENZO BIAGI

Si è spento questa mattina alle 8 Enzo Biagi, uno dei più noti giornalisti italiani. “Scompare con Enzo Biagi una grande voce di libertà”, ha ricordato il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato alle figlie. “Egli – prosegue – ha rappresentato uno straordinario punto di riferimento ideale e morale nel complesso mondo del giornalismo e della televisione, presidiandone e garantendone l’autonomia e il pluralismo. Il suo profondo attaccamento, sempre orgogliosamente rivendicato, alla tradizione dell’antifascismo e della Resistenza lo aveva condotto a schierarsi in ogni momento in difesa dei principi e dei valori della Costituzione repubblicana. L’amore per l’Italia e la conoscenza della storia nazionale avevano ispirato la sua opera di scrittore e le sue indagini nel vivo della realtà italiana. A Enzo Biagi, uomo di genuina ispirazione socialista e cristiana, rendo riconoscente omaggio a nome del Paese, esprimendo con commosso ricordo personale la più affettuosa vicinanza e solidarietà ai suoi familiari in questo momento di dolore e di rimpianto”. Nei giorni scorsi Biagi aveva ricevuto in clinica la visita di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, e insieme avevano recitato alcune preghiere.

“Si sta come le foglie su un albero in autunno. Ma tira un forte vento”. Le aveva pronunciate appena domenica scorsa, Enzo Biagi, queste parole, dalla clinica milanese “Capitanio” dove era ricoverato da una decina di giorni. Nato a Pianaccio di Lizzano in Belvedere (Bologna), sull’Appennino tosco-emiliano, il 9 agosto 1920, Biagi scrive a 17 anni il suo primo articolo, che gli verrà pubblicato da “L’Avvenire d’Italia”, edito a Bologna. Comincia così la sua collaborazione con il quotidiano cattolico, finché nel 1940 viene assunto dal “Carlino sera” (versione serale del bolognese “Il Resto del Carlino”). Chiamato alle armi nel 1942, non parte per problemi di salute, e dopo l’8 dicembre 1943 si rifugia sulle montagne, dove combatte nelle brigate partigiane “Giustizia e Libertà”. Nel frattempo, il 18 dicembre 1943 si sposa con Lucia Ghetti, maestra elementare. Terminata la guerra, entra con le truppe alleate a Bologna e annuncia alla radio locale l’avvenuta liberazione. Assunto al “Resto del Carlino”, nel 1951 lo lascia e, dal 1952 al 1960, va a Milano, chiamato dal settimanale “Epoca”, dapprima come caporedattore, poi, dopo appena qualche mese, divenendone direttore. Nel 1960, tuttavia, un articolo sugli scontri di Genova e Reggio Emilia contro il governo Tambroni provoca una dura reazione politica e Biagi è costretto a lasciare la direzione di “Epoca”. Qualche mese dopo il licenziamento da “Epoca”, il giornalista viene assunto dalla “Stampa” come inviato speciale. Il 1° ottobre 1961 va a dirigere il telegiornale e l’anno seguente dà vita a “RT-Rotocalco televisivo”, il primo programma settimanale di approfondimento della Tv italiana. Lasciata la direzione del Tg nel 1963, ritorna a “La Stampa”, scrivendo anche per il “Corriere della Sera” e “L’Europeo”. La sua collaborazione con la Rai riprende nel 1968, chiamato dall’allora direttore generale Ettore Bernabei per realizzare programmi di approfondimento giornalistico. Direttore de “Il Resto del Carlino” dal 1971 al 1972, con l’obiettivo di trasformarlo in un quotidiano nazionale, nel 1972 ritorna al “Corriere” e prosegue la collaborazione con la Rai, dando vita a numerose trasmissioni nelle quali incontra i grandi personaggi del secolo. Dal 1995 conduce su RaiUno “Il fatto”, appuntamento quotidiano di grande successo, che termina le trasmissioni il 31 maggio 2002, in coincidenza con l’allontanamento del giornalista dalla Tv pubblica. Negli ultimi anni alla sofferenza legata all’allontanamento dal video si aggiunge il dolore per la perdita della moglie e di una figlia. Ritorna, infine, in Tv nella primavera del 2007, con sette puntate emblematicamente titolate “RT-Rotocalco televisivo”.

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