Vita Chiesa

CARD. BAGNASCO: A SCUOLA DELLE VIRTU’ SOCIALI PER UN LAVORO DIGNITOSO

“Un lavoro può essere ambito in rapporto al guadagno, al potere, al prestigio, alla fama che procura, ma non sarà dignitoso se chiede al lavoratore di rinunciare ai valori che rendono la vita degna di essere vissuta: guadagnare la vita ma perdere le ragioni del vivere è indegno dell’uomo perché non lo realizza nella sua umanità”. E’ il forte monito lanciato questo pomeriggio dal card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nel suo intervento al Convegno dei direttori della pastorale sociale, che si è aperto oggi a Rimini sul tema: “Educare al lavoro dignitoso”. Il “criterio per valutare la dignità del lavoro”, ha spiegato il cardinale, sta nel chiedersi “se è conforme alla dignità dell’uomo”. “Tra economia e cultura – ha affermato il presidente della Cei – esiste un rapporto di reciprocità; ma deve restare fermo e chiaro il primato della cultura, se non si vuole entrare nella giungla di un mercato senza regole perché senza valori”. “Il mondo e la storia li dirige la cultura non l’economia”, perché “la cultura non è un sottoprodotto delle forze economiche, ma è un fatto spirituale, in cui la dimensione religiosa è portante”. “L’errore genetico” del socialismo e del consumismo, e dunque della nostra civiltà, consiste invece nell’”essere malata” di quel “morbo” – che “se non corretto, porta alla decadenza” – per cui si riduce l’uomo “ad una serie di relazioni economiche”, negando la sua responsabilità ”morale”. Sulla scorta della “Caritas in veritate”, il card. Bagnasco ha ricordato che il “lavoro decente” è “un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli senza che questi siano essi stessi costretti a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare, e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa”. Lavoro, insomma, “come diritto e dovere di ogni persona”, come “primato dell’uomo sul lavoro, e del lavoro sul capitale”: “Nelle zona d’ombra del non-lavoro – ha ammonito il presidente della Cei – la fiducia e la stima di sé sono pesantemente minacciate, e la serenità verso il futuro viene meno”. Di qui l’appello allo Stato, che “ha il delicato e gravoso dovere di provvedere alle opportunità di accesso al lavoro”, tenendo conto però che “circostanze inedite” come quelle attuali “impongono un aggiornamento di mentalità e capacità di rinnovamento”. Questa ”continua revisione di modi di pensare e di organizzare”, ha detto il card. analizzando i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, “richiede una conversione educativa permanente e generale, in grado di coniugare sempre meglio solidarietà e sussidiarietà, senza delle quali non esiste futuro a fronte della aggressiva globalizzazione in atto”. Per questo, secondo il card. Bagnasco, “è urgente da parte di tutti – ognuno secondo le proprie competenze e responsabilità – una capacità di interpretare i rivolgimenti economici, finanziari e sociali con nuova e più acuta lungimiranza, abbandonando anche categorie ormai vecchie, metodiche inadeguate e programmazioni irrealistiche, inerzie consolidate. Ma anche è necessaria, da parte di tutti, una missione educativa e culturale che rimetta a fuoco la vera immagine dell’uomo con le sue conseguenze”. “Proprio perché la persona è al centro di ogni espressione e attività umana, il primo e più importante lavoro si compie nel cuore dell’uomo”, ha affermato il presidente della Cei, ed è qui che “la Chiesa porta il suo contributo più specifico”, in quanto “esperta in umanità grazie al suo Signore e alla sua bimillenaria storia”: “Non vi è questione terrena che non riguardi l’uomo, e l’uomo è la via della Chiesa”, che “ha la parola decisiva da annunciare sull’uomo e sul suo destino”. “Nessuna attività umana è possibile senza la libertà”, ha osservato il card. Bagnasco, ma “l’esercizio fruttuoso della libertà” richiede che “si coltivino le virtù come la fiducia in se stessi, la laboriosità, la sobrietà, il senso di appartenenza ad una comunità verso la quale si hanno diritti ma anche doveri di onestà e di sacrificio”. In sintesi, per il presidente della Cei, si tratta di “andare a scuola delle virtù sociali”, per “riscoprire il gusto di stili di vita nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono, e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi, e degli investimenti”, come si legge negli Orientamenti Cei per questo decennio, dedicati alla questione educativa. “I cattolici – ha concluso il card. Bagnasco – hanno una grande responsabilità verso il corpo sociale in tutte le sue espressioni: hanno un debito di servizio per il dono della fede ricevuta, che li abilita ad essere umilmente ‘luce e sale della terra e luce del mondo, e anche per quel patrimonio di storia cristiana che è un tesoro e come un giacimento inesauribile per il bene degli uomini e della civica”. Tutto ciò, a partire dalla “fitta rete di parrocchie”, che – con i loro sacerdoti e “laici impegnati” – esprimono “la vicinanza concreta e disinteressata della Chiesa alla gente ovunque vive”. (Sir)