Toscana

Contesa dell’acqua tra referendum e crisi

di Ennio Cicali

Servono 3,5 miliardi di euro per recuperare il ritardo infrastrutturale della rete idrica che perde oltre un terzo dell’acqua immessa in rete: 37,3% la differenza fra volume immesso in rete e il volume fatturato in un campione significativo di gestioni. Per ovviare sono necessari investimenti per la manutenzione e garantire così il corretto funzionamento degli impianti e ridurre progressivamente le perdite di rete. Inoltre, deve essere completata la rete fognaria e gli impianti di depurazione, per garantire scarichi a norma in tutti i nuclei abitati. Interventi da fare entro il 2014, altrimenti l’Italia rischia sanzioni dell’Unione Europea. Da potenziare poi il sistema degli attingimenti per garantire sempre acqua a tutti. La rete deve essere estesa alle nuove aree edificate.

A complicare le cose contribuiscono le alterazioni climatiche e i fenomeni di inquinamento che rendono sempre più difficile disporre di acque idonee al consumo umano. In Toscana negli ultimi 9 anni le aziende del servizio idrico hanno investito 1,5 miliardi di euro, è la regione migliore in Italia in termini di investimento.

Come rispondere a questa situazione? «Il servizio idrico in Italia ha bisogno di un quadro normativo di affidamenti stabile, chiaro e duraturo che consenta alle aziende che operano, a prescindere dallo loro composizione proprietaria, di gestire piani di investimenti di lunga durata – spiega Alfredo De Girolamo, presidente Confservizi Cispel Toscana –. Occorre poi un sistema tariffario che, in mancanza di finanziamenti pubblici, consenta la realizzazione degli investimenti o il loro finanziamento, garantendo la copertura dei costi e l’adeguata remunerazione del capitale investito».

Sono di tutt’altra opinione i promotori dei referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua che in centinaia di piazze italiane hanno allestito i banchetti che hanno raccolto oltre 500mila firme dopo l’appello lanciato dal «Forum italiano dei movimenti per l’acqua», un vastissimo fronte che va dalle associazioni dei consumatori agli ambientalisti, dal mondo cattolico al popolo viola, dai movimenti sociali al mondo sindacale, alle forze politiche. Sono loro che propongono tre quesiti per abrogare la legge approvata nel novembre dello scorso anno. Tre quesiti che esprimono il rifiuto di considerare l’acqua una merce e la sua gestione finalizzata a produrre profitti. Diverso il quesito proposto da Italia dei valori che vuole estrapolare il servizio idrico dal decreto Ronchi senza però chiederne l’abrogazione completa. Dal canto suo il Pd toscano, che non aderisce alla campagna referendaria, propone un soggetto unico per la gestione dell’acqua, al posto degli attuali sei Ato, con proprietà, programmazione e controllo saldamente in mano pubblica.

Sono molte le iniziative anche in Toscana per la raccolta delle firme. A Prato il comitato referendario provinciale pratese è molto vicino all’obiettivo prefissato di 3000 adesioni. «Acqua: diritto e bene comune dell’umanità»: è il titolo di un seminario di studi che si svolgerà a Chianciano Terme questo 29 maggio, organizzato da Solidarietà e Cooperazione – Cipsi e della campagna «Libera l’acqua».

Risponde ai promotori del referendum Alfredo De Girolamo: «Il dibattito sull’acqua che sta interessando i cittadini in queste settimane è parziale e poco fondato – commenta il presidente di Confservizi Cispel Toscana –. Si parla di acqua privata e di gestioni private, ma l’acqua non può essere privatizzata, né tantomeno le reti, gli acquedotti che sono demaniali. La gestione privata può essere un modello ma non è quello attuato nel nostro Paese, dove operano società miste pubblico-privato o società interamente pubbliche. La campagna referendaria, ovviamente legittima, non deve trasformarsi nell’ennesima occasione per ritardare investimenti improrogabili».

Come e quanto si beve in Toscana

Un milione e 400 mila toscani, pari al 40 per cento della popolazione, beve oggi l’acqua del rubinetto, sono 500.000 in più rispetto a cinque anni fa, secondo i dati di  Confservizi Cispel Toscana. Sommando la percentuale di coloro che bevono l’acqua regolarmente con quelli che la bevono saltuariamente si arriva ad un 71 per cento, risultato che testimonia come sia molto migliorato il servizio e la qualità dell’acqua assicurato dai gestori toscani. I gestori dell’acqua in Toscana sono 7 società per azioni, una di esse interamente pubblica, le altre a maggioranza pubblica. Sono società beneficiarie di un affidamento diretto da parte dei comuni che costituiscono l’ambito, che hanno contestualmente ceduto parte del capitale (dal 40 al 45 per cento) ad un partner industriale che ha garantito esperienza tecnica e capitali.

Queste società hanno complessivamente 2.400 dipendenti, fatturano 603 milioni di euro all’anno, hanno fatto negli ultimi 9 anni 1,5 miliardi di euro di investimenti per mantenere la rete esistente e per nuovi interventi come il tubone che porta l’acqua da Firenze fino a Prato e Pistoia, impianti dissalatori sulla costa toscana, invasi per assicurare l’acqua alle piane lucchesi, aretine e grossetane, e altro.