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GIOCO AZZARDO: NASCE IN TOSCANA PRIMA COMUNITA’ DI RECUPERO

La ‘casa’ è una tipica colonica toscana, immersa nel verde delle colline senesi. Lì non ci sono Grandi fratelli a spiare con le telecamere, bensì medici e psicologi che dettano regole e tempi di permanenza. Chi resiste non vince soldi ma l’uscita dal tunnel della dipendenza del gioco d’azzardo patologico. E’ il progetto dell’associazione Orthos, primo in Italia e secondo in Europa, il cui nome nasce da un appellativo attribuito a Dioniso nella cultura greca classica: Orthos è ‘colui che sta in piedi’, che non è reclinato o abbandonato passivamente a se stesso e non dipende quindi da altri nel reggersi sulle proprie gambe.

Il progetto prevede che otto giocatori patologici ‘puri’, ovvero che non hanno altri tipi di dipendenze come fumo o alcol, siano chiusi per tre settimane in una cascina nel comune di Monteroni d’Arbia, in provincia di Siena. Lì affronteranno un programma completo di recupero che metta sulla strada della guarigione dalla malattia del gioco. La prima sessione partirà il 5 marzo.

Al momento l’associazione sta svolgendo i colloqui motivazionali in base ai quali sceglierà i candidati. “Parliamo – spiega Marianna Semeraro, coordinatrice del progetto – con persone di tutte le età, dipendenti da varie tipologie di gioco, dal casinò al Gratta e vinci, dalla roulette alle slot machine fino al bingo. La caratteristica comune è che queste persone hanno raggiunto uno stadio della patologia per cui vogliono giocare sempre e comunque, a prescindere dall’avere soldi o meno”. Oltre alle loro finanze, i giocatori patologici mettono a rischio anche la loro salute fisica e mentale e la loro armonia familiare.

“Non a caso – aggiunge Semeraro – i giocatori sono stati inviati, oltre che dai Sert o dai medici di famiglia, anche dai congiunti”. La giornata tipo prevede ‘lezioni’ dalle sette a mezzanotte con psicologi, psichiatri e psicoterapeuti, sotto la direzione scientifica di Riccardo Zerbetto, che segue la materia da quarant’anni. Gli utenti saranno ospitati in camere doppie con bagno privato mentre cucina, sala da pranzo e biblioteca saranno in comune. “I giocatori – continua Semeraro – praticheranno anche sport come scherma e karate, discipline che portano a sfogare l’aggressività non verso se stessi o gli altri ma incanalandola entro regole precise”.

Il progetto è finanziato dalla Regione. “Questi fenomeni – ha commentato l’assessore regionale al sociale Gianni Salvadori – sono in preoccupante aumento. La Toscana sta lavorando per collaborare con le associazioni del terzo settore ma ancora più importante sarebbe il coinvolgimento dei gestori dei giochi, verso i quali stiamo promuovendo specifiche campagne di sensibilizzazione”. (ANSA).

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