Lettere in redazione

Comunicazioni sociali: giornata dimenticata?

Caro direttore, domenica scorsa, avendo approfittato come molti del ponte del due giugno, sono andato a Messa nella chiesa del posto in cui mi trovavo. Evito di fare nomi, anche perché non è simpatico e non è questo l’importante. E poi penso che la stessa cosa sia successa in molte altre parrocchie. Se non ricordo male, l’anno scorso è successo anche nella mia. Quello che volevo dire è che in quella chiesa non è stato detto niente sulla Giornata delle comunicazioni sociali. Ad essere sincero nemmeno io lo sapevo o me lo ricordavo, ma me ne sono accorto al momento della preghiera dei fedeli quando è stata letta quella che c’era nel foglietto. Non si capiva, infatti, perché si pregasse per gli scrittori, i giornalisti, i registi, le nuove tecnologie…. L’ho capito rigirando il foglietto e leggendo quello che c’era scritto sulla prima e sull’ultima pagina dello stesso foglietto. Anche se la preghiera per i registi mi è sembrata strana lo stesso. Io credo che come me molti altri che erano alla Messa non hanno capito il senso di quelle preghiere. Forse bastavano due parole di introduzione.

M.P.indirizzo email

Quello che pone il nostro amico lettore è un problema reale e ricorrente. Quello che accade per la Giornata delle comunicazioni sociali, accade anche per le altre Giornate. Mi viene ad esempio in mente quella per l’Università cattolica, che in pochissimi rammentano, tranne poi ritrovarsela sul foglietto, che giustamente ne tiene conto. Le Giornate sono fatte per questo: per essere celebrate. Fra l’altro quella delle Comunicazioni sociali è l’unica istituita direttamente dal Concilio. Lo stesso messaggio del Papa per l’occasione viene dapprima annunciato a livello di titolo, già nell’autunno precedente, poi il 24 gennaio, festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, viene diffuso il testo il quale a sua volta rimanda alla Giornata mondiale nel giorno dell’Ascensione. Insomma, le occasioni per ricordare la Giornata non mancano. Spesso i sacerdoti si giustificano dicendo che le Giornate sono troppe, che ci sono tante cose a cui pensare. Ma è anche vero, come dice il nostro lettore, che a volte basterebbero due parole, almeno quelle necessarie a spiegare la preghiera dei fedeli. Altrimenti sarebbe molto più onesto cambiarla. Ma a quel punto dove va a finere il valore comunitario della Giornata e della preghiera?

Di positivo ci sono comunque da segnalare anche le tante comunità in cui la Giornata viene ricordata o celebrata, anche a livello diocesano, con il coinvolgimento dei vescovi. È quello che ad esempio è successo a Firenze, dove l’arcivescovo Giuseppe Betori, ha celebrato la Messa in cattedrale, di fronte agli operatori dell’informazione locale, dedicando parte dell’omelia ai richiami contenuti nel Messaggio di Benedetto XVI e rimandando alla lettura integrale per un doveroso approfondimento.

Stesso discorso per Livorno, dove l’Ufficio diocesano delle Comunicazioni sociali e l’Ucsi (l’Unione cattolica della stampa italiana) hanno organizzato un incontro, «A viva voce», con la testimonianza di Luca Collodi, giornalista livornese in forza alla Radio Vaticana, dopo la Messa, nel giardino del vescovado, celebrata dal vescovo Simone Giusti. Anche ad Arezzo gli operatori della comunicazione si sono ritrovati in cattedrale per la Messa celebrata dall’arcivescovo Riccardo Fontana. Questo solo per citare alcuni esempi.

Andrea Fagioli