Toscana

Consiglio, chi è massone deve continuare a dichiararlo

di Simone PitossiSono passati vent’anni. Ma quella legge è ancora valida. Ha seguito questa linea di pensiero il Consiglio regionale nell’ultima seduta. E ha votato per mantenere in vigore i due articoli che prevedono l’obbligo di dichiarazione di appartenenza a qualsiasi associazione. Anche alla massoneria, quindi. E proprio intorno a questo problema ha ruotato tutto il dibattito di martedì scorso. La massoneria, infatti, è molto diffusa in Toscana. Si contano cento logge del Grande Oriente, alle quali vanno aggiunte quelle della Gran Loggia (o di Piazza del Gesù che è presente in 20 città toscane) e le 13 della Gran Loggia regolare (l’ultima nata).

E Firenze vanta il record di logge in Italia (insieme a Roma): ben 44 solo del Goi. La questione non poteva non essere sentita in modo particolare. Così, la proposta di abrogazione che arrivava da una forza del centronistra – lo Sdi di cui è capogruppo Pieraldo Ciucchi – ha trovato consensi anche e soprattutto nelle forze del centrodestra. E ha diviso in tre la Margherita. Il capogruppo Alberto Monaci – dopo aver lasciato libertà di voto al gruppo – è uscito dall’aula insieme al consigliere Pifferi. Parrini, Gelli e D’Angelis hanno votato contro mentre Lucia Franchini si è espressa a favore. Gli altri a ranghi compatti: contro Democratici di Sinistra, Comunisti Italiani, Verdi, Rifondazione Comunista, Udc. A favore dell’abrogazione Forza Italia, Alleanza Nazionale e, ovviamente, Sdi.

Nel suo intervento Varis Rossi (Ds), presidente della commissione «Affari istituzionali», ha motivato il parere contrario alla proposta di legge che intendeva abolire gli articoli 11 e 12 della legge regionale, perché resta valido e corretto anche oggi dichiarare l’appartenenza e l’iscrizione ad associazioni per chi ricopre cariche pubbliche. «Altre norme già esistenti sulla privacy e sulla riservatezza dei dati sensibili tutelano i cittadini – ha osservato – ma attualmente non siamo in grado di modificare questa legge».

Per il promotore dell’iniziativa, Pieraldo Ciucchi (Sdi), la proposta di legge nasce dalla necessità di voltare pagina, dopo un periodo oscuro in cui si è «voluto criminalizzare oltremodo la massoneria e ,attraverso vicende giudiziarie, si è spazzato via l’area politica laica–socialista». «Occorre ripristinare tutte le garanzie democratiche nel sistema politico – ha concluso – mentre gli articoli regionali sono una palese violazione dei diritti costituzionali e delle norme recepite dalla Carta europea dei diritti fondamentali». Paolo Marcheschi (Forza Italia), definendo «finto» il dibattito, ha dichiarato che «l’ente Regione non può fare a meno di considerare il percorso di trasparenza fatto dalla Massoneria nel nostro paese». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Maurizio Bianconi (An), che ha parlato della norma esistente come di una «legge ad hoc, concepita ad hoc, in un periodo storico ad hoc». Secondo il consigliere ci si muove in un terreno di ambiguità e la norma è «inutile, insufficiente e incompleta. La democrazia si autocostruisce, non si fa con le norme». Marco Carraresi (Udc) ha parlato di dibattito «fuorviante». «La legge non è pro o contro la massoneria – ha detto –, lo spirito della legge in vigore è pienamente condivisibile. Non accettiamo la demagogia, né la strumentalizzazione».

La criminalizzazione, secondo Fabio Roggiolani (Verdi), ha solo un retaggio nel passato. «Non ho niente contro la massoneria – ha detto – ma non vedo alcun problema nel dichiararne l’appartenenza». Infine Gianluca Parrini (Margherita) che, annunciando il suo voto contrario all’abrogazione dei due articoli, ha detto: «Nessuna discrimazione nei confronti degli appartenenti alla massoneria, ma una difesa a spada tratta dell’obbligo della trasparenza dell’amministrazione pubblica nei confronti dei cittadini».

La schedaLa legge regionale 68/1983 prevede, tra le altre cose, che i consiglieri regionali e i titolari di nomine e designazioni regionali dichiarino la propria appartenenza a associazioni di qualsiasi tipo. La legge venne approvata nel 1983 sull’onda dello scandalo della Loggia P2 di Licio Gelli. Il voto fu trasversale: approvarono la legge Dc, Pci, Psi, Pdup. Si astennero Pli e Psdi, assenti Msi e Pri. La proposta di legge presentata da Ciucchi intendeva abrogare gli articoli 11 e 12 della legge: ovvero proprio dove si stabilisce l’obbligo di dichiarazione di appartenenza ad una associazione per consiglieri e titolari di nomine regionali. Il Consiglio non ha approvato l’abrogazione. E, quindi, i due articoli rimangono in vigore. Articolo 11 – consiglieri regionali«Entro sei mesi dalla proclamazione i consiglieri regionali depositano presso l’Ufficio di Presidenza del consiglio regionale una dichiarazione illustrativa della propria appartenenza ad associazioni che abbiano finalità dichiarate o svolgano attività di carattere politico, culturale, sociale, assistenziale e di promozione economica, precisandone la denominazione».L’articolo non prevede nessun obbligo giuridico. Alla prima convocazione del Consiglio regionale il Presidente dà notizia di casi di inosservanza. Il consigliere regionale può chiarire i motivi della propria inosservanza. Le dichiarazioni sono pubblicate poi sul Bollettino ufficiale della Regione Toscana. Articolo 12 – titolari di nomine regionaliPrevede per i titolari di nomine e designazioni regionali le stesse disposizione prescritte ai consiglieri regionali. Con la differenza che questa disposizione è vincolante. Per chi non indica la propria appartenenza ad una associazione è prevista una sanzione: la decadenza dall’incarico.

Se il massone non si dichiara