Lettere in redazione

Eluana nelle braccia di un Dio misericordioso

Caro Direttore,il cantante-medico Jannacci in una intervista al «Corriere della sera» del 6 febbraio ha dichiarato che togliere l’alimentazione ad un paziente e interrompere una vita è allucinante e bestiale. Questa è la dimostrazione che il caso Eluana Englaro tocca la coscienza di tutti e non solo dei cattolici. Carlo Innocentiindirizzo email Caro Direttore,chiediamo perdono per chi con durezza di cuore e inumanità ha invocato perdono, al Signore, verso coloro che hanno assistito Eluana nel trapasso. A volte non porre limiti alla vita sembra essere una condizione peggiore della pena di morte. Ci consola solo la speranza di un Dio infinitamente buono e misericordioso. Arrigo CanzaniSesto Fiorentino (Fi) Caro Direttore,rientrando a casa e vedendo che il tg serale si stava prolungando, oltre il consueto orario, sul caso della ragazza in stato vegetativo, ho capito immediatamente ciò che era successo e ho provato grande sgomento. In merito a questo fatto, abbiamo ascoltato e letto opinioni di ogni genere. La scelta del padre della ragazza di trasformare il proprio dolore da fatto privato (come doveva essere) e evento pubblico è discutibile, come discutibile il suo impegno per ottenere una sentenza che portasse a questo risultato. Ci sono delle priorità da rispettare e la vita, in quanto tale, non può essere subordinata a nessun’altra esigenza.

Ma tutto ciò fa pensare, però, anche per altri motivi. Come un piccolo strappo in un tessuto, se non ricucito, può diventare nel tempo una lacerazione sempre più ampia, anche questa vicenda può aprire scenari che, francamente, mi rattristano molto e mi preoccupano (gli addetti ai lavori direbbero che essa ha creato un «precedente giuridico»). Penso a tante persone che non sanno più riconoscere nemmeno i propri cari, che se non aiutate non riescono neppure a portare una posata alla bocca per mangiare. Queste persone che non sono più belle, forti e vigorose da non potersi «godere» la vita, che fine faranno? Anzi, che fine faremo, dato che non è necessario aver subito un incidente stradale, basta il trascorrere del tempo e tutti potremo essere così. Ma tutti coloro che hanno accolto in senso positivo la sentenza, non hanno esitato a stracciarsi le vesti (e a schiamazzare in piazza) in difesa della Costituzione, che sembrava essere messa in discussione dal politico di turno. Ma io leggo di garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo e di riconoscimento e tutela della dignità della persona nella Costituzione. E allora?

Personalmente, spero di trovare persone di buon cuore che possano assistermi e avere una parola di conforto se le vicende della vita mi porteranno a situazioni di questo genere, e spero di non incappare in leggi, sentenze, decreti o protocolli medici che, definendo la linea di confine tra vita e morte, si sostituiscano a quel senso di umanità che dovrebbe guidare l’uomo nelle sue scelte. E, ancor di più, spero che medici, giudici, uomini politici di varia estrazione, fosse anche la più alta carica dello Stato, non si occupino del mio caso se il risultato deve essere quello che abbiamo avuto sotto gli occhi in questi giorni.

Antonio FossiSigna Caro Direttore,la vicenda di Eluana Englaro ha commosso l’Italia e ha fatto il giro del mondo. C’era stato un solo caso precedente;la storia diTerry Schiavo che divise profondamente l’America e che costrinse il governo americano a varare una legge in estremis votata anche dall’opposizione, che però non arrivò in tempo.Ho trovato di pessimo gusto le manifestazioni di esultanza e gli applausi compiaciuti davanti alla clinica di Udine al momento che  fu annunciata la morte di Eluana. Ancora una volta la morte di una persona viene strumentalizzata per una campagna politica. F.C.indirizzo email Caro Direttore,il teologo dissidente Hans Kung in una trasmissione televisiva ad una domanda se la Chiesa può opporsi ad una legge dello stato (riferimento al caso Englaro) ha risposto di no.  Allora secondo Kung la Chiesa tedesca doveva accettare le leggi razziali che portarono alla Shoah? Ho trovato invece apprezzabile quanto disse Obama durante la sua campagna elettorale:«Ha torto chi chiede ai credenti di appendere la loro religione all’uscio prima di presentarsi sulla pubblica piazza». Fernando Cabildonindirizzo email Caro Direttore,a proposito della vicenda Englaro vorrei citare un documento storico (riportato da Mistcherilch-Mielke, Das Diktat der Menschenverachtung, 1947) che mi sembra di grande attualità: Il direttore ministeriale Bouhler ed il dr. Med. Brandt sono incaricati, sotto personale responsabilità, di estendere a determinati medici l’autorizzazione relativa alla possibilità di concedere a malati inguaribili, dopo un accurato giudizio sul loro stato di malattia, la morte di grazia [Gnatentod]»: Adolf Hitler, 1 settembre 1939. Mario Paolo RocchiFirenze Caro Direttore,Eluana è morta! È stato il primo e, spero, l’ultimo caso di eutanasia autorizzato e «legale» nella nostra progressista repubblica democratica italiana. «Alea iacta est»! Ora il perdono, la preghiera e il silenzio devono prevalere. «Misericordia  Io voglio non sacrificio» ci consiglia il Vangelo.

Peraltro in questo particolare momento alcune domande mi assillano: Come si può considerare l’assunzione di cibo e acqua accanimento terapeutico? Normalmente servono nei piccoli e giovani per far sviluppare e crescere il corpo e negli adulti a mantenerlo eutrofico.

