Toscana

Debito estero, le promesse del Duemila son rimaste sulla carta

di Claudio Turrini«Il primo debito è quello di onorare gli impegni presi». È duro il richiamo all’Italia che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha lanciato nel corso del convegno «Debito estero. A cinque anni dal Giubileo», organizzato il 13 maggio scorso a Milano, dalla Fondazione ecclesiale «Giustizia e solidarietà». L’Italia, ha ricordato l’Arcivescovo, si era impegnata come tutti i paesi ricchi a destinare lo 0,70 per cento del suo prodotto interno lordo come stanziamento minimo a favore della cooperazione allo sviluppo. E invece siamo fermi ad un misero 0,15%. Da qui il richiamo del Cardinale al nostro governo: «È necessario che gli impegni siano mantenuti e che, quindi, siano assicurate sollecitamente le cancellazioni del debito – con la garanzia che le risorse liberate vadano a beneficare i più poveri – e si provveda ad ulteriori e adeguate risorse finanziarie per l’aiuto allo sviluppo».

A cinque anni di distanza dalla Campagna promossa dalla Chiesa Italiana in occasione del Giubileo, il problema del debito estero è ancora ben lontano dall’essere risolto. Ma quello che è ancora più grave è che sul tema è calato il silenzio. Da qui il richiamo di Tettamanzi alle «forze vive del nostro Paese, operanti sia nella società civile che nelle istituzioni» ad una «rinnovata attenzione» sul tema della riduzione del debito estero, questa «pesantissima forma moderna di schiavitù».

Prima del Giubileo il peso del debito che i paesi in via di sviluppo avevano verso soggetti stranieri era di circa 2300 miliardi di dollari. In questa cifra erano comprese varie tipologie di debito: da quello del governo tailandese verso le grandi banche internazionali, che sono soggetti privati, a quello argentino con i risparmiatori italiani a quello dei governi africani verso i governi del Nord e le istituzioni internazionali, come la Banca mondiale e il Fondo Monetario, che sono soggetti pubblici. Ad oggi risulta che quella stessa cifra sfiora i 2600 miliardi di dollari: apparentemente, dunque, il debito è aumentato e una lettura non approfondita potrebbe far ritenere che nulla è cambiato e che la situazione è peggiorata. Poco o nulla è stato offerto ai cosiddetti paesi a medio reddito procapite, come l’area latinoamericana o quella del Sud Est asiatico, e nulla si è fatto per i paesi a basso reddito che secondo la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale hanno un debito sostenibile. L’azione si è invece concentrata su una quarantina di paesi a basso reddito, circa la metà del totale, localizzati soprattutto in Africa, che hanno un debito che i parametri usati dalla Banca e dal Fondo giudicano «insostenibile». L’iniziativa internazionale HIPC (Heavily Indebted Poor Countries), rivolta ad una quarantina di paesi e attivata per ora solo con ventisette, ha effettivamente avviato un processo che ha contribuito a cambiare lo stile delle relazioni tra questi paesi e il resto del mondo. Sino al 1999, infatti, chi ricercava riduzioni del debito o nuovi finanziamenti doveva sottomettersi ai durissimi programmi di aggiustamento strutturale, che avevano come risultato un ulteriore impoverimento. Oggi i governi dei paesi indebitati, per poter accedere a riduzioni del debito e a nuovi finanziamenti, devono elaborare un «programma strategico di riduzione della povertà» (PRSP) che contenga per il triennio successivo la propria programmazione economica e sociale e l’indicazione di quanto ci si avvicinerà agli «obbiettivi del millennio» stabiliti nel 2000 dall’Onu. Il PRSP per essere accettato deve comportare un aumento della spesa sociale e, soprattutto, mostrare di essere frutto di un percorso partecipato dalle diverse realtà della società civile locale.

Il passaggio dagli aggiustamenti strutturali al PRSP rappresenta un cambiamento molto importante. Ad un’impostazione di fatto guidata dall’esterno, si sostituisce un approccio che mette al centro la riduzione della povertà e dà protagonismo e responsabilità alle comunità locali, promuovendo il dialogo fra istituzioni e società civile. Questo nuovo approccio è frutto delle pressioni della società civile internazionale, legittimate culturalmente dalle elaborazioni di alcuni studiosi di grande rilevo, come Amartya Sen, Joe Stiglitz e Jeffrye Sachs, e amplificate dai numerosi appelli di Giovanni Paolo II, tra i quali quello del Messaggio per la giornata Mondiale della Pace 2005.

