Opinioni & Commenti

E la politica internazionale scoprì che è meglio collaborare che litigare

di Romanello Cantini

Se si dovesse riassumere in una frase il cambiamento accelerato che la politica internazionale ha subito negli ultimi mesi lo potremmo sintetizzare nel passaggio dall’unilateralismo al multilateralismo. Il presidente Bush era stato bravissimo nel crearsi più nemici che amici fino a rischiare l’isolamento quasi avesse fatto suo il motto del duca di Borgogna «molti nemici molto onore». Due guerre in corso in Afghanistan e in Iraq. Un atteggiamento esclusivamente minaccioso contro l’Iran oscillante fra le sanzioni e il possibile intervento armato contro i progetti nucleari della ex Persia. Propositi aggressivi verso Paesi confinanti che potevano aiutare la guerriglia irachena. Un raffreddamento delle relazioni con la Russia per il progetto di scudo spaziale in Polonia e per il tentativo di prolungare la Nato fino all’Ucraina e alla Georgia. Una distanza sorta anche rispetto a diversi paesi europei per la guerra in Iraq.

La crisi economica e la nuova presidenza Obama hanno ora già fatto inaugurare un metodo secondo cui è meglio finché è possibile collaborare anziché litigare. La svolta più epocale è stata da questo punto di vista quella di togliere di mano le decisioni sulla economia mondiale al G8 formato dai paesi più ricchi dell’America del Nord e dell’Europa con l’appendice del Giappone per affidarle al G20 dove sono entrati i paesi emergenti che contano dalla Cina, al Brasile, all’India, all’Arabia Saudita, al Sudafrica.

È stata la stessa crisi economica a fare abbassare la cresta a quel mondo occidentale che pensava ancora di pilotare l’economia mondiale dalle cabine di regia di New York e di Londra. La crisi attuale non è per fortuna così grave come quella del 1929 quando il prodotto lordo americano crollò del 25 per cento. Ma i paesi corrispondenti grosso modo al vecchio G8 avranno quest’anno una riduzione del proprio reddito del 4 per cento, mentre la Cina, per fare un esempio, nonostante la crisi continuerà a crescere del 6 per cento. In questa situazione consegnare le sorti della economia mondiale al G8 era come far curare i sani da un malato. E la crisi ha solo anticipato una dislocazione del potere economico da ovest ad Est e da Nord a Sud che da almeno venti anni sembra ormai irreversibile.

Il vertice di Londra ha cercato di ridare più poteri agli stati e alle istituzioni sovranazionali come il Fondo Monetario Internazionale per cercare di controllare la finanza selvaggia. Ma il metodo di decisione inaugurato a Londra è più importante delle decisioni stesse. Il multilateralismo è stato trasferito dal presidente Obama dalla economia alla politica. Il nuovo presidente sembra preferire i ponti ai muri anche quando l’abisso da coprire è enorme. È per questo che fra l’altro Obama tiene tanto alla Turchia perché, come paese islamico nella Nato, è il mediatore ideale come «amico» fra i «nemici».

Il 2 aprile a Londra per la prima volta dopo trent’anni un rappresentante americano si è incontrato con un rappresentante iraniano nel quadro di una conferenza sull’Afghanistan in cui ben ottantaquattro delegazioni dentro e fuori il tormentato paese erano chiamate a cercare una soluzione. L’Afghanistan non è più un problema solo militare, ma anche politico e diplomatico con il tentativo di coinvolgere i vicini e persino i «meno vicini» scegliendo per quanto è possibile fra talebani moderati e talebani estremisti. Nei confronti della Russia la virata è stata spettacolare. È stato rimesso in discussione lo scudo spaziale in Polonia con l’ipotesi di uno scudo nell’Azerbajan che potrebbe proteggere anche la Russia. Ma soprattutto nei colloqui fra Obama e Madvedev ha ripreso quota il tema del disarmo nucleare di cui più nessuno parlava da tredici anni. E in questo progetto di disarmo ha fatto capolino per la prima volta nel dialogo fra le due massime potenze nucleari il sogno dell’«opzione zero», un’utopia che riprova di nuovo a mettere i piedi per terra. E se immaginare l’opzione zero è difficile, immaginare l’alternativa è terribile con la fine della non proliferazione nucleare, un mondo con decine di potenze atomiche, le guerre che in qualsiasi punto del globo possono cominciare come guerre classiche e finire come guerre atomiche.