Opinioni & Commenti

Affetto, vicinanza e solidarietà all’arcivescovo Betori e a don Paolo

di Andrea Fagioli

Al momento di «andare in macchina», ovvero di chiudere e stampare questo numero del settimanale (mezzogiorno di martedì 8 novembre), non è stato ancora arrestato l’aggressore dell’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, e del suo segretario, don Paolo Brogi. Speriamo pertanto che questo articolo, mentre lo leggete, sia superato sul piano della cronaca. Quello che invece non vogliamo venga assolutamente superato è l’affetto, la vicinanza e la solidarietà che «Toscana Oggi», anche a nome di tutti i lettori, vuole esprimere a monsignor Betori e a don Paolo. Entrambi hanno realmente rischiato la vita.

Al di là delle ricostruzioni più o meno romanzate fatte in un primo momento, quello che è certo è che l’aggressore voleva e poteva uccidere. L’uomo che venerdì 4 novembre poco prima delle 20 si è introdotto nel cortile della Curia seguendo l’auto dell’Arcivescovo, dopo aver sparato a don Paolo, ha puntato la pistola direttamente alla testa di Betori, che con molta freddezza ha invitato l’aggressore a parlare. Fatto sta che la pacata reazione del presidente della Conferenza episcopale toscana, unita all’ipotesi che l’arma (una pistola calibro 7,65) si sia inceppata e al portone automatico che si stava richiudendo, ha impedito il peggio. Mentre per don Paolo sono stati gli stessi medici a parlare di «miracolo» in quanto il proiettile non ha leso organi vitali, ma ha sfiorato l’aorta.

A Betori e Brogi sono giunti tantissimi messaggi di solidarietà e auguri di pronta guarigione, primo fra tutti quello del Papa. «Ringrazio il Santo Padre che mi ha fatto avere la sua vicinanza attraverso il suo segretario», ha detto Betori all’uscita da Santa Maria Nuova dopo aver fatto visita a don Paolo. Nell’occasione l’Arcivescovo ha anche ribadito di non avere paura e di essere sereno («Il Signore mi fa la grazia di affrontare questo momento con grande serenità»), così come sereno si è detto don Paolo: «Non mi sarei mai immaginato una cosa del genere. Immediatamente non ho percepito di essere stato colpito, ma mi sono bastati pochi secondi per rendermi conto dell’accaduto. Ho avuto paura, ma ho mantenuto abbastanza il sangue freddo. Penso che sia stata la fede a permettermi di stare sereno e tranquillo anche nel momento peggiore quando ho preso lo sparo addosso».

Betori ha ringraziato i tanti vescovi, tra cui i cardinali Bagnasco e Ruini, che hanno manifestato a lui vicinanza dopo quella immediata della Conferenza episcopale toscana di cui l’Arcivescovo di Firenze, come ricordato, è presidente. Un pensiero particolare ai fedeli, ai sacerdoti e alla città: «Sento l’affetto dei fiorentini ed è per me la cosa più importante dopo la fede».

In effetti, la drammatica vicenda ha dimostrato, se ce n’era bisogno, di quanta stima goda Betori, che da quando è arrivato a Firenze non ha distributo sorrisi e abbracci come qualcuno avrebbe voluto, ma si è dimostrato uomo di Dio, interprete fedele e puntuale della Scrittura, guida sicura, che non ha fatto sconti a nessuno, credenti e non credenti, soprattutto sui temi dell’etica e della morale, contribuendo al tempo stesso all’innalzamento del livello culturale della città e della diocesi.

Betori ha rischiato realmente la vita