Opinioni & Commenti

Addio Eluana!

di MARCO DOLDI

Siamo tutti più soli: Eluana non c’è più. La frase non è di circostanza, perché in questi anni questa ragazza era divenuta un po’ nostra sorella. E, come tutti abbiamo seguito con apprensione la sua vicenda, così ora tutti siamo nel dolore. Mai come per la morte di Eluana il dolore è un fatto privato. A lei diciamo: “Ti accolga il Padre buono nel suo abbraccio di amore”. E, ancora: “Non avere più paura”.

Naturalmente, il caso non si può considerare chiuso. S’impone per tutti una riflessione grave e pacata. Intanto, occorre dire che Eluana non è morta da sola: è stata uccisa da chi l’ha privata del cibo e dell’acqua; la sua non è stata, certo, una morte naturale. Per questo chi ha compiuto o favorito questa fine ha una responsabilità grave davanti a Dio e alla società. Le stesse circostanze in cui è avvenuta la sua morte non possono essere messe sotto silenzio.

Tutto questo è avvenuto in nome di una sentenza: occorre che lo Stato prenda posizione per evitare il ripetersi di situazioni analoghe. Dopo la morte di Eluana c’è un’aria di insicurezza in Italia: la provano i genitori dei ragazzi nella sua stessa condizione; chi garantisce loro che un giorno, quando non ci saranno più, i loro figli non subiscano la stessa sorte, perché soli? È scesa un’ombra, perché per una sentenza si può negare ad un cittadino il cibo e l’acqua.

S’impone una riflessione seria per capire quali fattori siano stati determinanti. Si è invocata la libertà individuale, l’autonomia delle scelte. Ora, questa non può essere esercitata nei confronti della vita, al punto da giungere alla sua soppressione. La vita precede la libertà e senza di essa non si esercita. E, poi, come è possibile che uno muoia, perché l’ha deciso un altro? In secondo luogo, la qualità di una vita non si giudica dal fatto che è fragile o incapace di esprimersi. I parametri di efficienza e di godibilità non possono essere quelli che stabiliscono chi deve vivere.

Autonomia assoluta e giudizio su una vita che sembrava non più degna di essere vissuta, per il fatto che non poteva “godere”, hanno inciso notevolmente sulla emotività, al punto da ritenere che la scelta di far vivere o morire Eluana fosse una questione della famiglia. Chi ha pensato in questo modo, è venuto meno ad un dovere sociale: quello della responsabilità nei confronti della vita in quanto tale. Ci sono, infatti, dei beni che domandano a tutti una precisa responsabilità: lo impone l’appartenenza alla stessa famiglia umana.

Ma, un primo bilancio di quello che è accaduto sarebbe incompleto se si dimenticasse il forte ruolo che ha avuto il popolo della vita. Ovunque Eluana ha suscitato persone che le hanno voluto bene: a cominciare dalle suore, che si sono prese cura di lei in tutti questi anni, sino a chi ha lottato, affinché, Eluana, dopo essere stata vittima di un incidente, non fosse anche vittima di un’ingiustizia.

Proprio la presenza del popolo della vita, che vede nella Chiesa un’alleata sincera, rende meno difficile questo momento.