Toscana

Alluvioni, parla l’assessore: «Territorio fragile, eventi eccezionali»

di Simone Pitossi

La Toscana, si sa, è una regione sicuramente a rischio per fenomeni alluvionali. Ce lo racconta la storia e ce lo dicono tragici fatti recenti. Ma perché tutto questo? E soprattutto cosa è possibile fare per prevenire gli effetti devastanti di questi eventi o almeno per mitigarne le conseguenze? Le risposte a queste domande e anche a molte altre le abbiamo chieste all’assessore regionale all’ambiente e all’energia Anna Rita Bramerini.

Assessore, oltre all’alto prezzo di vittime pagato dalla nostra Regione, qual è l’entità dei danni causati dalle recenti alluvioni che hanno colpito la Lunigiana prima e l’Elba successivamente?

«Ad oggi è ancora difficile fare una stima precisa dei danni, sicuramente la cifra si aggira su centinaia di milioni. Possiamo dire che per la parte che riguarda gli interventi necessari a ripristinare le condizioni dei corsi d’acqua e dei versanti che esistevano prima dell’evento calamitoso, da una prima stima fatta dagli uffici regionali ci vorranno almeno 80 milioni di euro».

Quali sono le cause di questa tragedia: eventi eccezionali (“bombe d’acqua”), debolezza strutturale del nostro territorio, precauzioni non prese?

«Senza dubbio il nostro è un territorio fragile e questo è un dato di fatto. L’allerta è stata data per tempo e i compiti della Protezione civile regionale sono stati assolti. Questo non esclude che si possano sempre migliorare le procedure. C’è da dire che l’evento capitato sia in Lunigiana che all’Elba è stato eccezionale per i picchi di piovosità raggiunti in brevissimo tempo. Solo per fare un esempio, in Lunigiana i picchi di piovosità hanno avuto, dicono i tecnici, anche tempi di ritorno di 400 anni per le sei ore. Di fronte a queste manifestazioni occorre cambiare approccio e dal concetto di messa in sicurezza bisogna passare al concetto di riduzione del rischio perché non esiste alcuna forma di prevenzione né in termini strutturali né emergenziali che possa mettere completamente in sicurezza il territorio che oggi può pagare purtroppo le conseguenze di interventi del lontano passato come il piombamento dei corsi d’acqua o l’edificazione in prossimità degli argini a rischio esondazione».

Per quanto riguarda le vittime, si poteva fare comunque qualcosa di più, un allarme maggiormente tempestivo o altro?

«La Protezione civile che fa capo alla Presidenza ha fatto tutto quello che doveva esser fatto. La Protezione civile segue una procedura precisa e standardizzata. Funziona così: sulla base delle previsioni del tempo si valutano i possibili effetti al suolo e si emette lo stato d’allerta che, nel caso della Lunigiana e dell’Elba, era il più severo di quelli che conosciamo. Dopodiché viene inviato un fax a tutti i soggetti interessati e controllata la ricezione con una telefonata. Vorrei aggiungere che l’allerta è un segnale forte ma si basa comunque e sempre su una previsione che ovviamente non può essere perfetta. Si è visto nel caso dell’Elba: l’avviso di criticità ordinaria è partito qualche minuto prima della scadenza dell’allerta moderata, cioé domenica sera. Il bollettino spedito prevedeva temporali anche intensi che non era possibile però localizzare con assoluta precisione, riguardavano comunque l’arcipelago e la costa ma è difficile, per non dire impossibile, indicare con estrema precisione dove cadrà la pioggia».

Nelle zone colpite gli interventi di riassetto idrogeologico (visto che erano tutte aree già abbondantemente colpite) erano stati fatti? Oppure erano in attesa di approvazione o di esecuzione?

«Sì, gli interventi sono stati fatti. Dal 2000 ad oggi, nei comuni della Lunigiana colpiti dagli eventi del 25-26 Ottobre gli interventi ammontano ad un importo complessivo di 40 milioni, quelli già ultimati  ammontano ad un totale di 30 milioni di euro, mentre ne restano in corso per un totale di 10 milioni. Si tratta ovviamente di opere finalizzate sia alla riduzione del rischio idraulico che al consolidamento di movimenti franosi. All’Elba gli interventi per la mitigazione del rischio idraulico programmati dalla Regione  dal 2002 ad oggi sono stati tutti finanziati e le risorse regolarmente impegnate. Erano 14 quelli previsti  per un totale di 17 milioni di euro. Dei 14 interventi ad oggi ne sono stati conclusi 8 e 4 hanno uno stato d’avanzamento lavori superiore al 75%. I due interventi restanti, nel comune di Marciana, sono in fase di affidamento lavori. Ai 14 interventi poi se ne aggiungono altri, sempre finanziati dalla Regione nel corso degli ultimi dieci anni, pari a 2,4 milioni di cui 1,9 milioni riferiti a 4 interventi conclusi e 500 mila euro di lavori ancora in corso».

