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ASSEMBLEA CEI: MONS. BETORI, «L’IMMIGRAZIONE NON È UN PROBLEMA GHETTIZZABILE»

Quello dell’immigrazione “è un problema che non è ghettizzabile, ma ci interessa tutti”. Lo ha detto mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, durante la prima conferenza stampa della 58ma Assemblea dei vescovi italiani. “Da sempre,” ha ricordato Betori, la Chiesa invita a “coniugare legalità e accoglienza, per valutare come quest0’ultima sia concretamente possibile”. “Scindere i due termini – ha aggiunto – sarebbe fare una lettura ideologica”. Il “vero realismo”, in materia di immigrazione, consiste dunque per i vescovi nel “coniugare insieme le esigenze della legalità, che è il presupposto della sicurezza sociale, con le esigenze dell’accoglienza, in forza del rispetto della dignità della persona umana”. Quanto ad un eventuale pronunciamento dei vescovi a favore o contro l’introduzione del reato di clandestinità, Betori ha informato che “durante l’assemblea non ci si è confrontati con la domanda esplicita”. I presuli, invece, hanno affrontato “il problema della permanenza temporanea degli immigrati, su cui la società deve decidere circa l’accoglienza o meno nel nostro Paese. Se lo strumento siano i Centri di permanenza temporanea o altro – ha commentato Betori – non sta a noi deciderlo. Certo bisogna dare una risposta confacente alla dignità della persona, alle condizioni di vita e al livello di civiltà nel nostro Paese”.

“Tutta la problematica dell’immigrazione – ha detto Betori – va affrontata in termini personalistici. Non si può massificare, non esistono categorie che in quanto tali possono essere penalizzate”. E’ innegabile, però, che “la gente sente un forte bisogno di sicurezza, che non è soltanto paura dell’altro: esprime una insicurezza più profonda. E’ quando vacilliamo nella nostra identità, che l’altro diventa uno straniero per noi”. “Da parte nostra – ha detto Betori – solo una forte identità riuscirà a rendere la gente più sicura nell’incontro con l’altro”. Il termine “ghetto” usato dal card. Bagnasco nella prolusione, ha precisato Betori ai giornalisti, “va interpretato non in termini soltanto spaziali, quanto piuttosto all’interno di una possibile ‘ghettizzazione’ della questione immigrazione”, che invece “va inserita in una percezione più ampia della convivenza all’interno della società civile, che tenga conto dei processi di globalizzazione, i quali non si possono arrestare con i fili spinati ai confini”. Dall’altra parte ci sono però “i bisogni della gente, e anche della forza lavoro di cui la nostra società ha bisogno”. Il “ghetto”, quindi, “simboleggia il rifiuto di tutto ciò che è emarginazione dell’altro, rispetto al tessuto connettivo della società”.

“Non vorremmo una società che ghettizza senza riuscire ad integrare”, ma neanche – ha puntualizzato Betori – situazioni che creino “allarmismo nella gente”. In questo quadro, i Cpt “sono una soluzione possibile, non finale del problema”: l’essenziale è “cercare di diminuire i tempi di permanenza e cercare altre forme di valutazione delle domande che possano essere risolutive per noi”. Quelle che il card. Bagnasco ha definito “scorciatoie illusorie” sull’immigrazione sono “quelle per cui si può isolare il problema rispetto ad una convivenza civile globale misurata sui valori della Costituzione”, e la Carta dei diritti e doveri degli immigrati predisposta dal Ministero degli Interno è “uno strumento interessante” in questo senso. Riguardo al problema immigrazione, l’invito della Cei è a “non escluderlo, ma neanche subirlo senza governarlo. Oggi mi sembra che si oscilli tra questi due estremi”, mentre l’obiettivo è “arrivare ad un vero e proprio governo dell’immigrazione”, garantendo “solidarietà e integrazione, ma anche vera sicurezza per i cittadini, che nasce dalla vera integrazione”. In questo modo, ha concluso Betori, “si aiutano gli altri a capire noi stessi e i rapporti si nutrono di un arricchimento reciproco. L’identità cattolica è per se stessa aperta, capace di universalità, di raccogliere il tutto: esclude che possa esistere un’identità come rifiuto dell’altro”.

“L’insegnamento della religione cattolica fa parte dell’attività curricolare in quanto insegnamento ‘della scuola’ e non ‘della Chiesa’. Pertanto si comprende che vada collocato in qualche ‘posto’ all’interno dei percorsi curricolari previsti dagli ordinamenti scolastici”: lo ha detto in conferenza stampa mons. Giuseppe Betori, rispondendo a una domanda di un giornalista. “Derivando dal Concordato, tale insegnamento ha le caratteristiche della stabilità e non è attivabile in maniera facoltativa da parte delle istituzioni scolastiche. Facoltativa ne è invece l’iscrizione e quindi l’avvalersi di questo insegnamento o meno da parte delle famiglie e degli studenti”, ha concluso. Circa il tema della pedofilia, Betori ha ricordato che, a proposito della polemica che ha riguardato mons. Maggiolini (già vescovo di Como) su un presunto caso di un prete dioceano, “i vescovi sanno benissimo che appena c’è notizia di un possibile evento, debbono aprire una inchiesta canonica. Diverso è il discorso per quanto riguarda la giustizia civile, che segue le proprie strade diverse da quelle dell’inchiesta canonica che sono di natura ecclesiale”.

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