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CATTOLICI E POLITICA: OLIVERO (ACLI), DAL DISINCANTO ALLE «PROPOSTE COLLETTIVE»

«La partecipazione democratica, la giustizia sociale, i diritti di cittadinanza, il lavoro decente e dignitoso, il welfare equo e universale, la cultura della pace, l’interesse per la comunità territoriale in un orizzonte europeo». Sono queste le grandi idee da fecondare per un nuovo protagonismo cattolico in politica. Lo ha detto oggi Andrea Olivero, presidente nazionale Acli, nella sua relazione all’Incontro nazionale di studi in corso a Orvieto. «Dobbiamo mettere in discussione abitudini di pensiero e stereotipi culturali che agiscono nella nostra mente come fossero dogmi», ha proseguito, dal momento che «non tutto può essere ridotto a interesse e utilità: su queste basi non si genera né coesione sociale né solidarietà». Secondo il presidente, la sfida è riportare il Paese a «svolgere un ruolo chiave nel rilancio del progetto di unificazione politica dell’Europa». A proposito, le Acli, «in sintonia con i vescovi europei», sostengono «la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie, criteri per la limitazione dei compensi per i top manager e l’appello a destinare agli aiuti ai Paesi in via di sviluppo lo 0,7% del Pil».

È dunque necessario, ha proseguito Olivero, «superare lo scoraggiamento in vista di una nuova cittadinanza capace di rifondare il patto di convivenza civile: non ci affascinano le tendenze demagogiche e qualunquiste della cosiddetta antipolitica e le ricette semplicistiche del grillismo, né possiamo condividere le fughe indifferenti del partito del non voto». Il disincanto, ha spiegato, deve trasformarsi «in proposte collettive e volontà positiva». Richiamando il Concilio Vaticano II, ha poi evidenziato il bisogno di «un laicato maturo, competente e responsabile», che si liberi dall’«afasia» e da una «mentalità clericale» per ritrovare «il coraggio dell’autonomia nell’ordinare le cose temporali: la costruzione del Regno di Dio passa dalla partecipazione all’edificazione della città dell’uomo». Pertanto l’impegno politico, «nella società plurale, aperta e post-secolare», diventa per il credente «banco di prova in un dialogo autentico e maturo». Todi, ha aggiunto, «ci ha insegnato che non c’è bisogno di un partito cattolico» perché «la differenza nella presenza all’interno degli schieramenti è legittima e opportuna. Noi – ha concluso – con la nostra tradizione, ci collochiamo nel solco del cattolicesimo sociale e democratico, che s’ispira al personalismo comunitario e ha visto l’elaborazione dei codici di Malines e di Camaldoli». (Sir)