In alcuni casi la pressione politica è stata accompagnata da gesti concreti. È il caso della Chiesa italiana che ha scelto di impegnarsi non solo nella richiesta di iniziativa da parte italiana per la cancellazione del debito, ma anche nel finanziamento e nella organizzazione di un’operazione di conversione di debito con i due stati africani dello Zambia e della Guinea Conakry. Questo impegno ha portato alla legge italiana sul debito (209/2000), una delle più avanzate tra quelle dei paesi creditori, che cancella in modo totale il debito dovuto dai paesi debitori e accoglie il principio della conversione, cioè della cancellazione vincolata all’uso delle risorse così liberate per finanziare la lotta alla povertà.

Se l’Italia oggi non ha ancora applicato in maniera adeguata la legge – solo con 24 paesi, sull’ottantina previsti dalla legge, è stato firmato un accordo di cancellazione – l’impegno della Chiesa italiana sta invece dando buoni risultati. In Guinea Conakry è stato creato il FOGUIRED, un fondo finanziato dal governo locale, che utilizza il denaro proveniente dalla cancellazione del debito, e dalla Fondazione Giustizia e Solidarietà che alimenta il fondo con il ricavato dalla colletta effettuata in tutta Italia durante il Giubileo. Ad oggi sono stati spesi 2 milioni di euro, privilegiando attori meno strutturati e creando così una partecipazione virtuosa per lo sviluppo della propria regione da parte di cittadini guineani.

«Benedetto XVI faccia sentire la sua voce»Dal convegno milanese sulla remissione del debito è giunto anche un altro appello. Sara Touré, a nome del Comitato di gestione Foguired (Guinea) e Samuel Mulafulafu, direttore del Catholic Centre for Justice Development and Peace (Zambia), si sono rivolti direttamente al nuovo pontefice, Benedetto XVI. «Come partner dell’azione sviluppata in Zambia e Guinea dalla Chiesa italiana, ci rivolgiamo ad essa – hanno scritto nel loro appello – perché prosegua la sua iniziativa e ci permettiamo di indirizzare la nostra voce al papa Benedetto XVI invitandolo a mettere la sua autorevolezza a disposizione di questa forte domanda che viene dai nostri popoli: la cancellazione del debito va proseguita poiché gli impegni del Giubileo sono stati realizzati solo in parte ed è essenziale per rendere efficace un percorso di ricostruzione di giustizia nei rapporti fra i popoli, basati sulla condivisione delle risorse e delle opportunità per la costruzione di una umanità piena. Nella continuità dell’appello di Giovanni Paolo II, la voce di Benedetto XVI potrà essere feconda tra i cuori delle persone e suscitare comportamenti e politiche coerenti con la domanda di giustizia e tutela della vita umana per tutti». La schedaLe origini del debito• 1971: Prima crisi petrolifera. Gli Usa, dichiarando l’inconvertibilità del dollaro, che perde potere d’acquisto e suscita sensibili rialzi dei prezzi delle materie prime. Tassi d’interesse molto bassi rendono conveniente per i Paesi in via di sviluppo l’indebitamento.

• 1979: Seconda crisi petrolifera. Politiche monetarie restrittive fanno impennare i tassi di interesse, facendo esplodere il costo del servizio del debito, al quale si aggiunge il violento apprezzamento del dollaro.

• 1982: Scoppia la crisi del debito. Il Messico dichiara l’impossibilità di pagare e a ruota gli altri debitori, in un inatteso effetto domino, soprattutto in America Latina, si dichiarano insolventi. I governi del Nord sollecitano Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale ad intervenire: nasce l’«aggiustamento strutturale» con il quale la comunità finanziaria internazionale impone ai paesi debitori, in cambio di dilazioni e rinegoziazioni del debito, alcune riforme economiche, quali la liberalizzazione completa del mercato interno e l’eliminazione di tutte le eventuali forme di protezione, la liberalizzazione del tasso di cambio e la riduzione ai minimi termini della spesa pubblica, per definizione improduttiva. La conseguenza è quasi sempre un peggioramento delle condizioni di vita della popolazione.

