Fiesole

Diocesi di Fiesole, un anno dall’ingresso del vescovo Stefano. In un’intervista ci racconta questi primi 365 giorni

È già passato un anno dall’ingresso del vescovo Stefano in diocesi di Fiesole. Monsignor Stefano Manetti fece il suo ingresso solenne nel pomeriggio di mercoledì 6 luglio 2022, festa di San Romolo, patrono della diocesi e della città di Fiesole. E fu una festa di popolo quella vissuta da tanti fedeli riuniti al Teatro Romano per partecipare alla solenne concelebrazione. Fin dal suo arrivo in città, avvenuto secondo programma alle 17 alla chiesa di S. Maria Primerana, il vescovo Stefano sentì l’affetto e il calore dei tantissimi fiesolani che scelsero di essere presenti a quella giornata storica. Affetto e calore che monsignor Manetti ha continua a sentire durante questi mesi passati insieme. Il vescovo Stefano “accenderà” oggi la sua prima candelina del servizio pastorale presiedendo la concelebrazione di San Romolo nella cattedrale fiesolana. Il programma inizia alle 17.30 con la Celebrazione dei Secondi Vespri della solennità presso il Santuario di S. Maria Primerana, a seguire la processione con il busto reliquiario di S. Romolo fino alla chiesa Cattedrale dove si svolgerà la tradizionale offerta del cero da parte della «contea» di Turicchi. Poi alle 18.15 in Cattedrale solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta dal vescovo Stefano. «È stato un anno intenso – ci dice il vescovo Stefano -, pieno di incontri con le realtà locali della Chiesa e del territorio, con tanti momenti di condivisione con le comunità, le associazioni e con i presbiteri». 

Ha girato tanto la diocesi incontrando persone, comunità, parrocchie, associazioni. Qual è la sua impressione? Ricorda delle emozioni particolari?

«Ho trovato una chiesa che “sta sul pezzo”, cioè attenta e presente sul territorio, giovandosi di una consolidata e ricca esperienza pastorale maturata nel tempo. Naturalmente stare sul pezzo include il confrontarsi con le nuove sfide del cambiamento d’epoca in atto, tanto più ardue per via della rapidità, oltre che della complessità, con cui si presentano. Nel loro insieme sembrano porre alla comunità cristiana questo sintetico interrogativo: come ti collochi nel mondo attuale e quale è il senso della tua presenza? Più che di emozioni preferisco parlare di esperienze belle, certamente i gruppi sinodali con i sacerdoti e nelle parrocchie e tante altre come dirò tra poco».

Nella prima intervista, prima dell’ingresso in diocesi, ci disse: «Il Signore ci farà capire le priorità». Quali sono oggi?

«Rafforzare la consapevolezza dell’essere Chiesa e in particolare l’essere Chiesa fiesolana. La diocesi è ricca di persone e di realtà creative, capaci di mettere in campo progetti e di realizzarli bene. Il rischio è di correre ciascuno per la sua strada, concentrato sulle proprie cose, perdendo di vista l’insieme della comunità diocesana, con la conseguenza di isterilire i buoni frutti possibili. Per annunciare efficacemente il vangelo oggi occorre attingere all’essenza stessa della Chiesa, la sua risorsa più grande, che è la comunione, perché solo quando è Una (non a caso il primo attributo in ordine di importanza che il Credo domenicale gli riconosce) la Chiesa esprime in pienezza il suo essere sacramento di Cristo, portando frutti sorprendenti. Come ci ricordano i santi, vale più una piccola cosa fatta insieme che una grandiosa da soli».

È stato un anno contrassegnato dal Cammino sinodale: il 15 giugno scorso la diocesi ha consegnato il documento di sintesi, pubblicato poi sul giornale. Lei ha partecipato a molti gruppi parrocchiali. C’era bisogno di questo percorso per la Chiesa? Le persone come hanno reagito?

