Vita Chiesa

Don Milani: figura unica di prete del suo tempo

Indagare la dimensione spirituale e pastorale di don Lorenzo, per capire cosa ha ancora da dire alla Chiesa di oggi. Questo l’obiettivo del Convegno pastorale organizzato dalla diocesi di Firenze, ministero della Cultura e Regione Toscana, svoltosi a Firenze tra il 24 e il 25 novembre.

Don Lorenzo Milani (foto archivio)

Dopo troppe interpretazioni univoche che hanno privilegiato ora solo il maestro ora solo il ribelle, è sembrato doveroso indagare la dimensione spirituale e pastorale di don Lorenzo, per capire cosa ha ancora da dire alla Chiesa di oggi. Era questo l’obiettivo del Convegno pastorale progettato insieme con don Andrea Bigalli e Federico Ruozzi, in collaborazione con la diocesi di Firenze e la sapiente guida dell’arcivescovo Betori, che si è tenuto a Firenze tra il 24 e il 25 novembre.

Abbiamo ripercorso la biografia spirituale e la pastorale di don Milani anche nei luoghi della sua vita religiosa: prima a Firenze, nel seminario maggiore dove studia per diventare prete dal ‘43 al ‘47 e poi a Calenzano, nella parrocchia di San Donato dove tutto ha avuto inizio.

Nei prossimi giorni saranno disponibili sul sito del Comitato nazionale (www.donmilanicentenario.it), le registrazioni di tutti gli interventi ma contiamo di pubblicare anche gli atti. Qui mi limito a condividere il valore complessivo e le acquisizioni emerse dai diversi contributi che studiosi e amici di don Lorenzo hanno fornito e che possono essere sintetizzati in tre capitoli.

Una figura unica di prete ma figlio del suo tempo e della sua chiesa. Un tempo cerniera, tra la fine della chiesa tridentina e la nascita di quella conciliare; una comunità di fede, quella di Firenze guidata da mons. Elia Dalla Costa che vive quest’attesa tra grandi slanci anticipatori e non poche frenate.

I protagonisti di quella stagione sono noti: da Giorgio La Pira, il sindaco santo che inaugura una politica economica e sociale di aperto sostegno alle classi subalterne a don Giulio Facibeni che avrà grande influenza su una generazione di sacerdoti come Borghi, Rossi, Rosadoni che della scelta per i poveri aveva fatto la cifra della propria missione. E ancora, mons. Bartoletti e mons. Bonanni, che avevano rinnovato la formazione nel seminario maggiore del Querceto. E infine i compagni di viaggio come don Mazzolari e padre Turoldo entrambi al suo fianco nei momenti più difficili, e infine il rapporto con padre Balducci. Giustamente ha osservato mons. Betori gli attacchi a don Milani vanno anche interpretati come un tentativo di riportare all’ordine l’originalità di quest’esperienza.

Don Lorenzo sta in questa comunità con il suo profilo del tutto originale e ne condivide l’ansia e l’impazienza rinnovatrice, soffrendo per le incomprensioni e le resistenze a cui va incontro mentre già sperimenta a Calenzano e a Barbiana una nuova prassi pastorale.

E poco importa se nelle sue opere sono rari i riferimenti ai lavori e ai documenti del Vaticano II perché adottando il metodo del discernimento storico don Lorenzo consegna ai suoi ragazzi un modello di evangelizzazione che fa leva sulla concretezza della vita di Gesù per aprirli al mistero dell’incarnazione.

La scuola diventa così «ottavo sacramento» e l’insegnamento della parola, comprensione di se stessi e della realtà, è la chiave di una emancipazione personale e sociale che conduce alla comprensione piena della Parola e a vivere una fede libera e responsabile.

Milani reagiva alla crisi del cristianesimo, religione sempre meno praticata, vista dal suo popolo come «roba da donne», come un obbligo o un’abitudine. Nel priore di Barbiana c’è la tensione, ha sottolineato Betori a «incarnare la parola nella vita e non nell’idea». È un prete obbediente perché innamorato di Cristo e convinto fino in fondo che non c’è salvezza fuori dalla Chiesa.

La dimensione comunitaria è essenziale ed è insieme attenzione alla città dell’uomo, ai suoi problemi, alle sue contraddizioni e comunione di vita cristiana, responsabilità verso i fratelli più fragili e i poveri. In questa scelta, vissuta come totale fedeltà al Cristo, Milani mostra già il volto della Chiesa conciliare che verrà.

Le sue battaglie in difesa della dignità degli operai e dei contadini, il suo impegno educativo aconfessionale, la laicità e il rigore della sua pastorale ne fanno ben presto un prete scomodo agli occhi di una gerarchia vaticana che all’epoca appariva ossessionata dalla minaccia del comunismo, lontana dalle attese della povera gente.

La scelta per i poveri, con un amore che si fa piena condivisione delle loro sofferenze, mostra a don Milani quali fossero i veri avversari della fede. In «Esperienze pastorali» si avverte lo sgomento per una chiesa che appare dimentica della dottrina sociale e schierata nella difesa dello status quo. Don Lorenzo denuncia l’avanzare di un capitalismo che negava dignità al lavoro, provocava ferite profonde alla giustizia e incoraggiava un consumismo edonista che svuotava di senso i valori umani e religiosi.

La testimonianza di don Lorenzo ci interpella sulla nostra coerenza di cristiani in un mondo che appare più duro e iniquo, in cui cresce il divario tra chi banchetta con il ricco Epulone e chi è costretto sotto la tavola a raccogliere solamente le briciole.

Il convegno si è aperto nell’anniversario del decennale dell’enciclica di papa Francesco Evangelii Gaudium nella quale lui ci ricorda che: «Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Dio concede loro la Sua prima misericordia. Questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere gli stessi sentimenti di Gesù» (EG 198).

Il torto più grande che possiamo fare a don Milani è di richiuderlo nella Chiesa del suo tempo. Al contrario la sua profezia ci invita a seguirlo nella scelta dei poveri e nella totale fedeltà a Cristo.