Vita Chiesa

Assemblea Cei, card. Bassetti: crisi politica continua. «Non soffiare sul fuoco delle divisioni e delle paure collettive»

«In un Paese sospeso come il nostro, caratterizzato dalla mancanza di investimenti e di politiche di ampio respiro, gli effetti della crisi economica continuano a farsi sentire in maniera pesante, aumentando l’incertezza e la precarietà, l’infelicità e il rancore sociale». È l’analisi del card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, che introducendo i lavori dell’Assemblea generale straordinaria dei vescovi italiani, apertasi questo pomeriggio in Vaticano, non si è sottratto ai temi politici più scottanti.

«Al posto della moderazione si fa strada la polarizzazione, l’idea che si è arrivati a un punto in cui tutti debbano schierarsi per l’uno o per l’altro, comunque contro qualcuno», la denuncia: «Ne è segno un linguaggio imbarbarito e arrogante, che non tiene conto delle conseguenze che le parole possono avere». «Stiamo attenti a non soffiare sul fuoco delle divisioni e delle paure collettive, che trovano nel migrante il capro espiatorio e nella chiusura un’improbabile quanto ingiusta scorciatoia», il monito: «La risposta a quanto stiamo vivendo passa dalla promozione della dignità di ogni persona, dal rispetto delle leggi esistenti, da un indispensabile recupero degli spazi della solidarietà».

«Ci stringiamo solidali alle Regioni più colpite, rinnovando la nostra attenzione e la nostra disponibilità». Sono le parole dedicate dal card. Gualtiero Bassetti alla «fragilità idrogeologica» di cui è stato vittima in questi giorni il nostro Paese. Ma ci sono anche «altre fragilità» che «minacciano lo smottamento sociale», ha fatto notare Bassetti nella sua introduzione all’assemblea straordinaria della Cei: la «fragilità valoriale», la «fragilità del sentimento comune» e la «fragilità culturale». «Senza avvolgerci in inutili vittimismi, ne è espressione la stessa caricatura che anche di recente i media hanno offerto della nostra Chiesa, quasi fossimo preoccupati essenzialmente di difendere posizioni di privilegio e tornaconto personale», la denuncia del presidente della Cei. «In realtà, ciò che ci preoccupa è altro», ha precisato: «Lo respiriamo stando in mezzo alla gente e facendo nostre le sue attese. Sono le attese frustrate rispetto al lavoro, per cui molti giovani, per poter immaginare un futuro, si ritrovano costretti ad andarsene dalla nostra terra. Sono le attese delle famiglie ferite negli affetti, che soffrono nel silenzio delle solitudini urbane e nell’avvizzimento dei sentimenti. Sono le attese degli anziani, che non si sentono più utili a nessuno, privi di quella considerazione di cui avrebbero – o, meglio, avremmo tutti – tanto bisogno. Sono le attese di una scuola qualificata, che sia frontiera e laboratorio educativo da cui non possono essere esclusi i nuovi italiani, per i quali torniamo a chiedere un ripensamento della legge di cittadinanza. Sono le attese di una sanità puntuale, attenta e accessibile a tutti. Sono le attese di una giustizia che – rispetto al malaffare e alla criminalità organizzata – continui a perseguire un uso sociale dei beni recuperati alla legalità. Sono le attese di un uso del potere, che sia davvero corretto e trasparente».

«Se l’Italia rinnega la sua storia e soprattutto i suoi valori civili e democratici, non c’è un’Italia di riserva». Questo il grido d’allarme lanciato dal presidente della Cei. «Se si sbagliano i conti non c’è una banca di riserva che ci salverà», il monito sul piano economico: «I danni contribuiscono a far defluire i nostri capitali verso altri Paesi e colpiscono ancora una volta e soprattutto le famiglie, i piccoli risparmiatori e chi fa impresa». Poi il parallelo con il nostro Continente: «Se l’Unione europea ha a cuore soltanto la stabilità finanziaria, disinteressandosi di quella sociale e delle motivazioni che soggiacciono ai vincoli europei; se perde il gusto della cittadinanza comune e del metodo politico della cooperazione, non c’è poi un’Europa di riserva e rischiamo di ritornare a tempi in cui i nazionalismi erano il motore dei conflitti e del colonialismo. Questo nonostante le opportune celebrazioni di questi giorni per il centenario della fine della Grande Guerra!».

«Come vescovi non intendiamo stare alla finestra», ha garantito il card. Gualtiero Bassetti, che nella parte finale della sua introduzione ai lavori dell’assemblea dei vescovi italiani, ha assicurato che «la Chiesa vuole contribuire alla crescita di una società più libera, plurale e solidale, che lo stesso Stato è chiamato a promuovere e sostenere». Due, per Bassetti, i «principi» attorno ai quali i vescovi si riconoscono, «che appartengono alla storia del movimento cattolico di cui siamo parte»: il primo è «il servizio al bene comune», il secondo è «la laicità della politica». «Nella complessità di questa stagione, i limiti individuali possono trovare una compensazione soltanto nella dimensione comunitaria, educandoci a pensare e ad agire insieme», ha spiegato Bassetti a proposito del primo principio: «La politica migliore è quella che opera in unità di mente e di cuore, senza cadere in faziosità». Al riguardo, il presidente della Cei ha citato l’esempio del beato Giuseppe Toniolo, che a cent’anni dalla morte «ha ancora molte cose da dirci: in una situazione in cui i cattolici erano politicamente irrilevanti e comunque impediti, egli seppe riunirli attorno a un impegno per il lavoro, la giustizia e la pace sociale; con il suo servizio culturale divenne promotore di legislazioni e di opere sociali a favore delle classi più disagiate. Così, la sua visione di un’economia per l’uomo, permeata dall’etica e governata dai principi di sussidiarietà e di solidarietà, rimane anch’essa una lezione estremamente attuale». Quanto alla laicità della politica, per Bassetti «ne sono stati interpreti uomini di fede che hanno fatto grande la nostra storia»: «Penso a un De Gasperi, che seppe lottare per difendere la propria fede con grande pudore, facendo gli interessi dei cittadini, in piena e sofferta autonomia di pensiero, di parola e di azione».

«Guardiamo avanti con fiducia», l’invito finale, a nome della Chiesa italiana: «C’è un Paese che – come la vedova povera e generosa, di cui parlava il Vangelo di ieri – non solo sa contenere la preoccupazione ansiosa per il domani, ma continua a dare quello che ha e quello che è, senza far rumore, con larghezza di cuore e purezza d’intenzione. La storia è davvero scritta anche dai piccoli, anzi probabilmente proprio loro scrivono la storia più vera e profonda, più ricca di fiducia in Dio e di attenzione agli altri». «Su questa via c’è la possibilità per ciascuno di tornare al gusto di relazioni costruttive, perché vere, buone e belle», la proposta di Bassetti: «Il Vangelo non è un sospiro, ma un respiro a pieni polmoni: è quel silenzio che sostanzia ogni parola, quell’appartenenza che porta a riconoscersi comunità, quello sguardo che abbraccia ogni momento della vita».

Il testo integrale dell’introduzione del card. Bassetti