Parliamo di competenze. A chi spettano questi interventi: Stato, Regione, comuni, province, comunità montane?

«Premesso che la situazione delle competenze sulla difesa del suolo è assai complessa e vi stiamo mettendo mano tramite il Testo unico sulla Difesa del Suolo che semplificherà la materia per quanto possibile visto che l’ambiente è materia di esclusiva competenza dello Stato, possiamo dire che in generale gli interventi di manutenzione sul Magra spettano alla Comunità montana della Lunigiana mentre l’attività di vigilanza e polizia idraulica del fiume spetta alla Provincia di Massa. Stessa cosa per l’Isola d’Elba: le stesse competenze spettano alla Comunità montana dell’Arcipelago e alla Provincia di Livorno».

Adesso cosa pensa di fare la Regione assieme agli altri enti competenti?

«Sta elaborando un piano di ripristino che prevede l’apertura di un ufficio distaccato della Regione – già aperto – in Lunigiana e sarà fatto così anche all’Elba. Esiste già un commissario per gestire l’emergenza, che è il presidente Rossi. La Regione ha anche messo l’accisa sulla benzina, come prevede la legge nazionale che non finanzia più la Protezione civile. Tra risorse statali, 25 milioni di euro, e quelle che deriveranno dall’accisa, si potrà realizzare il piano di ripristino. A questo si aggiunge quanto annunciato dal presidente Rossi: che fin dalla prossima finanziaria dovremo introdurre norme ancora più stringenti per le zone a rischio, prevedendo delle assunzioni di responsabilità e oneri in caso di danni. Lo scorso anno, per esempio, abbiamo modificato la legge regionale 1 prevedendo che i Comuni non possano approvare gli strumenti urbanistici se non c’è il parere favorevole del Genio Civile».

Quali i tempi necessari?

«Per attuare il piano di ripristino ci stiamo muovendo sul cosiddetto “modello Versilia” applicato in seguito a Cardoso nel ’96. Un modello che ha portato in pochi anni a ripristinare il territorio come era prima anzi, in termini di sicurezza, a migliorarlo».

Ci sono altre zone ad alto rischio in Toscana? Quali le opere previste per la messa in sicurezza?

«Come ho già detto, ribadisco che tutta la regione ha problemi di tipo idraulico e idrogeologico. Naturalmente, il territorio più predisposto a questi eventi è compreso tra la provincia di Lucca e quella di Massa con il Serchio e il Magra e i piccoli corsi d’acqua della Versilia. Poi c’è il corso dell’Arno che, per la lunghezza e per il tessuto urbano che attraversa, rappresenta una priorità. È anche vero che con il fenomeno dei cambiamenti climatici cui assistiamo con le relative “bombe d’acqua”, ormai ci si aspetta che le principali criticità si presenteranno maggiormente su limitate estensioni territoriali, come del resto è già successo, vedi Serchio nel 2009, Massa l’anno scorso e ora la Lunigiana e l’Elba. Pertanto è assolutamente necessario concentrarsi sulla messa in sicurezza dell’Arno ma su tutto il territorio toscano».

E per quanto riguarda l’Arno?

«Quanto alle opere per l’Arno, comunque, c’è un piano stralcio idraulico approvato nel ’99 con DCPM tuttora vigente che prevede sulla base di stima fatta allora da più di 1000 milioni di euro di interventi. A questo è stata data una prima copertura finanziaria con il cosiddetto accordo da 200 milioni che ad oggi prevede in realtà risorse per 100 milioni. È ovvio che, come ho già avuto modo di dire, a differenza di quanto si crede, le casse di espansione non sono delle semplici “buche giganti” ma opere di grande complessità. Ciò detto, stiamo valutando, come giunta, tutte quelle misure da mettere in campo per cercare di velocizzare la realizzazione degli interventi così da aver terminato entro la legislatura quelle opere strategiche per la difesa del territorio fiorentino e pisano. La legge regionale 35 approvata recentemente sull’accelerazione delle opere strategiche va in questo senso. Tutto questo nel quadro dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità che, come sappiamo, blocca fondi e risorse anche per la realizzazione di interventi importanti come quelle per la difesa del suolo e il rischio idrogeologico».