Chiesa Italiana

Cammino sinodale: Zuppi, “tradurre l’ascolto in scelte chiare”

Nella relazione al Consiglio permanente della Cei una riflessione sulla Chiesa in Italia

Consiglio episcopale permanente della Cei

“Una Chiesa nel mondo anziché una Chiesa contro il mondo, una Chiesa che si apre al dialogo anziché una Chiesa che si chiude sentendosi assediata”. Così il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha sintetizzato il Cammino sinodale delle Chiese in Italia. “Ascoltando le voci delle diocesi – ha reso noto introducendo i lavori del Consiglio permanente, in corso a Roma fino al 20 marzo – si percepisce una debolezza che sembra investire questioni come il posto dei poveri all’interno della Chiesa e la valorizzazione del loro apporto, il dialogo con la cultura, i rapporti ecumenici e interreligiosi, l’interlocuzione con i mondi dell’economia, delle professioni, della politica, ma anche l’apporto della vita consacrata. In alcuni casi non sono nemmeno menzionati, in molti segnalano la difficoltà o la rarità di esperienze significative, o la frustrazione di un desiderio che non riesce a concretizzarsi quanto si vorrebbe, o anche la constatazione del fatto che ‘si vorrebbe, ma non si sa da che parte cominciare’”. Per Zuppi, “è tempo di tradurre l’ascolto in scelte di governo, chiare, lungimiranti, che permettano al nostro Cammino di avere un’incidenza effettiva e una corresponsabilità che permei la Chiesa ai vari livelli. Ne abbiamo l’opportunità”. “La sinodalità deve significare modi e forme concrete di vita comune, semplici, vere, esigenti e umanissime, personali e comunitarie, perché la Chiesa sia comunità, servizio, relazione, amore per la Parola e per i poveri, luogo di pace e di incontro”, la ricetta del presidente della Cei: “La sinodalità deve essere accompagnata dalla freschezza della fraternità, vissuta più che interpretata, offerta più che teorizzata, nella vita e non in laboratorio, capace di rivisitare e animare i nostri ambienti. Fraternità non virtuale, simbolica ma reale, con la fatica di riconoscerci nei fratelli così come essi sono, non come li immaginiamo noi. La nostra è una fraternità sempre segnata dal peccato, ma resa pura perché nella creta viene versato il tesoro del suo amore. Fraternità e sinodalità scorrono insieme”.

No a “polemiche digitali, sterili, polarizzate, di convenienza”, sì invece ad una Chiesa “segno di speranza nella società italiana”. Così Zuppi affronta il tema del dibattito sul futuro della Chiesa. “Un aspetto toccato, a volte con valutazioni opposte, è la diminuita rilevanza e consistenza della Chiesa”, osserva il cardinale: “Per qualcuno è prova di scelte sbagliate, per altri effetto di scelte non compiute, per altri ancora constatazione angosciata di scelte da compiere. Il dibattito non ci fa paura. Anzi, abbiamo più volte invitato, anche nel Cammino sinodale, a interrogarsi in maniera larga e consapevole sulla missione della Chiesa oggi in Italia, di fronte al futuro complesso e incerto del nostro mondo”. “Non si può gestire il presente con una cultura del declino, quasi si trattasse solo di mettere insieme forze diminuite, di ridurre spazi e impegno o di agoniche chiamate al combattimento”, il monito di Zuppi, secondo il quale “riandare nostalgicamente al passato non è fare storia, perché questa ha una robusta connessione con il senso del futuro”: “Guardare al passato è una tentazione facile con l’avanzare dell’età, forse facile in un Paese anziano come l’Italia o in una Chiesa dove non poche persone sono avanti negli anni”. “Guardare continuamente con nostalgia al passato è espressione di una senilità ecclesiale”, ha denunciato il presidente della Cei citando San Giovanni XXIII: “È la tentazione della nostalgia di una presunta età dell’oro, quella prima del Concilio per taluni, dopo il Vaticano II per altri”. “Ma nella Chiesa non c’è mai una mitica età dell’oro”, l’obiezione di Zuppi: “I credenti non possono guardare al passato e lamentarsi del presente della Chiesa o di quello del Paese. La Chiesa viene da una lunga storia, per certi versi ne è segnata, ma – radicata nel presente – guarda al futuro con speranza”, come spiega Papa Francesco nella lettera per il Giubileo del 2025. “Bisogna ricomporre un clima di fiducia e di speranza nella nostra Chiesa, liberarsi da amarezze e renderle impegno, progetto, esperienza”, l’invito del cardinale: “La Chiesa può e deve essere, vivendo così, un segno di speranza nella società italiana”, senza “correre dietro alla banalità del pensiero comune”.