Vita Chiesa

CHIESA E SALUTE, MONS. CROCIATA (CEI): I MALATI PARTE VIVA DELLA COMUNITÀ CRISTIANA

Gli operatori pastorali nel campo sanitario non devono essere lasciati “nell’isolamento dal resto della comunità” come pure gli stessi malati, anzi “si deve sentire che tutta la comunità, e in essa tutta la Chiesa, accompagna chi è malato, che gli è vicino e a lui si dedica, e che il malato è parte viva e integrante della comunità cristiana”: lo ha detto questo pomeriggio a Silvi Marina (Te), il Segretario generale della CEI, mons. Mariano Crociata, intervenendo all’apertura dei lavori dell’XI Convegno nazionale dei direttori degli uffici diocesani di pastorale della sanità. Dopo aver constatato che “purtroppo oggi si fa molta fatica a trasmettere di generazione in generazione non solo la fede, ma anche alcuni atteggiamenti fondamentali, valori umani e prassi di comportamento condivisi”, il vescovo ha sostenuto che proprio le “dimensioni della salute, della malattia, del dolore, della morte” occupano uno spazio importante “nel percorso lungo il quale si attua l’educazione cristiana, cioè il cammino di crescita e di maturazione umana compiuto nella luce della fede”. Il Segretario generale della CEI ha poi portato la riflessione in tema di sanità sull’attuale momento culturale, affermando che “oggi assistiamo frequentemente allo smarrimento del senso dell’uomo conseguente al riduzionismo scientista e all’eclissi di Dio. Già Giovanni Paolo II – ha proseguito – segnalava che l’eclissi dell’uomo è conseguente all’eclissi di Dio, rendendo ineludibile la cosiddetta ‘questione antropologica’”. Ciò che si verifica è quindi – a suo avviso – la “saldatura tra nichilismo e materialismo che porta ad esiti puramente edonistici e utilitaristici, e all’emergere di concetti quali quello della ‘vita non degna di essere vissuta’ e all’incapacità di vedere nella fragilità orizzonti di senso e di speranza”. Ne consegue per mons. Crociata che “le persone ammalate e disabili, oltre al peso della loro condizione, finiscono con l’avvertire e sperimentare anche il dramma della solitudine e del non-senso della loro condizione. Per questo – ha affermato – la fede cristiana è chiamata a riproporre, oltre una riflessione filosofica attenta alla irriducibile complessità e integrità personale dell’essere umano, l’affermazione della creazione dell’uomo a immagine di Dio”.Proseguendo nell’analisi della cultura odierna, mons. Crociata ha quindi affermato che “nella perdita dell’orizzonte trascendente e credente (..) la malattia e il dolore vengono considerati come condizioni da evitare, superare e trattare tecnicamente con gli strumenti che la scienza e la medicina mettono a disposizione; e ciò non avrebbe alcunché di deprecabile se non arrivasse a escludere del tutto la possibilità di dare un senso, o almeno di porre la questione del perché”. A suo avviso, quindi, “tutto prende alla fine un aspetto molto triste, poiché l’incapacità o il rifiuto di porsi la domanda sul senso della malattia e del dolore hanno alla lunga un effetto disumanizzante e autodistruttivo, come mostrano i tentativi di legittimazione dell’eutanasia”. “Di fatto quando la salute e il benessere fisico assorbono in sé tutte le caratteristiche della salvezza – ha sottolineato -, l’uomo si condanna da sé alla disperazione, poiché troppo precaria si presenta la possibilità di salvaguardarla integra e conservarla sempre”. Nella visione cristiana della vita e delle cose, ha invece precisato, “la salute è considerata un ‘bene penultimo’ che richiede una prassi di equilibrio e di sobrietà e un progetto di vita buona”. Per questo ha esortato ad “educare i giovani a un sano sviluppo umano e spirituale”.