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Intervista a Toccafondi, deputato Iv: per ripartire servono coraggio e riforme

E’ stato sottosegretario all’istruzione con i governi Letta, Renzi e Gentiloni per cinque anni. La scuola è sempre in vetta alle sue preoccupazioni. Il fiorentino Gabriele Toccafondi, deputato di Italia Viva, lo ribadisce anche nella nostra intervista: «Le scuole paritarie sono scuole pubbliche a tutti gli effetti che meritano le stesse attenzioni di quelle statali». E nel decreto «Rilancio» manca un sostegno concreto a questi istituti. Ma manca anche altro.

Toccafondi, il rapporto tra governo e regioni è stato complicato con il primo che, spesso, ha rincorso le seconde. Nel nuovo decreto «rilancio» ci sono più di 600 misure e forse troppo difensive. Cosa si poteva fare di più?

«Nel 2016 abbiamo avuto una grande possibilità di cambiare questa eterna diatriba tra stato e regioni, ma il popolo decise di votare in maggioranza “no” al referendum, molti diciamo la verità votarono contro Renzi e questo è il risultato. Oggi avremmo visto qualche vantaggio. Ma non parliamo del passato. Il decreto rilancio dà alcune risposte, ma credo quello che più serva adesso è la fiducia nei confronti delle persone. Abbiamo dimostrato di sapere rispettare le regole, adesso, in sicurezza, dobbiamo ripartire. Non possiamo vivere di codici “ateco” o di Dpcm, con uno Stato che sembra quasi uno stato etico, che ti dice cosa puoi o non puoi fare. Il decreto “rilancio” serve per dare delle prime risposte a chi è stato più colpito dai tre mesi di chiusura totale. Ma la risposta, soprattutto economica, non arriverà dallo Stato, ma dal lavoro. Per questo serve ripartire. Certo con senso di responsabilità, regole certe e controlli. Ma ripartire».

La crisi economica è davvero pesante. Molte imprese rischiano di non riuscire a ripartire. Come si può invertire la rotta?

«C’è chi pensa che la soluzione sia il “reddito di cittadinanza” e chi pensa che sia la ripresa del lavoro. Io senza alcun dubbio sono per la seconda! La crisi economica è stata pesantissima e purtroppo credo che non sia destinata a esaurirsi presto. La via per la ripartenza è una sola: ripartire dal lavoro e da chi lo crea. E la vera spinta economica a un tessuto economico come quello del nostro paese la possono dare solo gli imprenditori, gli artigiani, i commercianti. Le persone che decidono di fare impresa. Non – come alcuni in questo periodo sono tornati a teorizzare – con lo stato totalmente assistenziale, o peggio ancora, con lo stato-imprenditore che entra nei Cda. Queste sono idee fuori dalla storia.Dobbiamo aiutare chi crea lavoro, innanzitutto facendo tesoro di questo periodo: sburocratizzare, tagliare procedure, aiutare e facilitare chi crea lavoro. Per questo da settimane insistiamo sulla ripresa del lavoro. Certo, in sicurezza, con distanze e dispositivi di protezione, ma prima riparte il lavoro prima potrà ripartire l’economia».

La sospensione della scuola e la ripresa dell’attività lavorativa hanno messo in crisi le famiglie. Come aiutarle?

«Con il lavoro che – come detto – per fortuna piano piano riprende, dobbiamo ricordarci che in Italia abbiamo 10 milioni di famiglie che hanno figli in età scolastica. Di pari passo al lavoro quindi, deve ripartire anche tutta quella rete di luoghi educativi che permettevano da una parte ai ragazzi di continuare un percorso educativo, e dall’altra ai genitori di avere dove lasciare i figli durante il lavoro. Quindi quando parliamo di riapertura di luoghi educativi, non parliamo soltanto della scuola a settembre, ma anche di quelli che sono conosciuti come “centri estivi” e che sono fondamentali nel periodo di giugno-luglio-agosto. Oratori, associazioni, centri paritari per l’infanzia, circoli ricreativi o centri estivi, ma l’importante è che riaprano al più presto, e che lo facciano con tariffe azzerate o prezzi fortemente ridotti. Le disponibilità di tante famiglie infatti, dopo questo periodo di crisi economica, non sono più le stesse. Grazie anche alla ministra Bonetti, abbiamo inserito nel decreto rilancio un fondo di 150 milioni di euro proprio per queste strutture e da pochi giorni sono state rese pubbliche le linee guida per la riapertura di questi centri».

La Toscana in questa fase delle «riapertura» all’inizio è sembrata prudente, poi Rossi ha accelerato le riaperture. Qual è la strada da seguire?