La seconda riguarda chi debba prendere provvedimenti in situazioni ai limiti come nei momenti di fine vita. Rimango estremamente sconcertato che nell’attuale fase di enorme progresso scientifico, quando si dovrebbero richiedere conoscenze specifiche qualificate, la decisione e l’ultima parola venga data a soggetti estranei quali: legislatori, giudici o familiari e venga emarginato proprio colui che ,per le sue competenze, dovrebbe prendere la decisione più specifica e idonea: il Medico.

Egli è l’unico che, per aver instaurato un sereno rapporto empatico col paziente, può in scienza e coscienza esprimere l’ultimo parere che deve sempre rispecchiare i recenti risultati raggiunti dalla  Scienza ed essere in linea col Codice deontologico «Giammai, anche se sollecitato da premurosi familiari, somministrerò sostanze che possano indurre la morte».

Antonio Maria Palapresidente Amci Firenze Caro Direttore,alcune domande su un evento che mi ha, a dir poco, stravolto: il caso Englaro. Mi permetta di interpellarla non tanto sul fatto in sé quanto sul controverso modo di gestire un evento così drammatico.

A mio parere la politica ha scorto nella situazione la possibilità di rilanciare i propri intenti (in questo «par condicio»), i giudici hanno dato per certo quello che per me, è solo presumibile a infine il padre: come può un padre auspicare la morte della figlia a conoscere già le parole di commento quando questa sia giunta; «Eluana, ce l’abbiamo fatta». Le domande che le rivolgo sono le seguenti.

1) Per ritenere valida una volontà basta la dichiarazione verbale?

2) Perché la discussione sul decreto legge proposto dal governo non è avvenuta con procedura di urgenza, lasciando così trascorrere un tempo prezioso dal momento che la sospensione del nutrimento era già iniziata?

3) Perché Napolitano non ha firmato? )chiedo per ignoranza, non per polemica).

4) Cosa significa che la causa di morte è «compatibile» con la sospensione del nutrimento. Non era meglio dire, meno farisaicamente, «è dovuta a…».

Luana LottiFirenze Caro Direttore,credo che in questi ultimi giorni molti italiani si siano ricreduti sul caso Eluana Englaro, perché sono emerse cose nuove a riguardo. Abbiamo appreso che non era attaccata a nessuna macchina; era una persona per tanti aspetti viva e in salute. Ciò che necessitava era la sola nutrizione. Farla morire per disidratazione lo trovo sconvolgente.

Se Beppino Englaro ha accettato o voluto che sua figlia diventasse un simbolo per una battaglia ideologica, ora non può pretendere il silenzio. Credo che a pensarla così siano in tanti, al di là delle convinzioni religiose o politiche.

K. F.

Caro Direttore,nel caso di Eluana la costernazione di un atto che è da considerarsi omicidio di stato non può soffocare l’indignazione che tale gesto ha provocato in chi fa della libertà non un processo ma una ragione di vita. Sono addolorato ed inquieto sopratutto a riguardo delle istituzioni (Presidente della Repubblica) che ha avvallato indirettamente un’azione così riprovevole. Si celebra il ricordo degli orrori storicamente recenti (Foibe-Shoa etc.) e si dà adito ad aperture libertarie amorali ed omicide. Sì, siamo più soli e sconfortati di vivere in una società che permette tutto questo! Ricordiamoci del comandamento «non uccidere». Alberto CaramelliScarlino Scalo (Li)

Le parole più belle e commoventi su Eluana Englaro sono state, a mio parere, quelle dette dalla suora che, insieme con le consorelle «misericordine» – mai nome fu più appropriato – l’ha assistita e soprattutto amata. Al giornalista che le chiedeva cosa si sentiva di dire a Eluana, che attendeva a Udine una morte annunciata, ha risposto: «Eluana, qualunque cosa ti accada, sappi che ti attende a braccia spalancate un Dio misericordioso». Sono parole dettate certo dalla fede, ma da una fede cha ama la terra e che responsabilizza e impegna. Proprio per questo il caso non può chiudersi con un’archiviazione motivata da «sentenza eseguita», sulla cui legittimità, del testo, ha espresso moti dubbi il magistrato Giuseppe Anzani nell’editoriale del numero scorso. Anzi è il caso di impegnarsi perché un fatto analogo non possa avvenire più in Italia.

Io penso che la prima pista d’impegno sia quella di assicurare alle famiglie che, magari da molti anni portano un peso tanto doloroso e gravoso, un impegno e una assistenza concreta da parte delle istituzioni e del volontariato. Spesso certe decisioni nascono nei familiari dalla sensazione, che spesso è realtà, di essere, soli e quindi incapaci di portare questo fardello.

C’è poi da sollecitare i nostri parlamentari perché al più presto venga varata una legge sul così detto «fine vita», che tuteli la vita e la salute dei cittadini, ma sancisca il divieto assoluto di eutanasia e di suicidio assistito, che è estraneo alla nostra Costituzione e alla nostra civiltà. Perché questo è in ultima analisi il disegno di gruppi minoritari ma forti: introdurre anche in Italia l’eutanasia presentata come tappa di civiltà. È anche questa una battaglia culturale che va condotta non solo in nome di valori religiosi: la promozione e difesa della vita è un impegno che può coinvolgere anche larghe fasce di «laici» pensosi e preoccupati delle possibili conseguenze di certe derive laiciste. C’è poi un impegno che ci coinvolge tutti. La vita si promuove e si valorizza anche nella capacità di accogliere chi è diverso da noi, nella dignità del lavoro e della casa, nel farsi attenti alle necessità di tanta gente che vive nell’emarginazione e nella povertà. In questo modo saremo certo più credibili quando diciamo con forza il nostro no all’eutanasia.

Alberto Migone