Lettere in redazione

I lefebvriani, la Shoa e il Concilio

Caro Direttore,premetto di essere una donna anziana che ha subito molte sofferenze a causa degli orrori compiuti dai nazifascisti durante la seconda guerra mondiale.Oggi, dopo la decisione unilaterale del Papa di levare la scomunica ai vescovi Lefebvriani, penso sia mio dovere nei confronti del popolo ebraico e di tutti quanti soffrirono a causa dell’odio fascista di esprimere il mio dissenso da un atto quanto meno imprudente. Secondo me, non meritano di stare in comunione con gli altri, persone che negano gli orrori della Shoah e quindi la verità storica. La revoca della scomunica, da parte della comunità di Pio X è stata accolta con grida di esultanza e trionfalismo, scambiando un atto di misericordia con una resa alla loro disubbidienza, arroganza, mancanza di pentimento e di umiltà. Poi, è da aggiungere che nessuno può usare misericordia a un altro e schiaffeggiare contemporaneamente chi ha subito oltraggi e ingiustizia proprio da chi è graziato.Sta di fatto che il nazifascismo sta riprendendo quota in tutto il mondo, dopo l’elezione di Benedetto XVI. Sarà un caso? Dio non voglia. Io mi ricordo e mi dissocio dalla decisione del Papa. Edda AruspiciBorgo a Mozzano (Lu)

La sua lettera, gentile signora Edda, come quelle numerose pubblicate sul numero 6 dell’8 febbraio (I vescovi lefebvriani e il Concilio), mostra che anche nel nostro mondo la revoca della scomunica da parte del Papa ai quattro vescovi, ordinati senza mandato pontificio da mons. Lefebvre ha suscitato dubbi e perplessità che è bene chiarire. Lo aveva già fatto Benedetto XVI dopo l’udienza in piazza S. Pietro di mercoledì 28 gennaio e lo aveva fatto con estrema chiarezza. Anche sulle improvvide dichiarazioni sulla Shoah di mons. Richard Williamson il Papa era stato chiaro, auspicando che «la memoria della Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, la negazione o il riduzionismo».

Fra l’altro queste dichiarazioni avevano determinato tensioni tra la Santa Sede e Israele e tra la Chiesa e le comunità ebraiche. Nel frattempo poi ci sono state altre prese di posizione sia dal Vaticano che dalla Fraternità di Econe che non hanno avuto sui mezzi di comunicazione lo spazio che meritavano.

In una nota della Segreteria di Stato del 4 febbraio si dichiarava che «i quattro Vescovi, benché sciolti dalla scomunica, non esercitano lecitamente un ministero in essa» e che «per un futuro riconoscimento della fraternità San Pio X è condizione indispensabile il pieno riconoscimento del Vaticano II e del Magistero dei Papi dopo il Concilio a cominciare dal Messale di Paolo VI. Inoltre le posizioni di mons. Williamson sono assolutamente inaccettabili e fermamente rifiutate dal Santo Padre».

Giovedì 12 febbraio il Papa ricevendo un gruppo di rabbini degli Stati Uniti ha ancora una volta ribadito come «intollerabile e inaccettabile qualsiasi negazione della Shoah».

Tutto risolto dunque? Purtroppo penso di no. Il nodo più grosso da sciogliere penso sia il significato e il valore che per la Chiesa ha avuto ed ha il Concilio Vaticano II, di cui i lefebvriani non parlano mai e che di fatto non riconoscono, nonostante, come è stato fatto notare, che mons. Lefebvre ne abbia poi sottoscritti i documenti meno due.

Sotto questo aspetto il cammino per una piena comunione è lungo e tutto in salita e va percorso con chiarezza e decisione.

Alberto Migone