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Il cammino senza vederlo, un’avventura «no limits»

Un’esperienza entusiasmante, a detta dello stesso Giovanni che per primo ci ha trasmesso la soddisfazione dei partecipanti. Logico, a questo punto, cercare di saperne di più, per capire come può essere un cammino possa essere pienamente vissuto anche da chi non ci vede. Così siamo stati messi in contatto con Laura e con lei abbiamo concordato una chiacchierata con alcuni dei protagonisti. E qui la seconda sorpresa: li avremmo raggiunti telefonicamente a Falcade, nel corso della loro annuale «settimana verde». Già, perché ciechi e ipovedenti dell’associazione non solo vanno sulla Francigena ma anche sulle montagne delle Dolomiti, per impegnarsi in escursioni fin oltre i 2000 metri (grazie all’aiuto del Corpo Forestale dello Stato), arrampicate su roccia, discese di rafting nei torrenti e addirittura – quest’anno – in una gara di orieentering. Davvero un’avventura «no limits».

Ma non finisce qui. Stefania Leone, consigliere dell’associazione, prima di parlare dell’esperienza vissuta sulla Francigena ricorda le annuali settimane bianche e azzurre. Per degli sportivi così, nessun problema, quindi, per i 25 chilometri di media coperti giornalmente nella settimana tra Lucca e Siena, sottobraccio ai volontari e in fila indiana solo nei tratti più difficili. Lei ha raggiunto il gruppo a San Miniato e poi ha saltato una tappa (assai piovosa) per visitare San Gimignano; passa quindi volentieri la parola a Paolo, il chitarrista della settimana: per lui, ci dice, è stata una prova per andare ad agosto con sua figlia sul Cammino di Santiago. Gli accompagnatori, aggiunge, spiegano l’ambiente circostante, ma per il resto il procedere è come quello di tutti, anche dal punto di vista interiore.

Interviene Laura, omonima della direttrice, e si scopre che per molti la Francigena non è stata la prima esperienza. Lei era stata a Santiago ben due volte, nel 2009 da Leon e l’anno dopo facendo tutto il Cammino da Roncisvalle. Dovendo prendere il cane guida, le piacerebbe rifarlo da sola; non sa se ci riuscirà ma la conforta l’idea dell’affollamento e quindi del costante, possibile aiuto.

Simone, napoletano, sottolinea l’importanza dell’esperienza in termini di socializzazione, conoscenza, confronto, condivisione e ritorno all’essenziale, anche se solo per un periodo. E spera che l’essere stati un po’ un banco di prova serva anche a chi in futuro vorrà fare lo stesso.

Anche Anna di Brescia, veterana delle settimane verdi, aveva alle spalle un’esperienza verso Santiago e, paragonando i due cammini, lamenta per la Francigena la presenza di troppi tratti su strade asfaltate, appunto che lo stesso Simone condivide sperando che l’aggiunta della loro voce al coro di chi sollecita la messa in sicurezza del percorso possa servire a qualcosa. Un altro Paolo, di Torino, si dice colpito dalle conoscenze nuove come dalla condivisione di tutto, a cominciare dall’acqua, da chiedere o offrire a chi era accanto senza le complicazioni di tutti i giorni. E nel finale della chiacchierata, a più voci, viene fuori la bellezza di scoprire un fiorellino attraverso la sua descrizione, sentire il suo profumo o quello delle erbe aromatiche, riuscire – per gli ipovedenti – a cogliere il volo di una lucciola o trovare chi sotto la pioggia ti raccoglie per strada, senza sapere in partenza che sei cieco. Un gesto che ha scaldato il cuore, prima ancora del corpo.

L’appuntamento, manco a dirlo, è per l’anno prossimo in Piazza del Campo. Direzione Roma, anche se l’idea è arrivarci nel 2015, al termine di una terza settimana di cammino. Perché le cose belle vanno anche fatte con calma.