Vita Chiesa

Betori, omelia nella festa di San Giovanni: l’identità di Firenze impoverita dallo sfruttamento economico

Non poteva mancare nell’omelia del cardinale Giuseppe Betori per la festa di San Giovanni Battista, patrono di Firenze, un pensiero alla piccola kataleya, la bambina che in questi giorni è al centro dei nostri cuori, con la speranza di poterla presto riabbracciare e riportare all’affetto dei suoi genitori. Mi ha colpito che in questi giorni di trepidante attesa i nostri giornali abbiano aperto i titoli dei pezzi dedicati alla sua scomparsa con il suo nome: Kata. È Kata che cerchiamo e per la cui salvezza preghiamo, non una essere umano anonimo. Ne siamo tutti consapevoli. Ma quanti bambini e adulti abitano la nostra città e non hanno nome per noi? Abbiamo bisogno di un prenderci cura gli uni degli altri, soprattutto dei più fragili, come persone, come un progetto di Dio, un suo dono”.

Prima peerò, parlando del tema dell’identità, l’arcivescovo ha detto parole forti sulla città: “La scomparsa della persona non è forse alla radice di quell’impoverimento della nostra città legato allo sfruttamento economico degli spazi abitativi a scapito della residenza delle famiglie? Sempre più spesso sui campanelli dei nostri immobili scompaiono nomi e cognomi, sostituiti da numeri e da marchi simbolici prestati a presenze fuggevoli. L’identità della città è legata alla restituzione dell’identità dei suoi abitanti, delle persone e dei nuclei familiari che la costituiscono”.

Nella festa del patrono, sollennizzata a livello cittadino anche dal torneo del calcio storico, Betori ha parlato della perdità di identità in tutti i suoi aspetti: “Viviamo in un mondo in cui le identità si decostruiscono e si rimodellano a seconda delle circostanze; un mondo in cui le identità diventano fluide a fronte della durezza della realtà, un mondo di identità ambigue, pronte a nascondersi dietro un nickname o usando un soggetto anonimo che copre poteri non dichiarabili”. “Questa cultura del mai ultimamente definito – ha aggiunto – registra la perdita dell’identità personale a vantaggio del potere attribuito all’incrocio degli algoritmi nel grande gioco della comunicazione e soprattutto del mercato. Nel contesto sociale rischiamo ormai di essere più numeri che persone. La crisi del valore dell’identità diventa palese anche nell’ambito delle relazioni sociali, dove vince il mascheramento di ciò che ci è di più proprio in funzione dell’accettazione, vittime delle regole del politically correct. Nella ricerca di sé il prevalere delle oscillazioni e delle fluidità diventa strumento decisivo per esonerare dal prendere decisioni impegnative, vincolanti, a cominciare dall’accettazione di sé. E quando queste dinamiche dal piano personale si trasferiscono a quello sociale, ecco che nell’incrocio tra le culture resta irrisolta la composizione tra identità e accoglienza.

Betori ha citato anche don Milani, di cui si ricorda il centenario della nascita, citando le parole pronunciate da papa Francesco a Barbiana nel 2017: «Essenziale è la crescita di una coscienza libera, capace di confrontarsi con la realtà e di orientarsi in essa guidata dall’amore, dalla voglia di compromettersi con gli altri, di farsi carico delle loro fatiche e ferite, di rifuggire da ogni egoismo per servire il bene comune» 

Da qui le parole sull’identità di Firenze e sulla piccola Kata, con un’invocazione finale: Giovanni il Battista, Yehôḥānān, “Dono del Signore”, ci aiuti a questa conversione al servizio della restituzione dell’umano, in tutte le occasioni e in tutte le sue forme.