Italia

Nuovo welfare, la ricetta delle Acli

di Laura Badaracchi«Per un nuovo welfare proponiamo di lanciare una corvè civica nazionale, un servizio civile obbligatorio con funzione soprattutto educativa, per riscoprire il valore del servizio; infatti è un problema decisivo rimotivare all’azione volontaria, utile alla coesione sociale del Paese». È una delle proposte formulate dal presidente delle Acli, Luigi Bobba, a conclusione del convegno nazionale di studi «Il welfare che verrà. La nuova frontiera dei diritti nel tempo delle globalizzazione», svoltosi a Vallombrosa dal 6 all’8 settembre.

Tra le altre priorità individuate, un sistema fiscale più attento alle famiglie, la costituzione di un fondo per la non autosufficienza, la creazione di una previdenza integrativa, più servizi di cura per i bambini. E ancora: «Incalzeremo il Governo perché le persone straniere già da tempo in Italia, che hanno lavorato onestamente, non vengano escluse dalla regolarizzazione solo perché senza permesso di soggiorno». Intanto prosegue in 40 città italiane la raccolta di firme per la petizione popolare sulla flessibilità sostenibile, che si propone «il riconoscimento dei diritti individuali di formazione».

Il welfare in un mondo globalizzato. «Viviamo nella marmellata di un pensiero unico, nella convivenza delle diversità in un’insalata di opinioni e pensieri annegati nel relativismo». È l’analisi di mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, che ha descritto le radici delle minacce attuali: «Ci frammentiamo in diverse identità (lavoratori, consumatori, fruitori del tempo libero) a seconda del ruolo che assumiamo; si sta frantumando anche l’unità dei popoli: spirano venti di particolarismo e isolazionismo». E la globalizzazione del pensiero «non rispetta i diritti dei popoli; l’Occidente tenta di imporre al Terzo Mondo le proprie convinzioni». Altro è «la globalizzazione della solidarietà: la carità deve liberarsi da strutture pietistiche o gabbie solidaristiche, nella proiezione verso l’altro e i poveri – ha concluso –. I vescovi chiedono la ripresa di un progetto dei cristiani per la società».

Michel Camdessus, presidente delle Settimane sociali dei cattolici in Francia, ha definito la globalizzazione «un singolare miscuglio di rischi e opportunità». In questo clima occorre diventare «inventori di fratellanza», soprattutto nei confronti degli immigrati. Poi ha suggerito di realizzare un partenariato che impegni imprese, istituzioni finanziarie e «la società civile: solo se sarà mobilitata per realizzare quest’obiettivo di fratellanza avrà qualche possibilità di realizzarsi». Infine, riformare Onu e organismi finanziari per dare ai Paesi poveri «il loro posto nell’assunzione delle decisioni».

La «sindrome del ritardo». «La svolta economicistica – italiana e non solo – è per migliorare i servizi alla persona o i profitti di chi sta già bene? I tagli alla sanità e l’attuazione della legge 328 sono per garantire l’universalismo dei servizi oppure per tornare a un assistenzialismo a basso costo?», si è chiesto mons. Giovanni Nervo, della Fondazione Zancan. Per Massimo Livi Bacci, dell’Università di Firenze. l’Italia soffre di una «sindrome del ritardo: ritardo delle scelte di vita, nel fare i figli, nel compimento degli studi. Servono politiche che invertano la rotta». Ma il Paese è «in una situazione di grande deficit e schizofrenia: non si vuole riconoscere la necessità degli immigrati. Un’immigrazione a breve periodo e a rapida rotazione, che non investe sull’integrazione, è un scelta suicida». Una «schizofrenia privata e politica» ribadita dalla sanatoria per colf e badanti.

In questo scenario, quale il ruolo della Chiesa? Secondo don Vittorio Nozza, direttore di Caritas Italiana, si apre «un orizzonte sconfinato di impegno educativo e pratico»; occorre scegliere «tra partecipazione e assenteismo, tra il prendersi cura degli altri e il farsi i fatti propri». Per Edo Patriarca, portavoce del Forum terzo settore, «il welfare deve promuovere educazione e partecipazione, non solo assistenza».

Immigrati: problema o ricchezza? Nei confronti degli stranieri giunti in Italia «c’è molto fariseismo: si parla di difesa della razza, si vogliono cacciare gli incivili, poi però si ha bisogno di loro per i lavori più umili»: lo ha dichiarato, in videoconferenza da Bruxelles, il presidente della Commissione europea Romano Prodi. «Le follie che si sono dette negli ultimi tempi sulla superiorità di razza e simili sono contro i nostri valori, ma ancora di più contro la nostra vita quotidiana. Una politica attiva dell’immigrazione passa per il problema della casa, del ricongiungimento familiare, dell’integrazione scolastica: le armi che la rendono una ricchezza». E Maurizio Ambrosini, docente di sociologia all’Università di Genova, ha osservato: «La maggioranza degli immigrati irregolari non sono musulmani o uomini, ma donne: le troviamo nei giardinetti, che spingono le carrozzine con i nostri bambini o tengono sottobraccio i nostri anziani. Ma non condivido la definizione “badanti”, perché il lavoro di prendersi cura è molto di più».

Gli atti del convegno Acli