«Il metodo del gruppo sinodale ha il pregio di ravvivare le comunità, dargli nuova linfa per lo scopo di cui sopra. Si fanno tante cose ma la priorità va data all’ascolto, ascolto del Signore e del prossimo. Può sembrare improduttivo e quindi inutile, invece è determinante per il buon proseguimento delle nostre comunità che hanno bisogno di momenti di ricarica in cui ci si prende il tempo per stare insieme, guardarci, ascoltarci e riscoprire la bellezza della comunione ecclesiale che è la sorgente di ogni azione. Anche il telefonino quando è attaccato al cavo elettrico sembra inutile ma in realtà la sua attività senza quel momento di ricarica non ci potrebbe essere. Ho visto le persone partecipare volentieri ai gruppi sinodali, si sono fidate e ne hanno tratto frutto con gioia».

Il cammino sinodale segnerà la vita pastorale delle diocesi anche il prossimo anno con l’avvio della fase sapienziale. Come si svolgerà questa seconda fase in diocesi?

«Ora che lo stiamo imparando non vogliamo perdere lo stile sinodale. Pertanto intendiamo continuare l’esperienza dei gruppi finché questo stile diventi prassi ordinaria nella vita delle nostre comunità, per questo proporremo, per ora, ancora le schede come sussidio. Fra queste anche alcune della fase sapienziale consistente nel mettere l’esperienza di vita condivisa nei gruppi sinodali a confronto con la Parola di Dio allo scopo di prendere le decisioni secondo quel che ci fa capire il Signore».

Ci sono stati in questo anno anche due momenti in cui ha incontrato i bambini: a Figline per la vigilia della Festa delle Palme e poi a Loppiano con i bambini della Prima comunione. Cosa riporta in particolare da questi due incontri?

«Appunto sono queste alcune delle esperienze belle di cui volevo parlare. Una volta chiesi a una maestra in pensione dopo 40 anni di scuola dell’infanzia, perché, secondo lei, Gesù ci indica i bambini come modello da imitare per entrare nel suo Regno. Mi rispose: perché sono veri. Ecco, è proprio così, per cui se vuoi conoscere chiaramente il tempo che stai vivendo, ascolta i bambini».

Dai bambini ai ragazzi e giovani. Un bel gruppo, 150, di nostri giovani parteciperanno alla GMG di Lisbona. Lei li accompagnerà? I giovani rispondono sempre con gioia e entusiasmo alla Giornata mondiale della gioventù. Perché?

«Sì andrò con loro. Il perché del loro entusiasmo si può spiegare anche per il passa parola di quelli che ci sono già stati e testimoniano la loro gioia contagiosa. Questa volta però, anche per via del Covid, le distanze temporali fra le due generazioni è aumentata e quelli che partecipano sono quasi tutti alla loro prima GMG perciò la loro pronta risposta ci ha sorpreso. Vedo che cercano un orientamento vero, non deludente, per la loro vita e intuiscono che nel vangelo e nella fede condivisa con gli altri possono trovare la risposta».

Poi a settembre ci sarà il pellegrinaggio diocesano con l’Unitalsi a Lourdes. Perché è stata scelta questa mèta come primo pellegrinaggio?

«Perché sono cresciuto, in certo modo, a Lourdes. La prima volta avevo 11 anni e vi presi una febbre a 40 (strana grazia ricevuta… fu un incubo), poi ho continuato per tutta l’adolescenza. È un luogo a me caro e ci vado con la mia diocesi per affidare il nostro cammino alla Madre Santa, che non delude mai».

È prevista anche una visita pastorale in diocesi?

«Certamente. A suo tempo».

Il Seminario e le vocazioni: oggi è tema più che mai urgente considerata la crisi. Come presentare questa scelta forte di vita ai giovani?

«Nel solito modo di sempre: aiutandoli ad incontrare il Signore Gesù. Quando lo incontrano e se ne innamorano, ciò che pare difficile diventa facile e piacevole».