«Come Italia Viva abbiamo accolto con piacere la lettera spedita al Governo dal Presidente Rossi solo qualche settimana fa. Da lunedì 18 si è riaperto e la strada delle prossime settimane è tracciata. Bene. Dobbiamo dare fiducia ai Toscani, che in questo periodo hanno dimostrato di essersi comportati molto bene e di saper rispettare le regole. Sono sicuro che sapremo riprendere le attività in sicurezza, con attenzione e con un sistema sanitario pronto ad intervenire in caso di segnali. Ma è fondamentale ripartire, perché lo Stato non può continuare con le misure di assistenza all’infinito: a guidarci in questa fase dovranno essere a mio avviso buonsenso, ragionevolezza e fiducia nei Toscani».

I comuni sono in grave crisi di liquidità. Cosa fare per sostenerli?

«Veniamo da tre mesi di “chiusura a chiave” del paese, con risvolti economici gravi sulle imprese, sugli esercizi commerciali e anche sui conti di tutte le amministrazioni pubbliche, in particolare dei comuni. Certo, lo Stato nazionale deve intervenire per aiutarli, così come dovranno fare le Regioni. Ma su tante cose servirà un vero e proprio cambiamento di mentalità: ricordiamoci che i 55 miliardi che andranno anche ai comuni sono di fatto un incremento del debito pubblico, che pesa come un macigno sulle spalle delle nuove generazioni. Chi si troverà ad amministrare questi soldi dovrà farlo con grande senso di responsabilità: tutti noi dobbiamo aver ben chiaro che lo stato non potrà mai rimborsare completamente le mancate entrate».

In crisi stanno andando anche le scuole paritarie che svolgono un servizio prezioso per il territorio regionale e rischiano di chiudere…

«Per renderci conto di quello di cui parliamo, solo in Toscana le scuole paritarie sono 570, hanno 35mila studenti e danno lavoro a oltre 7mila persone. Solo la lettura di questi numeri basterebbe per capire il valore del loro contributo al nostro territorio. A livello nazionale poi, parliamo di 180mila lavoratori e 900mila studenti. Il tema è prima di tutto culturale: ci si deve rendere conto che il sistema di istruzione pubblica nazionale è sorretto da due “gambe”: la scuola statale e la scuola paritaria. In questa fase di chiusura totale delle scuole, il mancato arrivo di alcune rette ha messo tante scuole paritarie in una situazione economica gravissima, che rischia di costringerle a non riaprire più. Fin dai primi decreti quindi, ci siamo battuti perché si riconoscesse questa parte fondamentale del sistema di istruzione con risorse adeguate. Alcune risposte sono arrivate, come i 2 milioni per l’acquisto di materiale per la didattica a distanza e con i finanziamenti per la sanificazione dei locali. Nel decreto Rilancio invece purtroppo, a fronte di 1,5 miliardi di euro di investimenti sulla scuola, non si prevedono finanziamenti per le scuole paritarie se non per il servizio 0-6. È una palese mancanza, che spero nei prossimi giorni possa trovare una rettifica. Basta con le ideologie, si riconosca con realismo e ragionevolezza il servizio che le scuole paritarie fanno per le famiglie italiane e per tutto il sistema pubblico di istruzione, e si sostengano».

L’Italia e, in particolare, la Toscana vive di turismo. Cosa serve per far tornare le persone sulle nostre coste e nelle città d’arte?

«Purtroppo la Toscana, con tutto il suo patrimonio paesaggistico, artistico e culturale, è stata particolarmente penalizzata dall’emergenza appena passata. Nessuna bacchetta magica ma un percorso e un impegno di tutti per far tornare i turisti in sicurezza. In attesa del vaccino, dobbiamo iniziare dal sostenere il turismo interno e quello europeo. Quando sarà possibile, ripartiremo a promuoverlo anche all’esterno, e penso anche a una particolare attenzione per le scuole di italiano per stranieri e le università per stranieri, migliaia di persone che generano indotto e lavoro e che per la nostra regione sono fondamentali.

Infine le elezioni regionali. Dovevano esserci adesso. Quando pensa che sarebbe il momento migliore perché si svolgano: luglio o l’autunno?

«Credo che le elezioni, in questo momento, siano giustamente scese più in basso nella lista delle priorità. Luglio mi sembra sinceramente abbastanza irrealistico e troppo ravvicinato. In ogni caso noi saremo pronti per quando a livello nazionale si deciderà di ripartire con la campagna elettorale e quindi anche con le elezioni. Quello che questo periodo di emergenza e di chiusura ci conferma è che abbiamo bisogno di coraggio e riforme: di idee chiare su una ripartenza che non passerà dal reddito di cittadinanza, dalla patrimoniale, da misure assistenzialistiche, che non passerà da chi dice stop alle infrastrutture e stop agli investimenti, con una logica di “contenimento”. Anzi, a maggior ragione dopo un’emergenza economica come l’attuale, la Toscana dovrà ripartire dalla crescita: infrastrutture, lavoro e sviluppo economico del territorio».