Il debito oggiIl debito ammonta a 2.597 miliardi di dollari e il servizio del debito pagato nel 2004 ammonta a 373 miliardi di dollari. Nel 2000 il debito era di 2.300 miliardi di dollari. Le sedi delle decisioniLe Istituzioni Finanziarie Internazionali (IFI) sono Banca mondiale e Fondo Monetario Internazionale. In mano ai governi dei paesi più industrializzati, fra i quali l’Italia, concertano le linee generali che riguardano il debito, soprattutto per ciò chi riguarda quello «multilaterale», cioè verso le IFI stesse. Il «Club di Parigi» raggruppa 19 paesi creditori (i paesi europei, USA e Canada, Giappone e, da qualche anno, Russia e Brasile): discute regole e azioni che riguardano il debito bilaterale cioè quello fra paese e paese. L’iniziativa HIPC-ICon l’iniziativa Hipc (Highly Indebted Poor Coutries) si delinea un piano di azione per ridurre ad un livello sostenibile il peso del debito estero di taluni paesi poveri, classificati come «IDA-only» se ricevono prestiti, a tassi fortemente agevolati, esclusivamente dall’agenzia Assistenza Internazionale allo Sviluppo (International Development Assistance, IDA) della Banca Mondiale. L’iniziativa HIPC-IIL’Hipc Enhanced (rafforzata), stabilisce l’aumento delle cancellazioni, della velocità di attuazione, del numero di paesi che possono fruire dell’iniziativa e che i fondi liberati siano impiegati nella lotta alla povertà. I «PRSP»I «Poverty Reduction Strategy Papers» (PRSP) sono la vera novità della iniziativa rafforzata poiché rappresentano il superamento dell’approccio tradizionale seguito dalle IFI, centrato esclusivamente sui Piani di Aggiustamento Strutturale (SAP). Il principale obiettivo istituzionale è quello di rafforzare la capacità dei governi di gestire programmi di sviluppo sociale e lotta alla povertà, permettendo così anche maggiore coerenza degli interventi della Banca mondiale e del FMI in tema di lotta alla povertà. Con i PRSP si identificano le strategie per superare la povertà, i programmi nel settore sociale, le azioni per promuovere la crescita, lo sviluppo rurale, le infrastrutture locali, la creazione di posti di lavoro da parte del settore privato, la partecipazione pubblica, il buon governo e gli indici di prestazione stabiliti e monitorati con processi partecipativi. La campagna ecclesialeIn risposta all’appello di Giovanni Paolo II nella «Tertio Millennio Adveniente», la Chiesa italiana lancia, in occasione del Giubileo, la «Campagna Ecclesiale per la riduzione del debito estero dei paesi più poveri». Nella primavera del 1999 vengono indicati i criteri per la scelta dei paesi con i quali organizzare l’operazione: la presenza missionaria italiana; un governo democratico o quanto meno umanitario; la forte povertà; una limitata estensione territoriale; l’inclusione nella lista HIPC. Tenendo conto anche della credibilità dei governi e della capacità della Chiesa locale di accompagnare il percorso e della vitalità della società civile vengono scelti Zambia e Guinea Conakry. Nel 2001 il Comitato si trasforma nella Fondazione Giustizia e Solidarietà per portare a compimento l’intervento finanziario e la realizzazione dei progetti di sviluppo in favore di Zambia e Guinea Conakry. La legge 209/2000Nel 2000 il parlamento italiano approva all’unanimità la legge 209 che cancella in modo totale il debito dovuto dai paesi debitori e accoglie il principio della conversione, cioè della cancellazione vincolata all’uso delle risorse così liberate per finanziare la lotta alla povertà. Ad oggi solo con 24 paesi, degli 80 circa previsti dalla legge, è stato firmato un accordo di cancellazione del debito. La GuineaLa Guinea (capitale Conakry) è indipendente dalla Francia dal 1958. Dal 1984 al ’93, quando è stato eletto per la prima volta l’attuale presidente, il generale Conte, non si sono tenute elezioni democratiche. Possiede il 30% delle riserve mondiali di bauxite, della quale è il secondo maggior produttore nel mondo. Nel 2000 il debito era 2,41 miliardi di $ in valore attuale netto. La cancellazione prevista era del 31,6%. L’Italia ha firmato con la Guinea un accordo di cancellazione generale del debito che prevede la costituzione di un fondo destinato a raccogliere parte delle somme dovute dalla Guinea e cancellate dall’Italia, e le somme raccolte in Italia dalla Campagna ecclesiale. Il «Foguired» (Fonds Guinéo-Italien de Réconversion de la Dette) nasce nel 2003: finanzierà in modo trasparente ong, cooperative e enti che operano nei settori sociosanitario e educativo, agro-zootecnico, cooperazione e promozione sociale. Lo ZambiaLo Zambia, indipendente dal 1964, è una repubblica guidata da un presidente eletto democraticamente. Nel 2002 il pil è aumentato per il quarto anno consecutivo, nonostante le avverse condizioni atmosferiche e la riduzione del prezzo dei metalli che esporta. Nel 2000 il suo debito estero era di 5,15 miliardi di $. Nonostante misure di cancellazione adottate, il servizio del debito è destinato ad aumentare dai 122,7 milioni del 2002 ai 376,5 nel 2004. La firma dell’accordo di cancellazione del debito da parte dell’Italia (2003) è stato particolarmente complesso (anche per l’iniziale opposizione della Russia nel Club di Parigi) e ancora oggi rimangono questioni da risolvere. Proprio in questi mesi si sta cercando di far nascere il Fondo giustizia e solidarietà per la lotta contro la povertà che dovrebbe poi utilizzare le somme derivanti in parte dalla cancellazione del debito e dalle offerte raccolte dal Comitato ecclesiale per interventi concreti.