Toscana

ALPINI MORTI IN AFGHANISTAN: MONS. PELVI (ARCIV. CASTRENSE), «PROFETI DEL BENE COMUNE»

“La società civile deve sostenere in maniera più concreta ed esplicita i nostri militari e le loro famiglie. Non si può essere neutrali dinanzi all’impegno internazionale di sicurezza, né possiamo affidarci a giochi di sensibilità variabili, che indeboliscono la tenuta di un impegno così delicato per la riappacificazione dei popoli”. E’ quanto affermato dall’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi, che questa mattina, all’aeroporto militare di Ciampino, ha accolto le salme dei quattro alpini uccisi in Afghanistan. “I soldati – ha dichiarato l’arcivescovo castrense – si nutrono anche della forza delle nostre convinzioni e dalla consapevolezza di una strategia chiara e armonica che le nazioni mettono in campo per un progetto di pace, senza riduttivismi e localismi di parte. Occorre seminare la comune coscienza di essere una famiglia di nazioni. I nostri militari desiderano rendere serena la famiglia umana e provvedere al bene di una convivenza mondiale pacifica e ordinata, convivenza che ha un posto fondamentale nelle preoccupazioni dei governanti di ogni nazione. Il bene comune non è da intendersi solo a vantaggio dell’una o dell’altra nazione ma dovrà dimensionarsi sempre più a livello planetario”. “Se in Afghanistan o in altre terre si violano i diritti umani, a risentirne di quelle violenze e soprusi è anche il nostro Paese. Non si può stare alla finestra e guardare” ha sottolineato mons. Pelvi per il quale “il sangue dei militari invoca partecipazione al dolore di popoli martoriati e meno fortunati. La stessa militarità comporta sacrificio e gratuità, soprattutto nel nostro tempo caratterizzato da egoismo e individualismo. Gianmarco, Francesco, Marco, Sebastiano restano profeti del bene comune, perché decisi a pagare di persona ciò in cui hanno creduto e per cui hanno vissuto: intorno a loro fiorisca più la riflessione e la condivisione, che le semplici risonanze emotive”. “Dinanzi a quanto quotidianamente accade in Afghanistan – ha concluso l’arcivescovo – gli Stati sono chiamati ad una seria riflessione sulle più profonde ragioni dei conflitti e ad aprirsi ad una coraggiosa autocritica perché aumenti l’impegno per la pace all’interno della famiglia umana”.Sir